Piccoli cambiamenti del vivere
di Simone Pollo
Jonathan Safran Foer
Possiamo salvare il mondo, prima di cena
Perché il clima siamo noi
ed. orig. 2018, trad. dall’inglese di Irene Abigail Piccinini,
pp. 320, € 18,
Guanda, Milano 2019
Che il cambiamento climatico sia una realtà è un dato indubitabile, e così non è dubitabile che le attività umane apportino ad esso un contributo determinante. Questo dicono, in modo sostanzialmente unanime, i migliori strumenti di comprensione scientifica della realtà a nostra disposizione. Se c’è discussione aperta, questa riguarda la precisa entità dell’apporto umano, i tempi e l’esatta natura delle conseguenze dei processi di cambiamento del clima, e infine il tipo di misure da adottare per arrestare questo processo, o quantomeno rallentarlo significativamente. Di quest’ultimo tema si occupa Jonathan Safran Foer nel suo Possiamo salvare il mondo prima di cena. Con stile e tono simile al precedente Se niente importa (Guanda, 2016) Safran Foer mescola narrazione, autobiografia e saggistica in un esercizio di riflessione personale e di dialogo con i suoi lettori. Il libro è un vero e proprio atto riflessivo intorno alla domanda su cosa si possa fare, al livello individuale, per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico.
La riflessione di Safran Foer si muove a partire da una preoccupazione che si articola su due livelli. Da un lato, l’orizzonte che si presenta dinanzi all’autore (e al lettore) è quello della catastrofe globale e della rovina del pianeta, ovvero di una vera e propria apocalisse che potrebbe se non estinguere la forma di vita umana, quantomeno mutarla radicalmente. Il secondo livello è, invece, quello della preoccupazione per i propri affetti più cari (i figli nel caso di Safran Foer) e per quello che potrebbero significare per loro gli effetti del cambiamento climatico. È questo duplice registro a rendere convincente ed efficace la riflessione di Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Il discorso pubblico sul cambiamento climatico, infatti, risente spesso di una retorica dell’apocalisse che, nella sua enormità straniante, rischia di rendere la questione distante e repulsiva per la sensibilità e la riflessione ordinaria. Quello che fa Safran Foer è, invece, portare nella dimensione quotidiana l’orizzonte del cambiamento climatico e ricondurre la sua scala globale alle nostre relazioni più vicine, ai nostri affetti più intimi e alle nostre scelte più semplici.
La possibilità di un’azione individuale contro lo scenario immenso e globale del cambiamento climatico è il cuore del libro. È vero che un fenomeno come il riscaldamento globale richiede scelte sovraindividuali e politiche nazionali e internazionali, ma è anche vero che la condotta individuale non è impotente. E ciò che si può fare individualmente passa ogni giorno sulle nostre tavole. L’allevamento di mammiferi terricoli è una delle maggiori fonti (se non la maggiore) dei gas serra responsabili del riscaldamento del pianeta. Dal momento che ciò che mangiamo contribuisce a questo fenomeno globale la possibilità di fare qualcosa è molto più vicina di quanto saremmo portati a credere.
Diminuire o eliminare del tutto i prodotti alimentari di origine animale è il gesto più immediato e concreto che si può fare. Come già in Se niente importa Jonathan Safran Foer si fa voce di un atteggiamento “laico” e realistico verso la trasformazione delle abitudini alimentari. Il cibo che assumiamo quotidianamente non è qualcosa che possiamo scegliere in modo astrattamente razionale, liberandoci delle nostre abitudini, delle tradizioni famigliari e dei nostri desideri e gusti più radicati. Di questo Safran Foer è ben consapevole e racconta in prima persona la difficoltà di fare a meno del cibo di origine animale. Vegetarianesimo e veganesimo non sono questioni di “tutto o niente”, ma hanno a che fare con ciò che possiamo gestire in prima persona con le nostre forze e la nostra riflessione. In gioco non è la nostra purezza o la nostra santità morale, ma la possibilità di dare un contributo reale al cambiamento di meccanismi in cui anche le nostre scelte individuali contano. Allora, evitare per quanto possibile i prodotti di origine animale sarà una scelta importante e moralmente sensata, anche se non si rinuncerà a essi del tutto.
La forza della riflessione di Jonathan Safran Foer è questa: rendere disponibile e accessibile la questione globale del cambiamento climatico alla riflessione e alla scelta personali. La trasformazione delle nostre abitudini alimentari non risponde a quel pensiero escatologico, oggi tanto diffuso, in cui la salvezza ultima della terra e della specie è riposta nell’adesione a un rigido veganesimo. Il cambiamento possibile deriva, invece, da processo costante di riflessione e trasformazione delle nostre abitudini quotidiane, senza fanatismi o ideologie, ma con l’attenzione sempre presente al significato e agli effetti dei nostri gesti quotidiani per la vita di coloro a cui vogliamo bene e per quella di chi è lontano da noi, ma che la nostra immaginazione riesce a renderci presente.
simone.pollo@uniroma1.it
S. Pollo insegna bioetica all’Università La Sapienza di Roma