Donne, religioni e parità di genere

Emergendo dalle seconde file, modi del dissenso

di Maria Chiara Giorda

Affrontare il tema del rapporto tra donne e religioni prevede alcuni caveat. La prima difficoltà risiede nella tentazione sempre in agguato alla semplificazione e al riduzionismo, ed è dunque bene sgombrare il campo anzitutto dall’espressione al singolare del binomio che non potrà mai essere “donna e religione”, perché entrambi sono concetti, forme identitarie al plurale. Nel corso della storia sono esistite ed esistono tante differenti religioni, che si sono trasformate e hanno influito e sono state influenzate da donne differenti. Donne al plurale – come nel titolo del prezioso volume di Stefania Palmisano e Alberta Giorgi Donne e religioni in Italia. Itinerari di ricerca (il Mulino, 2024), perché non esiste il prototipo della donna islamica, buddhista, ebrea ma vi sono stati e vi sono modi differenti di esprimere e incarnare l’essere donna nelle varie religioni; ogni etichetta ha creato stereotipi inutili e ha polarizzato identità fluide in minoranze e maggioranze: dalla strega da perseguitare alla donna musulmana vittima e schiava del patriarcato, dalla sacerdotessa neopagana alla vedova induista anch’essa vittima del patriarcato: silhouettes scontornate perfettamente. E non esiste neppure una classifica delle religioni più o meno femministe, con podi atemporali e astorici come mette in luce il libro di Giorgi e Palmisano, sequel del loro D come Donne, D come Dio, uscito nel 2016 per Mimesis, coraggioso e innovativo da un punto di vista tematico e metodologico.

La seconda considerazione è piuttosto un richiamo alla sorveglianza continua rispetto al contesto storico e culturale: le religioni non sono dei monoliti, delle bolle, delle comunità statiche, ma si plasmano e a loro volta sono conformate dalla società e dai processi culturali; l’evoluzionismo applicato alle religioni significa anche questo: un processo continuo di cambiamento, ripensamento, adattamento per la sopravvivenza. Da questo dipende un flusso continuo di scritture, letture e interpretazioni dei testi interno alle religioni con adattamenti al contesto di riferimento, attraverso una storia di traduzioni e interpretazioni: si pensi alla questione delicata quanto discussa dei riferimenti alle donne nel Corano; exempli gratia, il ruolo di Maria cui è dedicata la Sura Maryam, sura 19, che narra storie di profeti, evidenziando i miracoli e la misericordia di Allah, e sottolinea temi quali la fede, la morte e il giudizio finale.

Analogamente, non si può mai parlare di un processo lineare di degenerazione dalle origini (il testo o il fondatore femminista e il tradimento del suo messaggio o contenuto a posteriori) o di evoluzione rispetto alle origini (il testo o il fondatore maschilista e la revisione del suo messaggio o contenuto a posteriori): i Vangeli – canonici e apocrifi – rispecchiano il riscatto sociale, morale e culturale che Gesù proponeva per tutti gli emarginati, donne comprese, nei limiti di una accettazione sociale poi conformatasi ai fini della sopravvivenza della stessa comunità (se tutte le donne fossero vergini ascete la comunità morirebbe), così come è nota la controversia sul ruolo delle donne all’inizio della formazione della comunità buddhista o l’ambiguità della figura di Eva dalla Genesi in poi.

Sono percorsi accidentati, come hanno proposto Alessia Lirosi e Alessandro Saggioro nel recente Religioni e parità di genere. Percorsi accidentati (Edizioni di Storia e Letteratura, 2023). Il volume esamina e sviluppa i nuovi orientamenti che si fondano sulla fluidità nel concetto di genere e sesso, ponendo particolare attenzione alla dimensione maschile, alla mascolinità e ai sistemi patriarcali. I capitoli mettono in evidenza uno scambio costante e un intreccio duraturo tra genere e religione e rinnovano il confronto sul legame tra religioni e donne, ancorandolo alla riflessione sull’uguaglianza dei diritti e integrandolo nel dibattito riguardante gli uomini e la religione, esplorando la religione al maschile e il ruolo del maschile all’interno della religione.

