Incubi squisiti
di Franco Pezzini
In un recente incontro sul fantastico a Torino e sul suo sviluppo negli anni settanta veniva ricordata la produzione di un piccolo editore locale al tempo attivissimo, la MEB. In quel periodo strano – certo drammatico ma per tanti versi fertilissimo, e che ha flirtato con l’immaginario su tutti i registri possibili – la MEB aveva infatti varato un’indimenticabile collana popolare di letteratura fantastica, fantascienza, fantasy. Ricordo per esempio il fascino della scoperta di Clark Ashton Smith, il terzo dei moschettieri di Weird Tales con Howard e Lovecraft, proprio attraverso quelle collane MEB: e mi ritorna il sapore di certe giornate di primavera sotto il cielo grigio torinese, quando tra incontri con gli amici, amori per ragazze irraggiungibili e studi di liceo, il tempo passato su quei libri spalancava all’improvviso scene di palazzi ciclopici, foreste di medioevi improbabili o scorci di continenti perduti, spesso con un surplus d’ironia.
Artigiano pienamente artista
I titoli erano parecchi, di formato tascabile ed economici: ma il successo di quei testi era garantito da indimenticabili copertine. Immagini visionarie, spesso coloratissime, tra pop e pulp con un assaggio di Surfanta: immagini anche piuttosto libere rispetto al contenuto (probabilmente si forniva agli artisti un spunto un po’ generico e poi ci mettevano del loro) ma capaci di colpire il lettore con le loro atmosfere totalmente altre, come recettive dei sogni di un’epoca. Non sapevo che a distanza di anni avrei conosciuto – purtroppo solo di sfuggita – l’autore di una serie di queste meraviglie, Walter Falciatore (Torino, 1948-2016): e aprendo i booklet della sua intrapresa Arshile avrei ritrovato – in forma più ironica, smaliziata e matura, ma con un filo rosso visionario ben avvertibile – uno degli evocatori dei miei antichi sogni. In effetti negli anni successivi all’avventura MEB, mascherato da più di una dozzina di pseudonimi, questo artigiano pienamente artista produrrà per testate capitali dell’immaginario in Italia: per dare un’idea, da Linus a Corto Maltese, oltre che per tanti altri committenti.
Le copertine giovanili per MEB avevano spesso tinte vivaci, e Falciatore – reduce da studi artistici, e dalla gavetta in uno studio pubblicitario – il colore lo sapeva usare: penso per esempio ai suoi successivi lavori pittorici, una selezione dei quali è visibile tramite il sito del Fondo a lui dedicato. Tavole di grande fascino, spesso dai colori caldi (arancio, pesca, rosso, bruno), le cui forme sembrano evocare impressioni visive ai limiti dello sguardo – conchiglie, un volo di colibrì, lo sbocciare di un iris – o forse frammenti di memoria o visioni di flora e fauna di quei lontani continenti perduti. Come a colori sono gli splendidi ritratti a pastello, le vedute di una Torino notturna o le illustrazioni pubblicitarie di rara efficacia.
Il colore lo sapeva usare; eppure la preferenza di Falciatore andava al bianco e nero. Come nella strepitosa raccolta di incisioni a puntasecca: contorsioni di alberi spogli o strane piante a corolla quasi dal fondo marino; torri babeliche dove l’archeologia industriale trascolora nelle architetture di mondi sconosciuti; albe stellate o padiglioni da orienti alla Coleridge. O come nelle xilografie, a graffiare in pochi tratti giaguari, tigri e lupi ma anche più domestici gatti e cagnetti: in salotti però che sembrano arredati da Lovecraft, con lampade a forma di stelle marine, mentre belle addormentate totalmente oniriche giacciono nude dietro a paraventi dalle fantasie orientali. Ma le figure stesse sono a un passo dal divenire ornamenti, sfumando in giochi di torsioni e di volute: ed è illuminante esaminare le sue matrici per stampe a mano su tessuti, le incisioni e intagli su legno e le stesse sculture.
Le mille identità
Non stupisce a questo punto che l’operazione Arshile booklets (in omaggio al pittore armeno-statunitense Arshile Gorky), varata con la compagna di lavoro e di vita Susanna Fisanotti nel primo decennio del nuovo millennio, veda un precipitato brillante, lucido, ironico di tutta una lunga avventura tra tecniche e prodotti artistici diversi, insieme ricapitolandoli e sovvertendoli in un raffinato bianco e nero. L’artista su commissione si fa committente di se stesso, e anzi prende a esplorare la più vasta latitudine dell’Arts and Crafts, producendo delizie cartacee ma anche su tessuto; provvede (recita una nota) “Testi e immagini in bianco e nero.
