Donne disadattate traboccanti di desiderio
di Gianfranca Balestra
dal numero di aprile 2015
Donne affascinanti dell’alta società americana che acquistano abiti eleganti a Parigi. Donne che aspirano a entrare in questo mondo privilegiato e possono farlo solo grazie a un matrimonio vantaggioso. Donne intrappolate in matrimoni insoddisfacenti e convenzioni sociali opprimenti. Donne che rinunciano all’amore e alla sessualità a causa dell’educazione repressiva. Donne che fuggono da una società frivola e ipocrita per cercare una difficile identità autonoma altrove. Donne insoddisfatte, senza alcuna possibilità di realizzarsi attraverso il lavoro o l’espressione artistica. Donne psicologicamente complesse, lacerate da conflitti interiori e scrupoli morali, destinate all’infelicità e a una fine tragica. Ma anche donne di classi sociali umili, che vivono la sessualità in modo più spontaneo e finiscono per pagare le loro infrazioni ai codici sociali.
La narrativa di Edith Wharton propone una galleria straordinaria di ritratti femminili, storicamente determinati ma di interesse esemplare, che continuano ad attrarre un vasto pubblico di lettori e l’attenzione della critica. La prospettiva della scrittrice non è certo quella femminista, e tuttavia molti suoi romanzi affrontano la questione femminile, la dipendenza economica che trasforma le donne in vittime ma anche in ciniche arrampicatrici sociali. Fin dalle sue prime opere scritte agli inizi del Novecento è manifesta la sua critica alla costruzione della femminilità e ai suoi effetti deleteri sui rapporti uomo/donna, in una società materialista e patriarcale, per usare un termine che non appartiene certo al suo lessico. La critica al matrimonio come contratto economico è un tema ricorrente nell’opera di Edith Wharton, che lo declina in tutte le possibili sfumature, dal suo primo grande successo La casa della gioia (1905) fino a L’età dell’innocenza (1920) e oltre. Quest’ultimo capolavoro, vincitore del Premio Pulitzer e reso celebre dallo splendido adattamento cinematografico di Martin Scorsese, costituisce forse il punto più alto dell’arte della scrittrice. I romanzi successivi degli anni venti e trenta sono stati spesso considerati più deboli dal punto di vista stilistico, ripetitivi dal punto di vista tematico, antiquati e persino reazionari dal punto di vista ideologico. È solo in tempi recenti che la sua produzione tarda è stata riconsiderata in tutta la sua ampiezza e profondità e rivalutata per la capacità di rappresentare i radicali cambiamenti sociali intercorsi, con intrecci che tendono a mostrare conflitti culturali e psicologici irrisolti. Non solo dunque una Wharton icona di un mondo di fine Ottocento ormai sparito di cui si fa antropologa, ma scrittrice in costante dialogo con le problematiche del suo tempo, che riflette su divorzio, maternità, incesto, eugenetica, eutanasia e totalitarismo. Se L’età dell’innocenza, infatti, era ambientato negli anni settanta dell’Ottocento, in un mondo con regole morali e sociali molto rigide e oppressive rappresentato in modo ambivalente, i romanzi successivi, come Raggi di luna (1922) e La ricompensa di una madre (1925), mostrano la disgregazione di quel sistema e dei suoi codici morali e sessuali, consentendo da un lato scelte più coraggiose, ma dall’altro una messa in luce dei pericoli dal punto di vista etico e delle sofferenze individuali.
Entrambi questi romanzi vengono ora pubblicati in italiano, a testimonianza di un rinnovato interesse per la scrittrice americana. Raggi di luna è riproposto da Bollati Boringhieri nella traduzione di Mario Biondi (pp. 272, € 16.50) originariamente pubblicata da Corbaccio nel 1994. È disponibile anche un’altra versione di Mariagrazia Bianchi Oddera, che traduce il titolo originale The Glimpses of the Moon più letteralmente con Gli sguardi della luna (Newton Compton, 1997).Questo romanzo costituisce per certi versi una riscrittura in chiave sentimentale dell’intreccio di La casa della gioia,dove le vicende della protagonista prigioniera delle convenzioni e della sua educazione non potevano che concludersi con la rinuncia all’amore, il declino e la morte. Perché, come scrive la stessa Wharton nella sua autobiografia, una società frivola di edonisti irresponsabili può acquisire significato drammatico solo attraverso il suo potere distruttivo e le sue implicazioni tragiche. In Raggi di luna dalla tragedia si passa alla commedia: i due giovani poveri ma belli si sposano nonostante le condizioni economiche avverse e, dopo una serie di incomprensioni, delusioni e separazioni, decideranno di portare avanti il loro legame d’amore. Il romanzo si apre su una scena romantica, al chiaro di luna sul lago di Como, durante la loro luna di miele. Ma le convenzioni del romanzo sentimentale vengono subito ribaltate quando si scopre che hanno stipulato un contratto matrimoniale a tempo (fintanto che i regali di nozze e l’ospitalità nelle opulente dimore dei loro conoscenti lo consentiranno) che prevede totale libertà e la possibilità di separazione quando uno dei due trovi un partner ricco. Attorno a loro uomini e donne si prendono e si lasciano con facilità, alla ricerca edonistica del piacere e della ricchezza, in una società frenetica, spregiudicata e vacua. Anche in un romanzo leggero e disincantato come questo, reso melodrammatico dall’improbabile finale che celebra le virtù domestiche e materne, i protagonisti sono caratterizzati da sensibilità profonda e lucida coscienza di sé, attratti e al contempo respinti dal lusso di quel mondo dorato. La lettura è resa godibile non solo dalla sottile analisi dei sentimenti e dei conflitti psicologici, ma anche dalla rappresentazione visiva dei luoghi canonici della bellezza europea, in particolare Venezia e Parigi, che mantengono il loro fascino nonostante l’inevitabile effetto di déjà vu.
