Gender (R)evolution
recensione di Yasmin Incretolli
Monica Romano
GENDER (R)EVOLUTION
pp.180, € 16
Mursia, Milano 2017
Tra sentenze storiche, matrimoni rivoluzionari, copertine patinate e coming-out inattesi, è una “nuova transessualità” quella che si sta profilando negli ultimi anni, nipote dei moti avvenuti nel ’69 a New York e figliastra dello scorcio di popolarità giuridica che interessò i transessuali italiani nel 1982. Monica Romano la espone nel suo libro un po’ saggio e un po’ memoir Gender (R)evolution, combinando l’io narrante delle sue memorie private a un emblematico noi, simbolo della sorte comune che unisce membri e frequentatori delle associazioni dove ha operato. In ostaggio di un corpo che diviene ineluttabilmente attore di una “questione sociale” o “prodotto di tecnologia medica” e di un’identità nuovamente pura che esige una delicatezza difficilmente concessa, i personaggi – talvolta – sono privati d’un riscatto, costringendo Romano a tracciarne il ricordo ultimo. È proprio un importante epitaffio che conduce la narrazione, quello dedicato alla morte di Hande Kader, eroina, donna-guerriera, icona: «Hande Kader aveva avuto poco più di vent’anni prima di soccombere e morire […] La sua fine non aveva senso per me, atea irriducibile e senza Dio, e mi infiammava dentro […] Avevano ammazzato la nostra icona».
Si articola così uno dei principali leitmotiv del testo: la morte, reale e simbolica, foggia un’atmosfera straniante, ben sostenuta dal cadenzato comparire di esponenti deceduti dell’associazionismo lgbt negli aneddoti dell’autrice. A volte veri deus ex machina, ne svelano il carattere di creatura sospesa tra due tempi: sono Deborah Lambillotte, Marcella di Folco, Mario Mieli, ma anche e soprattutto Leslie Feinberg, autore di Stone Butch Blues, romanzo-bibbia nelle memorie di Monica Romano. Stone Butch Blues – tradotto in italiano da Davide Tolu, uomo transgender e attivista, e pubblicato dalla casa editrice LGBT Il dito e la luna – è la storia di Jess Goldberg e della relazione tormentata con la propria identità di genere nell’America degli anni ’50. Jess, biologicamente donna, non si sente né tale né uomo e passerà gran parte della sua vita cercando un equilibrio. Romano inserisce interi paragrafi dell’opera di Feinberg nel proprio testo. L’intento supera la mera citazione, acquisendo la forma di una latente promozione nei confronti del romanzo che in Italia, arrivato grazie solo alla buona volontà degli attivisti ma svantaggiato da una distribuzione di nicchia, non ha incontrato popolarità.
Il soffitto di cristallo degli autori transgender
A eccezion fatta per alcuni piccolissimi editori coraggiosi come nel caso di Stone Butch Blues, i lavori delle scrittrici e degli scrittori trans stranieri, anche celebri (come Janet Mock) o premiati (come Imogen Binnie e Charlie Jane Anders), non sono stati né tradotti né importati in Italia. Monica Romano sottolinea: «C’è una marginalizzazione degli autori transgender in un’editoria specializzata e poco distribuita. Questa marginalizzazione – probabilmente legata a un preconcetto – costituisce una sorta di “soffitto di cristallo” che, in qualche modo, inizia solo ora a incrinarsi con pubblicazioni che possono contare su una migliore distribuzione. Credo che non vada sminuita in alcun modo l’editoria LGBT, che, pur di nicchia, è e resterà importantissima. L’editoria “mainstream” non ha ancora compreso che queste pubblicazioni avrebbero un loro mercato se distribuite nel modo giusto. E che autrici e autori transgender possono avere strumenti culturali e politici interessanti e alti, che vanno ben oltre il solito racconto di vita in chiave pietistica (e binaria) molto veicolato a livello mediatico negli ultimi anni. C’è una forte stigmatizzazione che considera la persona transgender quasi una minus habens: non si pensa che sia in grado di scrivere testi con un valore letterario, sociale e politico. Tuttavia evidenzierei che Mursia – un editore che non è né di nicchia né LGBT – ha deciso di aprirsi a tematiche transgender e gay: si vedano ad esempio L’uomo che cade di Marino Buzzi (2016) e Come me non c’è nessuno di Anton Emilio Krogh (2017)».
Pertanto, la letteratura a opera di persone trans – prescindendo dal genere a cui ambisce – è inevitabilmente vincolata a una dimensione di militanza poiché ubicata da un lato in un processo di riconoscimento dell’”autore trans” in quanto autore tout court, ossia duttile, capace di calarsi in tematiche separate dal metro della propria condizione esistenziale; dall’altro nello spostamento del suddetto da soggetto proiettato a soggetto proiettivo.
Y Incretolli è scrittrice