Un pensiero dinamico e spietato
di Laura Iamurri
Carla Lonzi
Taci, anzi parla
Diario di una femminista
1972-1977
a cura di Annarosa Buttarelli,
pp. 1088, € 25,
La Tartaruga, Milano 2024
Pubblicato per la prima volta nel 1978, Taci anzi parla. Diario di una femminista torna oggi come nuova irrinunciabile tappa della riedizione degli scritti di Carla Lonzi da parte de “La Tartaruga”. Le mille e più pagine che lo compongono sono state scritte tra l’agosto 1972 e il gennaio 1977, in anni cruciali per le vicende di Rivolta il gruppo fondato nel 1970 dalla stessa Lonzi con Carla Accardi ed Elvira Banotti, e più in generale per la storia dei movimenti femministi; quelle vicende e quella storia ne costituiscono in un certo senso l’ordito, al quale si intreccia una trama di fatti e riflessioni diverse, personali e politiche. Attraversano le pagine del diario alcuni passaggi cruciali di quegli anni, dalla difficile rottura con Carla Accardi alle modificazioni all’interno del gruppo originario di Rivolta e insieme i moti ondivaghi della relazione con Pietro Consagra, le reazioni alle cronache contemporanee, gli inesausti interrogativi sulle forme della cultura patriarcale, le considerazioni intorno al diffondersi delle istanze femministe nella loro pluralità.
Il diario registra nel corso del tempo i momenti di entusiasmo e le delusioni, le crisi e i conflitti all’interno e all’esterno di Rivolta, mettendo costantemente in evidenza la centralità e la complessità delle relazioni. Allo stesso tempo, la lucidità spietata dello sguardo che Lonzi rivolge anche verso di sé restituisce la fatica quotidiana di una esistenza votata alla ricerca dell’autenticità come pratica di vita, una autenticità pretesa da sé stessa quanto cercata nelle altre. Fa parte di questa ricerca la consuetudine con la scrittura diaristica, praticata da Lonzi fin da quando era molto giovane, come testimoniano varie fonti e come ricordava Marisa Volpi. Tuttavia, soltanto il giornale degli anni più intensi della militanza femminista è stato destinato, a partire da un momento imprecisato, alla pubblicazione. Questa decisione ha avuto almeno due conseguenze: la prima, e più immediata, è la scelta di utilizzare dei nomi inventati per coprire l’identità delle donne e degli uomini citati, tanto o poco, nel diario: così Consagra diventa Simone, Accardi si chiama Ester, Banotti assume il nome di Vanda e Volpi quello di Marion, in un gioco di coperture e nascondimenti svelato soltanto anni dopo dalla sorella Marta (Nicola nel diario), nella biografia premessa alla pubblicazione postuma delle poesie di Lonzi (Scacco ragionato. Poesie dal ‘58 al ‘63, Scritti di Rivolta Femminile, Prototipi, 1985). La seconda conseguenza è più profonda, perché muta inevitabilmente il segno dell’intera operazione: la scrittura diaristica, comunemente associata a una dimensione privata e intimistica, assume così il carattere di uno strumento di comunicazione politica, tanto più potente in quanto capace di veicolare insieme la complessità e l’autenticità della riflessione. Il diario, registro di minuzie quotidiane e di riflessioni teoriche, di inquietudini sentimentali e di progettualità politiche, diventa il luogo di elaborazione di un pensiero complesso che non rinuncia a nulla, che tiene tutto insieme nella esperienza personale e politica inscindibile da ogni esistenza.
Nella continua sovrapposizione e tessitura di registri diversi, le pagine sono le depositarie del carattere dinamico del pensiero di Lonzi, delle fughe in avanti e dei ripensamenti, degli approfondimenti e delle contraddizioni che distinguono un’intelligenza teorica altissima, capace di affrontare senza paura anche i propri personali dubbi e interrogativi. Ne è un esempio il continuo rovello sul carattere pervasivo delle manifestazioni della cultura patriarcale e sulle strategie di non condivisione e di liberazione da parte delle donne, attraverso una politica di deculturazione che assume via via tratti sempre più radicali, fino alla nota pagina del dicembre 1975 in cui Lonzi manifesta tutta la sua distanza dalle “femministe-artiste (e viceversa)”.
Taci, anzi parla, come ogni diario, è scritto seguendo l’ordine temporale lineare dei giorni e degli anni. Giorno dopo giorno, racconti e pensieri si snodano secondo una successione che è quella dell’esperienza quotidiana del vivere, ma questa sequenza ordinata è continuamente messa in discussione dall’introduzione di elementi che spezzano la narrazione e rimandano a temporalità diverse. Lonzi infatti, oltre a dedicare pagine a memorie e rievocazioni personali, inserisce continuamente poesie scritte anni prima, pagine di diari giovanili, lettere mai spedite, resoconti di sogni; la scelta grafica di segnalare questi inserti con l’adozione di un carattere più piccolo e di una spaziatura inferiore rispetto al testo corrente (presente fin dalla prima edizione e giustamente replicata nelle successive) ne evidenzia il carattere di rottura rispetto all’ordine immutabile del tempo biologico delle nostre vite. Le poesie spesso risalgono al periodo tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, le esperienze raccontate rimandano a momenti diversi, i ricordi degli anni intensi del mestiere della critica d’arte affiorano spesso a ridosso degli incontri con i rari artisti amici, quelli con i quali continua la relazione anche dopo l’abbandono di quell’attività, come Giulio Paolini e Luciano Fabro, oltre naturalmente a Consagra e, fino al 1973, Accardi. La temporalità magnificamente illogica dei sogni completa una vera e propria azione di sabotaggio nei confronti del tempo lineare.
In parziale contraddizione con questa complessa operazione di decostruzione temporale, la prima edizione di Taci, anzi parla era accompagnata da trentaquattro fotografie che ritraevano l’autrice dai primi anni di vita fino all’estate del 1976, collocate in ordine cronologico alla fine del diario di ogni anno. Come già l’edizione precedente (et al. / Edizioni, 2010), di cui conserva anche la Postfazione di Annarosa Buttarelli, l’attuale pubblicazione esce purtroppo senza quel corredo fotografico che di Lonzi restituiva un’immagine viva e intensa.
laura.iamurri@uniroma3.it
L. Iamurri insegna storia dell’arte contemporanea all’Università Roma 3