L’editore Elliot propone invece la prima traduzione italiana, a cura di Maurizio Bartocci, di La ricompensa di una madre (pp. 286, € 17.50), un romanzo importante nel canone di Edith Wharton, finora ingiustamente trascurato, e non solo in Italia. Pubblicato nel 1925, in piena età del jazz e modernismo letterario, il romanzo venne considerato troppo tradizionale dalla critica, lontano dalle sperimentazioni strutturali e stilistiche che caratterizzavano l’epoca. Ricordiamo che l’Ulisse di Joyce è del 1922, mentre altri due classici del modernismo come Il grande Gatsby di Fitzgerald e La signora Dalloway di Virginia Woolf sono dello stesso 1925. Wharton non aderisce alle nuove tecniche narrative e si mantiene fedele alla forma del romanzo realistico ben scritto, con stile lucido ed elegante. Quello che cambia, rispetto alle opere del primo periodo, è la prospettiva narrativa e l’oggetto dello sguardo, focalizzato sul presente.
La ricompensa di una madre affronta temi scandalosi per l’epoca: una madre colpevole di avere abbandonato la figlia piccola perché si sentiva soffocare in un matrimonio infelice, una donna dell’alta società che viola i costumi sessuali del tempo, una donna matura che ha una storia appassionata con un uomo molto più giovane di lei, un problematico rapporto madre-figlia. La protagonista però non è una donna che abbandona tutto per amore, né una figura eroica di ribelle alla ricerca della libertà e di un’identità autonoma, ma un personaggio dilaniato fra desiderio e scrupoli morali, prigioniera dei sensi di colpa, dotata di scarsa autostima, portata alla rinuncia. In apertura di romanzo ha quarantacinque anni e vive da diciotto in Europa, principalmente in Costa Azzurra, quando viene richiamata a New York dalla figlia, con la quale spera di ricomporre un rapporto affettivo. Il romanzo è incentrato su questo problematico rapporto madre-figlia e sulle sue complicazioni quando la madre scopre che il futuro marito della figlia è il suo ex amante. Lo sguardo pieno di desiderio che travolge la madre quando vede la figlia abbracciata con l’uomo ha tutte le sfumature dell’incesto. In questo sconvolgente triangolo amoroso quello che emerge con sapienza narrativa è l’analisi della coscienza della protagonista, la profondità di un dilemma affettivo e morale. Accanto a questo nucleo narrativo forte, sono strutturati altri fili tematici ricorrenti nell’opera di Wharton, la contrapposizione tra Europa e America e soprattutto tra passato e presente. Il ritorno in una New York completamente mutata consente uno sguardo straniato sulle trasformazioni culturali, sociali e morali, che riflettono l’ambivalenza della scrittrice stessa, da lungo tempo espatriata in Francia. Wharton è sempre stata molto critica verso i costumi della vecchia New York e l’ipocrisia dominante, ma non accoglie con entusiasmo i nuovi costumi. La protagonista di questo romanzo sembra condannata a essere perennemente disadattata, così come i personaggi di altre opere tarde, che avevano patito o si erano ribellati alle rigidità del passato ma non riescono ad adattarsi alla nuova società.
La complessità e la ricchezza della narrativa di Edith Wharton appaiono sempre più evidenti, via via che i suoi libri vengono ristampati, tradotti, studiati, adattati per il cinema e la televisione. Il suo posto rilevante nel canone della letteratura americana del Novecento e la sua fama internazionale costituiscono la meritata ricompensa di una scrittrice fedele alla sua arte fino alla fine.
gianfranca.balestra@unisi.it
G Balestra insegna letteratura angloamericana all’Università di Siena