Libretti stampati con tecnica artigianale. Invenzioni – satira – gialli – fantasy e fantascienza – poesie – biografie – paradossi e parodie”; l’illustrazione ancillare che sulle antiche copertine sgomitava in termini di libertà creativa ora muta natura, acquisendo pari dignità con lo scritto, esondando incurante dei pochi centimetri concessi e anzi facendosene forza; la quantità di pseudonimi si spariglia tra grafica e testi scritti. Così R. C. Twite è autore di un dittico di deliziosi racconti fantascientifici e tale Hangar delle tavole di corredo, ma in realtà è sempre lo stesso Falciatore e le due dimensioni (narrativa e figurativa) sono cresciute assieme. Walter Scythe è lo pseudonimo con cui vara una serie di piccoli apocrifi sherlockiani – in genere in forma di racconto, ma per esempio Sherlock Holmes e il delitto del Sogno è un dialogo in due atti –, e Javert (sempre lui) firma le eleganti e spesso ironiche silhouettes che li accompagnano, dove dalla pipa di Holmes in controluce salta fuori di tutto. Sotto la tonaca di Fra’ Justino de’ Passeri compone La Ballata degli Uccelli di Brydon dall’apocrifo sembiante medioevale, e come Wiz mette in scena perplessi asinelli nel divertentissimo Che cos’è l’Arte (Contemporanea)? In Quattro Lezioni. Ci sono poi i Poemas di Francisco Zurlin, presunto autore seicentesco che scrive in un veneziano meticcio, i Birdwatching Poems del pettirosso (sì, avete capito bene) Robin Cock Williams, e in entrambi i casi con opportune traduzioni…
Però attenzione, gli pseudonimi non sono buttati lì a caso, ma corrispondono a ben precisi tratti grafici o tipi stilistici. I disegni più vignettistici sono per esempio quelli a firma Wiz (dal famoso mago?): dalla verve politica de I Moderatti (“Ma se lei non si sposta, io come faccio a collocarmi al centro?” chiedono simultaneamente due notabili topi, pardon ratti) al paradosso di Mouse Story (i topi divenuti padroni del pianeta dopo l’autodistruzione del genere umano riconoscono “il loro dio” nella sopravvissuta statua di Topolino); dal non compreso amore di una bimba per il suo animaletto domestico – Iguana – che diventa però per lei motore di indipendenza, alla riflessione ironica sulla difficoltà di accettare l’altro persino se identico a noi, in Identity. E proprio nelle tavole a firma Wiz si coglie forse il nesso più evidente e insieme la distanza dalle antiche fantasie per MEB: in particolare nel booklet Memory, in cui l’omonimo testo di Lovecraft – presente fin dalla deliziosa caricatura in copertina, dove dalla sua penna fiotta un gorgoglio demoniaco – è accompagnato da una serie da impagabili tavole. Soprattutto alcune scintillanti d’ironia: a proposito del fiume Thamo, “il Demone della Valle non sa per quale ragione le sue acque sian rosse, né a quale foce guidi la sua corrente”, ed è esilarante vedere un mostrillo perplesso, con gli occhi a palla e l’espressione interdetta. Nell’ultima tavola poi “il Demone, pensoso” presenta una sparapanzata meditabondità di felicissima resa.
La varietà – a questo punto sarà chiaro – è estrema. Falciatore reinterpreta Kafka ed Erik Satie, il primo ammorbidendone gli incubi in termini di surrealtà, il secondo coinvolgendolo – proprio lui, col suo ombrellino – in un delizioso teatro marionettistico Belle Époque; spalanca fiabe di Gnomi nasoni, di animali e improbabili draghi; insegue nei sogni Josephine Baker (che spunta in copertina da una tazza di caffè) e la magia del jazz. Su quest’ultimo tema torna anzi nel delicato Jazz was a Yellow Dog dedicato a Paolo Conte e illustrato con malinconiche miniature; mentre in St. Louis Blues un topino malinconico riceve dal diavolo – “un elegantone con tanto di bombetta” che è semplicemente un topo più lungo coi baffetti, e che pesca lucci da un sedile griffato 666 – il segreto di “vecchie canzoni nostalgiche che non avevo mai sentito prima” e il dono della sua armonica, cioè il Blues.
I booklet per i Musei
Alcune serie di booklet sono pensate per i Musei. L’Egizio, ad esempio, cui l’artista dedica tutto un bestiario ironico con storie di gatti e Faraoni, di scarabei sacri, topi delle piramidi, ibis, camelidi e sciacalli; per Palazzo Madama, con il dittico a firma Walden le cui immagini sono veri e propri giochi di prestigio barocchi, di straordinaria e fiabesca fantasia; e per il MAO, con gli ikebana naturalistici di Wu-Sheng, gli haiku gastronomici di Wu-ti-Mang (“Il soufflé cresce. / La glassa si squaglia. / Io mi risveglio. / Inquieto”), ma è inutile cercare questi autori su Wikipedia, perché ancora una volta è sempre lui, come pure l’Hangar che firma i disegni, nonché tredici impagabili storie zen. Ma l’Oriente torna anche per esempio coi Tre Racconti Giapponesi del già smascherato R. C. Twite e nel lievemente inquietante, onirico Japan in my Heart sempre a firma Hangar.
Ovviamente non è scopo di questo intervento visitare tutto il catalogo Arshile, cui si rinviano i lettori: sottolineando che questo ricordo di Walter Falciatore è (diciamo così) un ricordo al futuro, non confinato tra le pieghe della memoria ma aperto, perché la Arshile continua a produrre con Susanna Fisanotti. Ma almeno su un booklet vorrei tornare in chiusura: ed è Incubus, sempre a firma Wiz. Dove l’incubo (nel senso appunto di demone incubo) che ossessiona il protagonista ormai notte e giorno viene bandito, permettendogli di tornare alla sua “quieta esistenza, pacifica e priva di mostri”. Salvo il fatto che così la vita diventa più povera, tanto più povera: e il Nostro finirà col richiamare quel vecchio amico perché nuovamente popoli le sue notti e le stesse giornate “di incubi squisiti”. Ma per questi incubi squisiti possiamo trovare anche un nome diverso, che ha guidato il lavoro di Walter Falciatore, e che guida a tutt’oggi la Arshile: ed è fantasia.
franco.pezzini1@tin.it
F Pezzini è saggista