La notte della colonia e la storia interrotta
recensione di Roberto Beneduce
dal numero di luglio-agosto 2018
Frantz Fanon
LA RIVOLUZIONE ALGERINA E LA LIBERAZIONE DELL’AFRICA
Scritti politici (1957-1960)
trad. dal francese di Gabriele Proglio e Antonella Mauri
pp. 123, € 12
ombre corte, Verona 2017
Gli Scritti politici di Fanon, apparsi una prima volta in forma anonima in “El Moudjahid”, l’organo di stampa del Fronte di liberazione nazionale, sono ora disponibili in italiano, tradotti da Gabriele Proglio e Antonella Mauri. L’anonimato s’imponeva certo per ragioni di sicurezza, ma esprimeva anche il condiviso e comune progetto politico del gruppo redazionale, impegnato ad analizzare le forme di lotta, le alleanze internazionali, il mutevole rapporto di forze sul terreno, ma soprattutto a pensare il futuro dell’Algeria nel quadro di un continente in fibrillazione per le lotte per l’indipendenza (“La più formidabile scossa della storia sta scuotendo il continente africano”).
Lo stile e il contenuto degli scritti rivela però inequivocabilmente il suo autore, e definirli “politici” è solo una necessaria scelta editoriale che si era già imposta all’edizione francese curata da Jean Khalfa e Robert Young nel 2015 (Écrits sur l’aliénation et la liberté, La Découverte), di cui la traduzione italiana pubblica una parte, includendo anche la breve introduzione di Khalfa. D’altronde, al cospetto di Fanon, ogni tentativo di classificazione s’infrange contro uno stile che, senza soluzione di continuo, passa in rassegna la complicità dei saperi medici con il dominio coloniale e l’alienazione razziale, le esitazioni della sinistra francese e il tradimento dei fratelli africani, i nodi della négritude e le voci dei “paesi non allineati”, senza trascurare i profili storici della cultura o le atrocità della tortura. È questo il magma della situazione coloniale, come di quella postcoloniale. Sottolineatura che vuole qui rimediare al refuso della traduzione italiana dell’introduzione di Khalfa dove, in riferimento all’articolo di Fanon su I lacché del colonialismo, l’autore indica come in esso si possa chiaramente riconoscere la preoccupazione di Fanon per le “insidie del neocolonialismo” (non del colonialismo, come invece è scritto). Passaggio importante, che segnala la capacità di Fanon nell’anticipare quei problemi che avrebbero reso cupi e controversi gli anni successivi all’indipendenza.
Portavoce del Fln, presente alle conferenze degli scrittori africani a Roma, agli incontri di Accra o di Tunisi, attento lettore della stampa internazionale, Fanon sembra con il suo stesso corpo tendersi a scrutare un continente in profonda trasformazione. Questi scritti, talvolta brevi articoli di circostanza o considerazioni sulle vicende della guerra d’Algeria (l’istituzione di aree interdette per ostacolare le attività militari contro le forze francesi, ad esempio), sono innanzitutto il tentativo di creare una teoria della lotta anticoloniale e rivoluzionaria che non dimentichi i problemi della società algerina, tema al quale I dannati della terra avrebbero dato unità e spicco.
Gli anni che vedono la comparsa di questi scritti coincidono d’altronde con una fase delicatissima della rivoluzione algerina, marcata da violenze, tradimenti, lacerazioni interne: quelle che avevano segnato sin dall’inizio il movimento anticoloniale algerino, in primo luogo. Nato a Parigi da una costola del partito comunista francese e formato essenzialmente da algerini emigrati in Francia, il primo nucleo attivo in Algeria è costituito essenzialmente da contadini fra i più diseredati e da quadri appartenenti al proletariato urbano. L’organizzazione conosce in un primo tempo sigle diverse (Movimento per il trionfo delle libertà democratiche, Partito del popolo algerino), e prevede un’unità d’azione rivoluzionaria che si vuole legata all’esperienza della Étoile nord-africaine, organizzazione nazionalista algerina nata nel 1926 dall’unione socialista inter-coloniale, poi dissolta dalla polizia francese. Nel Fln coloro che possono essere definiti borghesi sono in quegli anni pochi (qualche medico come Lamine Debbaghine, un farmacista come Ben Khedda), talvolta accolti con sospetto. Alla Piattaforma del Congresso della Soumman (agosto 1956), il progetto rivoluzionario è definito nei termini seguenti: “L’obiettivo da raggiungere è l’indipendenza nazionale. Il mezzo: la rivoluzione, attraverso la distruzione del regime colonialista”. In quell’occasione il ruolo di Aban Ramdane, fine intellettuale e politico di origine cabila, nell’imprimere il primato del politico e una prospettiva democratica e socialista alla lotta rivoluzionaria, fu decisivo, ma incontrò non poche resistenze nell’ala militare. Ramdane fu l’anno dopo attirato con l’inganno in Marocco per essere poi assassinato dai suoi stessi compagni nel 1957 (una verità a lungo negata: sulle pagine di “El Moudjahid” si disse che era morto in battaglia). Ma le fratture sarebbero state evidenti anche all’indomani dell’indipendenza, contrapponendo le diverse componenti del Fln e portando inevitabilmente al colpo di stato di Boumedienne che…