Novecento privato ed epopea di un’epoca
il consiglio di Clara Celati
Alessandro Iovinelli
LA SCALA D’ORO
pp. 272, € 15
Robin edizioni, Torino 2015
Fabrizio de André e Woody Allen, Kirsten Dunst e Mimmo Rotella, Roma e Zagabria: tutto questo ritroviamo ne La Scala d’oro, l’ultima fatica letteraria di Alessandro Iovinelli, romano di nascita e di elezione, cittadino del mondo per vocazione e mestieri, ex insegnante, lettore presso università straniere, addetto culturale all’estero, autore di saggi (Lettere dal movimento,1978), romanzi (Demenza precoce, 1985, Calluna Vulgaris 2008, L’uomo che amava Kirsten Dunst, 2011, vincitore del Premio Speciale Cesare Pavese) traduttore e poeta (Le amorose visioni, 1988, Notizie di un viaggiatore disperso 1996 e Il porto delle navi che volano 2001, vincitore del Premio Gozzano, oltre a vari altri testi sparsi). Il libro, che prende il titolo dal famoso dipinto di Edward Burne-Jones (The Golden Stairs), attualmente conservato alla Tate Britain di Londra, si compone di sette capitoli, ognuno dei quali dedicato ad altrettanti passaggi della vita dell’autore: dal mitico Teatro Ambra Iovinelli, fondato dal bisnonno, al campeggio giovanile dove incontra l’amore; dall’incontro con Tabucchi nume tutelare della sua attività letteraria al festival di poesia di Sarajevo; da una Zagabria reduce dalla guerra ai rapporti familiari e coniugali fino al quadro che dà il nome al libro e che, non a caso, lo conclude. Nei vari capitoli che rappresentano testi a sé, come racconti, seppure riuniti cronologicamente secondo il vissuto dell’autore, c’è la storia di una generazione-quella dei cosiddetti babyboomers nati attorno agli anni ’60 (per la precisione Iovinelli è nato alla fine del 1957)- ma anche l’epopea di un’epoca, che, iniziata alla fine degli anni ’70 e terminata all’inizio del nuovo millennio, appare -nonostante la contiguità temporale- molto lontana. Al centro vi sono i diversi lessici delle famiglie: di quella d’origine – discreta, protettiva – e di quella di elezione – in cui si muovono amici, amiche, poeti e compagni di strada, figlie quasi adottive e personaggi vari, rappresentati in un grande affresco corale.
Interrogato sul significato simbolico della sua opera, Edward Burne-Jones preferiva lasciarne l’interpretazione agli osservatori, affermando di voler vedere che cosa ognuno di loro vi trovasse. Tale giudizio è estendibile al libro di Alessandro Iovinelli, che racconta la sua vita con la consapevolezza di averla vissuta fino in fondo, ma anche di essersene in qualche modo distaccato, quasi come un saggio Zen che contempli un disegno di cui prima ignorava il senso: è la letteratura che connota la vita di significato, seppure antieroico, di segno quasi opposto a quello alfieriano.
C’è un prima e c’è un dopo nella narrazione di Alessandro Iovinelli: la scala d’oro è la scala senza ringhiera che porta in quella profondità, dove, come diceva Steve Jobs, i vari “puntini” dell’esistenza si incontrano. Non è possibile unirli guardando avanti, ma solo guardando indietro.
Rimaniamo comunque tutti in fiduciosa attesa della seconda edizione del libro, se non altro per saperne un po’ di più-secondo quanto preannunciato dal suo autore nella presentazione a Roma- sulla famosa conferenza di Falcao all’Ambra Iovinelli: è una promessa cui non può mancare, quanto meno per non deludere i suoi lettori.
C. Celati è attachée culturelle all’Istituto italiano di cultura di Parigi
#SpecialeNatale: Siamo a dicembre, tempo di regali, libri, consigli. Abbiamo chiesto a collaboratori e amici dell’Indice di indicarci il libro che regalerebbero o regaleranno a Natale. Nuovo o vecchio, di ieri o di oggi, un classico o un fumetto, poco importa: l’importante è che sia un libro del cuore.