La terza riflessione che complica il campo è quanto la lettura, lo studio delle religioni al maschile ha determinato l’interpretazione e la lettura della storia delle religioni al maschile: la maggioranza degli studiosi che reputiamo pionieri dello studio della religione in questa parte del mondo – linguisti, sociologi, antropologi, storici, psicologi da Durkheim, a Weber, a Frazer, a Freud – ha introiettato gli schemi culturali tipici dell’epoca nei testi da tradurre, nelle parole da interpretare, contribuendo a costruire una storia con protagonisti maschili, gerarchie spesso al maschile, sistemi di potere al maschile. Un esempio tra tutti è la ricorrenza dell’espressione “padri del deserto” per indicare i primi monaci cristiani di Egitto, Siria e Palestina. A compiere la scelta monastica furono anche le donne, che anzi ne anticiparono gli esordi con la scelta verginale che contribuì a formare il gruppo delle vergini spose di Gesù Cristo, e le madri “del deserto” da subito ebbero figlie e sorelle spirituali. La storia di queste donne è stata tuttavia silenziata, o quasi, dalla narrazione mainstream che si è invece soffermata sugli uomini, padri, figli e fratelli. È toccato aspettare gli anni sessanta e settanta del XX secolo, come ha spesso evidenziato Alberta Giorgi, tra le voci più autorevoli in Italia, perché nello studio sulle religioni le donne avessero una voce e iniziassero a reinterpretare il ruolo delle donne nella storia religiosa, proponendo una lettura femminista delle Scritture fondative considerate sacre e scardinando coraggiosamente il legame di causa-effetto tra secolarizzazione/emancipazione dalla religione e, come conseguenza, libertà (non solo religiosa) e annessi diritti delle donne.

Quello che si evince dai libri di Giorgi e Palmisano e Lirosi e Saggioro è che la ricerca di un proprio ruolo, le rivendicazioni dei propri diritti e soprattutto della propria libertà non passa, necessariamente, attraverso l’abbandono della religione ma dallo stare in modo nuovo all’interno di una religione o entrare in un’altra religione nel solco della possibilità di una nuova libertà, sia individuale sia collettiva. Si tratta di un processo di femminilizzazione della religione, di uno scardinamento delle gerarchie e dei sistemi di potere maschili, rivendicazione di diritti e di funzioni, universalizzazione trasversale dei ruoli di potere, di guida, di controllo individuale e collettivo. Un ripensamento rivoluzionario di ciò che in tutte le storie religiose ha spaventato, terrorizzato, indotto a provvedimenti, vale a dire il corpo femminile. Il corpo fisico individuale della donna e il corpo sociale delle donne rappresentano il nemico da combattere, ma anche lo strumento di potere più efficace attraverso cui rivendicare il proprio potere.

Si pensi al fenomeno della cosiddetta prostituzione sacra e, al polo opposto, a quello della santa anoressia delle mistiche di età medievale e moderna, fatta di digiuni, astinenze, privazioni anche per interrompere la consuetudine a vedere nel corpo femminile la soddisfazione del maschio di famiglia, in termini di soddisfacimento sessuale, procreazione e accudimento del focolare domestico con la preparazione dei pasti. Riferendoci all’epoca contemporanea, epoca in cui le migrazioni hanno portato a una moltiplicazione della diversità religiosa, il dibattito su libertà e diritti (negati) tocca le donne e le religioni, in quanto considerate minoranza, spesso in termini di intersezionalità.

Sono nuovi ruoli e modelli di rottura che hanno ribaltato le prospettive, portato sulla scena madri, figlie, sorelle e mogli. Gli esempi che i volumi propongono confermano come, in un confronto serrato e continuo tra innovazione, tradizioni e modernità, le donne sono emerse dalle seconde file che spesso sono loro riservate e offrono un modello non solo religioso, ma sociale e culturale, laico. In tutte le storie religiose si trovano donne attrici di cambiamenti e proposte, donne che con il loro carisma, dal greco charis, la grazia, hanno attratto altre persone lungo una strada spirituale, hanno accompagnato altre donne e uomini in un percorso di fede e pratica.

mariachiara.giorda@uniroma3.it
M. C. Giorda insegna storia delle religioni all’Università di Roma Tre