di Nicola Fantini e Laura Pariani
Uno dei nodi che l’edizione delle opere di F&L (con i suoi ricchi apparati e le parti di backstage) cerca di sciogliere è quello del lavoro a quattro mani, complesso e difficilmente decifrabile. In questo breve racconto inedito Laura Pariani e Nicola Fantini raccontano la nascita dell’idea di un romanzo da scrivere a quattro mani (poi pubblicato con il titolo Nostra Signora degli scorpioni, Sellerio, 2014), sulle tracce dell’idea che il lago d’Orta possa essere stato un rifugio per lo scrittore Dostoevskij, inseguito dai creditori, e aver fornito degli spunti per la sua opera.
La storia comincia qualche anno fa a Lisbona, in un locale popolare della Baixa: pareti coperte di azulejos, due file di pilastri che sostengono l’alto soffitto, ventilatori che girano a pieno ritmo per diradare il fumo… L’atmosfera dell’aperitivo serale è densa di chiacchiere allegre. Alla nostra entrata ci lanciano un saluto i soliti habitué che ritroviamo ogni pomeriggio: pensionati e studenti gomito a gomito. Ma è come se stasera il nostro rituale avesse qualcosa di diverso, perché invece di goderci l’aperitivo parlando della giornata appena trascorsa o elogiando la “lentezza” di Lisbona, restiamo piuttosto silenziosi. Infatti è dalla mattina che i pensieri inseguono un’idea che ha del bizzarro, nel tentativo di capire se sia realizzabile o destinata a rimanere una boutade: scrivere a quattro mani un romanzo che ha come protagonista Dostoevskij!
“Perché no?” ripete da ore Laura, “l’idea è bella: il russo ha visitato Orta nel 1869… Il caso Costa è la fotocopia del processo Karamazov…”.
Essì, l’idea che gli originali fratelli Karamazov siano piemontesi ci ha fatto sognare… Ma Nicola nicchia: l’idea sarà anche grandiosa, ma… E giù un altro sorso di birra e una nuova sigaretta.
Alla fine il senso pratico di Laura prevale: lei tira fuori dalla borsa un quaderno e una penna: “Cominciamo a abbozzare una scaletta, Lo so, Dostoevskij fa tremare i polsi, ma se uniamo le nostre forze possiamo affrontare il progetto più ambizioso!”.
Nicola scuote la testa: “Io vengo dalla letteratura di genere, sei tu che hai già affrontato romanzi storici!”. “Sì, ma tu adori Dickens, lo sai a memoria, non negarlo! Vedrai, ne tireremo fuori un omaggio al romanzo ottocentesco che amiamo entrambi!”.
Da dove Laura tiri fuori questa sicurezza Nicola non riesce a capirlo: “Eh, la fai facile!” Ché lui è un superansioso. “Ma, in pratica, come possiamo fare a scrivere insieme? Ognuno di noi è così geloso della sua scrittura… Presèmpio, come la mettiamo con il fatto che, quando scrivi, tu non sopporti neppure che qualcuno si avvicini non dico alla tua scrivania, ma alla tua stanza?”.
Laura fa cenno a Carlos che porti un altro giro di vino e birra. “Scriveremo come abbiamo sempre fatto” dice, “ognuno nella sua stanza. Basterà solo che all’inizio della giornata, a colazione, pianifichiamo insieme il lavoro: concordiamo la struttura del capitolo e i personaggi su cui dobbiamo lavorare. Sull’ambiente per fortuna non c’è problema: il romanzo sarà ambientato a Orta; anzi, Dostoevskij lo facciamo soggiornare nella casa in cui viviamo: a quell’epoca il proprietario affittava camere con vista ai forestieri del Grand Tour; e il nostro Fëdor Michajlovič nei suoi diari scrive che preferisce abitare in stanze vicino ai campanili perché ama il suono delle campane: ergo, la nostra casa è perfetta… Per il resto faremo come al solito uno schema abbastanza elastico, altrimenti il lavoro diventerebbe pesante e noioso. Sai bene che se non ci si sorprende un po’ durante il lavoro, sulla pagina ne restano i segni… Dunque ogni mattino ci divideremo le scene: tu la scena A, io la B, o viceversa. E poi via! Piena autonomia!”.
Sarebbe bello se il progetto andasse in porto: ciascuno libero di metterci se stesso, le proprie ossessioni. “Forse in astratto è possibile” sospira Nicola, “ma sai che abbiamo due modi diversi di affrontare la pagina. Per non parlare dei tempi di stesura! Tu sei un missile e io una tartaruga… No, missione impossibile…”.
“E allora? Se andrò più veloce, ti aspetterò. O forse tu cambierai ritmo: bisogna anche essere disponibili a cambiare, se decidiamo di lavorare a quattro mani. Dài, abbiamo affrontato insieme ben altri cambiamenti nella nostra vita!”.
“Si trattasse solo dei tempi… Ma cosa succede una volta che ciascuno di noi ha concluso la sua scena?”.
“Ci manderemo i semilavorati e ci daremo una sorta di ‘appuntamento’ serale per fare il punto sulla situazione. Imiteremo i classici ottocenteschi che tanto amiamo… Propongo di rileggere insieme ogni sera il testo così come ciascuno di noi l’ha composto”. “A voce alta?”. “Eccerto, ça va sans dire! A voce alta per poi smontarlo, tagliarlo, uniformarlo. Non dovremo aggrapparci alle soluzioni stilistiche che ci sono sempre piaciute. E se occorrerà cambiare le parole che usiamo di solito, lo faremo”.
“Sarebbe bello riuscire a far sì che i lettori non possano riconoscere le parti scritte dall’una e dall’altro…” sorride Nicola.
“Ci riusciremo, vedrai. D’altra parte il pianoforte si può suonare anche a quattro mani, no?” . Affare fatto. E a questo punto Laura propone un terzo giro per un brindisi comme il faut. Napoleonicamente: “On s’engage et puis on voit”.