Nord Italia e Mezzogiorno, un dualismo da vagliare con cautela
di Alessandro Cavalli
dal numero di gennaio 2016
Salvatore Lupo
LA QUESTIONE
Come liberare la storia del Mezzogiorno dagli stereotipi
pp. 203, € 19
Donzelli, Roma 2015
Salvatore Lupo, uno dei fondatori della rivista “Meridiana”, ha scritto un libro intrigante che non chiama in causa solo gli storici, ma anche i ricercatori sociali (economisti, sociologi, politologi, antropologi) che si sono occupati di Mezzogiorno. Più o meno esplicitamente, costoro hanno utilizzato la categoria del dualismo, contrapponendo il nord (o il centro-nord) al Mezzogiorno, implicando le contrapposizioni tra sviluppo e sottosviluppo, modernità e arretratezza, dinamicità e immobilismo, efficienza e inefficienza, universalismo e particolarismo, ecc. Egli propone di mettere da parte questo concetto perché inevitabilmente induce una rappresentazione distorta e stereotipata della realtà del Mezzogiorno.
Bisogna ammettere che Lupo adduce buone ragioni per sostenere la sua proposta. In primo luogo, le dicotomie rendono invisibili le grandi differenze che la storia ha prodotto tra le regioni meridionali. A parte il, tutto sommato breve, dominio borbonico, ad esempio, Campania e Sicilia avevano percorso nei secoli tragitti molto diversi e ancora più diversi erano stati i destini della Sardegna, della Puglia e dell’Abruzzo, per non parlare delle differenze tra la Sicilia orientale e quella occidentale. Parimenti, il dualismo costringe a mettere insieme nord-ovest, nord-est e centro e questa, anche alla luce degli studi sulla terza Italia, è certamente una forzatura altrettanto inaccettabile. In secondo luogo, tende a semplificare una realtà complessa, fatta di tensioni e conflitti tra classi, frazioni di classi, partiti e frazioni di partiti dall’esito spesso incerto e mutevole. Infine, e questa è certo la ragione più importante, le visioni dicotomiche sottendono giudizi di valore di superiorità-inferiorità civile e morale e quindi tendono a produrre, o almeno ad avvalorare, stereotipi e pregiudizi oggi giustamente improponibili. Lupo ricostruisce con cura come la questione meridionale, che sta all’origine delle concezioni dualistiche, sia nata e si sia sviluppata nelle varie fasi della storia post-unitaria fino al fascismo. La sua analisi risulta convincente se vuole mettere in luce gli inconvenienti di un uso indiscriminato del costrutto teorico del dualismo, ma io non lo butterei via troppo sbrigativamente e ciò essenzialmente per almeno tre ragioni.
Le peculiarità del Mezzogiorno italiano
La prima è che il caso del Mezzogiorno è piuttosto singolare se si studiano gli squilibri regionali presenti, in una forma o nell’altra, in tutti i paesi europei. Se prendiamo l’indicatore (grossolano, ma tuttavia per il momento ancora indispensabile) del pil pro-capite vediamo che Regno Unito, Portogallo, Spagna, Polonia, Irlanda, Belgio, Germania e Italia presentano tutti scostamenti tra la regione più ricca e la regione più povera di ampiezza notevolissima. Perfino in Svizzera tra il cantone di Zurigo e il Vallese c’è una bella distanza.
Vi sono solo due paesi per i quali la disuguaglianza economica si presenta sotto forma di una configurazione di due ampi territori contigui nello spazio…
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