Capitalismo + neoliberismo = Facebook
di Gabriele Balbi
dal numero di luglio/agosto 2016
C’era una volta l’intelligenza collettiva “distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze” (Pierre Levy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, 1996). C’era una volta la rete vista come laboratorio sociale entro cui esplorare, estendere e migliorare i confini delle nostre identità (Sherry Turkle, La vita sullo schermo, Frassinelli, 1997). C’era una volta (a Davos, nel 1996) la Dichiarazione d’indipendenza del cyberspazio in cui John Perry Barlow, rivolgendosi online ai governi mondiali, scrisse: “Non siete graditi fra di noi (…). Non avete alcun diritto morale di governarci e non siete in possesso di alcun metodo di costrizione che noi ragionevolmente possiamo temere. (…). Il cyberspazio non si trova all’interno dei vostri confini. Non pensate che esso si possa costruire come se fosse il progetto di un edifico pubblico. Non potete”.
La visione ottimista e utopica del sublime digitale (Vincent Mosco, The Digital Sublime. Myth, Power and Cyberspace, The Mit Press 2004), almeno a partire dalla metà degli anni Duemila è stata progressivamente offuscata da una visione della digitalizzazione più cupa e a tratti apocalittica. Uno dei pensatori più influenti del nuovo paradigma è senza dubbio Evgeny Morozov, scrittore e accademico bielorusso che oggi lavora negli Stati Uniti e che si può già definire un classico vista la centralità sia dei suoi libri, tradotti anche in italiano (L’ingenuità della rete, Codice, 2011, Contro Steve Jobs, Codice, 2012, Internet non salverà il mondo, Codice, 2014), sia di articoli apparsi sui periodici più influenti del mondo, spesso tradotti in Italia da “Internazionale”.
L’ultimo agile volume pubblicato quest’anno da Codice raccoglie proprio alcuni articoli di Morozov apparsi sulla stampa internazionale nel 2013 e nel 2014, e s’intitola Silicon Valley: i signori del silicio (trad. dall’inglese di Fabio Chiusi, Torino, 2016, pp.151, € 13). La tesi principale è che la “rivoluzione digitale” non faccia altro che portare all’estremo lo spirito e le logiche del capitalismo, proponendo un’ideologia neoliberista che è incarnata alla perfezione dalle aziende americane della Silicon Valley quali Google, Facebook, Amazon, Apple e molte altre.
Secondo Morozov, questo processo ha conseguenze politiche, economiche e socio-culturali. Dal punto di vista politico, il neoliberismo digitale nasconde alcune contraddizioni e difficoltà manifestate dai governi nazionali…
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