Per una rivoluzione democratica
di Gian Giacomo Migone
dal numero di novembre 2017
Prosegue la pubblicazione degli interventi che fanno seguito alla lettera di Franco Rositi pubblicata sul numero di luglio/agosto 2017 del giornale.
Occorre guardare oltre le elezioni incombenti, puntando su valori e programmi di governo attraverso una discussione pubblica, il più possibile partecipata, piuttosto che su schieramenti negoziati tra nuclei organizzati esistenti. Alla prossima scadenza elettorale, importante ma non decisiva, requisito minimo è quello di realizzare una sola lista in alternativa al Pd nella sua attuale configurazione, con una mobilitazione continua per un parlamento legittimo in quanto privo di nominati dai partiti.
Poiché il tema dominante – quello di un’ineguaglianza crescente e del conseguente indebolimento della democrazia rappresentativa – è transnazionale e tale da provocare continui conflitti cruenti, la discussione non può non inquadrarsi in una lettura globale dell’esistente. Finita la ricerca di un approdo comunista, per l’improponibilità dei modelli storicamente sperimentati, constatato il fallimento di una politica di centrosinistra che insegue la destra, si riscontra una sorta di ritorno a una situazione di fine ottocento in cui valori e diritti sono da riscoprire e riconquistare in una prospettiva che richiama le rivoluzioni illuministe, con il recupero di un ruolo dello stato nella migliore tradizione socialdemocratica. Occorre restituire alle persone eguaglianza e libertà e, di conseguenza, alle istituzioni democratiche il potere che è stato eroso da altri poteri di fatto che si nutrono dei vantaggi di processi decisionali globalizzanti, mentre la politica oggi prevalente resta prigioniera del ritorno al nazionalismo e della tensione suscitata, soprattutto nella parte più debole delle nostre società, dalla paura alimentata dall’uso strumentale di flussi migratori per scatenare una guerra tra poveri. Compito non da poco, anche se si può constatare che una ribellione politica al dominio della minoranza privilegiata è già stata avviata, con risultati importanti proprio laddove esso trae origine, attraverso le campagne elettorali di Bernie Sanders e Jeremy Corbyn, di cui sono ancora in atto le conseguenze positive, non soltanto nei loro rispettivi paesi.
Anche se in Italia manca un contenitore comune della sinistra, la nostra storia offre delle opportunità che, paradossalmente, tradizioni nazionali più forti faticano a cogliere. La nostra Costituzione (art. 10 e 11) si fonda su una politica di pace che favorisce rapporti costruttivi in ogni direzione, il rispetto del diritto di asilo, il sostegno a organizzazione internazionali, la tutela dell’ambiente, la costruzione di una sovranazionalità su basi di reciprocità che favorirebbe un ruolo di punta in un processo di integrazione europea, condizione essenziale per la rappresentanza democratica a livello globale di mezzo miliardo di persone. Per un’altra Europa, laica in quanto rispettosa di differenze etniche, religiose, culturali, dotata di una politica estera fondata su principi di sicurezza umana, incompatibili con le guerre e le esportazioni di armi cui il nostro governo tuttora concorre, contro una politica economica dettata da interessi minoritari, contro qualsiasi forma di nazionalismo come fondamento di una sicurezza illusoria in quanto non condivisa. A questo fine occorre la riforma dell’art. 81 della Cost. e la denuncia del così detto fiscal compact, funzionale alla così detta politica di austerità perseguita a livello europeo.
La lotta contro la diseguaglianza nel nostro paese apre spazi per una nuova economia fondata sulla tutela dei diritti, sulla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, la riduzione dell’orario di lavoro, l’introduzione di un salario minimo anche per il lavoro a tempo determinato, l’integrazione della forza lavoro derivante dall’immigrazione, lo sviluppo della formazione e della ricerca, anche come alternativa a una competitività fondata prevalentemente sulla flessibilità e la riduzione del costo del lavoro, l’incremento del pubblico impiego, specie nel settore della scuola pubblica di ogni livello, non disgiunto dalla lotta contro abusi esistenti al suo interno. Tutto ciò può e deve essere sostenuto dalla riforma della pubblica amministrazione, la valorizzazione degli enti territoriali, l’individuazione degli sprechi del denaro pubblico anche in funzione di interessi corporativi e privati, la progressività del fisco, la riforma del settore bancario fondato sulla netta separazione tra attività commerciale e finanziaria, la lotta contro la corruzione, il riciclo del denaro sporco, l’evasione e l’elusione fiscale senza ricorso a condoni. Insomma, un progetto di governo con obiettivi chiari e precisi, ispirati da valori di pace, eguaglianza, libertà.
Non voglio venir meno all’invito di Davide Lovisolo, coerente con la vocazione di questo giornale (cfr. “L’Indice”, 2017, n. 9). A giudizio di chi scrive, i libri di Matteo Renzi (Avanti. Perché l’Italia non si ferma, Milano, Feltrinelli, 2017, pp. 240, € 13,60) e di Alessandro Di Battista (A testa in su. Investire in felicità per non essere sudditi, Rizzoli, 2016), appena pubblicati, servono a chi vuole approfondire modelli di politica in tramonto (una speranza, non una previsione). Rilevante, ai fini di questa discussione, è invece il libro curato da Livio Pepino, Indicativo futuro. Le cose da fare. Materiali per una politica alternativa (pp. 127, € 7, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2017)
g.gmigone@libero.it
G Migone è storico ed ex senatore della repubblica
Gli interventi precedenti:
Davide Lovisolo – pubblicato su “L’Indice”, 2017, n. 9, e sul sito
Vincenzo Vita – pubblicato su “L’Indice”, 2017, n. 11, e sul sito