L’Apocalisse non è poi così male | Il Mignolo

Bibliografie

di Fernando Rotondo

Tre indizi fanno una prova, si dice. Uno: Robinson, supplemento letterario di Repubblica, pubblica l’8 febbraio un dossier dal titolo Fuga dalla Terra che annuncia la nuova tendenza: “Basta distopia e post-apocalisse, ma possibili soluzioni e vie d’uscita”. Che vengono individuate nei viaggi nello spazio come nuova frontiera alla ricerca di una casa lontani da un pianeta ormai inospitale. Due: quasi contemporaneamente su Sky la serie Raised by Wolves – Una nuova umanità di Ridley Scott inizia quando due androidi, nei quali emozioni e coscienza rivelano un’umanità statu nascenti, abbandonano la terra devastata da guerre religiose per condurre e far crescere una selezione di embrioni su un pianeta disabitato. Tre: l’anno prima e/o aveva pubblicato un romanzo per ragazzi del giallista Michel Bussi, NEO. La caduta del sole di ferro, in cui una catastrofe ambientale aveva provocato la scomparsa degli adulti e la sopravvivenza programmata di due bande di dodicenni diverse per modi di vivere e istruzione secondo un progetto di ingegneria sociale, politica e antropologica, un po’ come nella citata serie tv.

Prova di che? Forse del timido ritorno della fantascienza nei territori delle letture giovanili in una direzione che svolta rispetto ai codici della distopia verso l’eutopia. In realtà, il genere non è mai stato tra i prediletti dai ragazzi, a parte i viaggi straordinari di Verne, forse perché non regge alla concorrenza dei rutilanti effetti speciali di cinema e tv. Infatti, nel dopoguerra in Italia si ricordano la protoambientalista Clorofilla dal cielo blu (1974) e la protofemminista Extraterrestre alla pari (1979) di Pitzorno, la collana Junior Fantascienza (Mondadori) con 32 titoli fra il 1997 e il 2002 e poco altro.

Il genere sembrava disperso quando riemerse come un fiume carsico nel nuovo secolo in veste di romanzi young adult distopici e post-apocalittici: una bibliografia ragionata ne elenca 23 tra il 2005 e il 2011, poi ancora cresciuti, molti dei quali indicano con forza temi e tendenze significative attraverso metafore disperanti o più raramente volte alla speranza. Proprio intorno al primo decennio alcuni titoli possono essere assunti come esemplari delle tipologie finzionali più diffuse.

Resistenza: Tognolini con Lunamoonda (2008) disegna una opprimente architettura sociale info-bio-nanotecnologica a cui si oppone una libera comunità di ragazzini.

Adulti “adulterati”: in The Enemy di Higson (2010), che molto deve a Zombi di Romero, una epidemia ha lasciato in vita solo gli under-14, una banda dei quali per sfuggire ai Grandi, morti viventi affamati di umani, si è rifugiata in un supermercato.

Romanzo di formazione corale: al contrario in Gone di Grant (2009) una mattina gli adulti sono scomparsi e i ragazzi abbandonati a se stessi devono riorganizzare la loro vita individuale e sociale, con tutte le relative relazioni e dinamiche positive e negative; ancora, Masini in Bambini nel bosco (selezionato per lo Strega adulti nel 2010) riesce a dare fiducia e forza ai piccoli superstiti della catastrofe grazie a un libro di fiabe.

Robinsonade: in Sopravvissuta di Degl’Innocenti (2011) una adolescente rimasta sola a causa di una pandemia trova alfine una comunità giovanile nella quale ricominciare.

Ricerca di identità: la androide di Human di Percivale (2015) scopre la propria incipiente coscienza umana nella disobbedienza e nella libertà; infine, Genesis di Becket (2008, significativamente ripubblicato nel 2019) è una distopia che pone un quesito filosofico esistenziale: cosa siamo, umani, artificiali, scimmie?

“Mascheramento” e “spostamento” sono categorie fondamentali per il funzionamento dell’immaginario fantascientifico: grazie al primo negli scenari di tempi futuri o comunque altri è più facile parlare di paure e speranze del presente; con il secondo cerchiamo di proiettare psicologie e azioni nostre su alieni, robot, “cose”. Complessivamente il senso è inquietante: i giovani sembrano esprimere attraverso la forza simbolica delle narrazioni il desiderio di affrancarsi dalla soffocante e talora fatale tutela adulta, percepita come minaccia e non risorsa, per cercare la propria autonomia e autenticità. Almeno così pensano i lettori adulti; e i giovani lettori che ne pensano?

Tra pessimistiche previsioni, come si è visto, e ottimistiche progettualità, come testimoniano esperienze didattiche condotte in una scuola primaria con Bambini nel bosco e in una terza liceo con Hunger Games, il ricorso al “principio speranza” di Ernst Bloch può indurci a leggere le metafore delle distopie come segnali che avvertono e mettono in guardia i giovani da promesse fatue e consolatorie e li richiamano alla necessità di un impegno nel presente affinché si avveri da sé la profezia eutopica. In Neuronarrazioni il semiologo e narratologo Stefano Calabrese le considera palestre di addestramento cognitivo e predittivo di tutti i mondi possibili, per agire sulla realtà e trasformarla.

Forse l’Apocalisse narrata può far bene: lo aveva già capito Michele Mari quando scriveva che gli “Urania” della collezione del nonno rappresentavano “la parte scura della letteratura”.

rotondo.fernando@gmail.com

F. Rotondo è studioso di letteratura per l’infanzia e collaboratore di riviste di settore