Frank Tallis – Breve storia dell’inconscio

di Alessandro Gazzi

Frank Tallis
BREVE STORIA DELL’INCONSCIO
Esploratori della mente nascosta da Leibniz a Hitchcock
pp. 342, € 22,
trad. dall’inglese di A. Ranieri e M. Longoni,

Il Saggiatore, Milano, 2018

Inconscio, percezione subliminale, personalità dissociata, personalità multipla, mesmerismo, ipnosi: la psiche è un groviglio ostico nel quale, lo sappiamo, non è facile addentrarsi. Un po’ per la complessità tecnica delle argomentazioni, un po’ per l’alto rischio di smarrirsi in un folto reticolato di nozioni che, se maneggiate con mollezza e senza spirito divulgativo, sanno disorientare anche il lettore più intraprendente.
Come possiamo, dunque, iniziare a far luce nel buio pesto dell’inconscio, la materia oscura del nostro pensare, e partire per una ricognizione dei suoi meandri? Con Breve storia dell’inconscio, lo psicologo e scrittore inglese Frank Tallis, aiutato da una scrittura pragmatica e sempre lucida, si lancia in un viaggio a corrente continua nelle elettrizzanti strade della mente nascosta. Dalle prime avvisaglie nelle filosofie illuministe al mare magnum della produzione scientifica sulle odierne neuroscienze cognitive, anche il più scettico tra i lettori ha la possibilità concreta di ricavare un quadro generale della disciplina, oltretutto arricchito da aneddoti e curiosità riguardo la complicata e meravigliosa macchina che è l’inconscio.

Premesse a parte, partendo dai sottovalutati studi di Leibniz – con tanto di contrasto dialettico con Locke – scorriamo appagati le più di trecento pagine del libro, incrociamo le nottate oppioidi di Coleridge e De Quincey, esploratori di caverne impenetrabili, assistiamo agli esperimenti collettivi di Mesmer e dei suoi seguaci, verifichiamo l’utilizzo della scrittura automatica e dell’ipnosi da parte di Janet nella cura di fobie e traumi irrisolti. Senza tralasciare il monolitico lavoro di Freud, colui che ha impresso la “terza mortificazione” all’umanità e che, con i suoi studi, ha fatto dell’inconscio un concetto familiare per chiunque. L’autore si sofferma sul padre della psicanalisi – non avrebbe potuto fare altrimenti – e ci racconta come le sue idee abbiano fatto breccia non solo tra gli esperti conoscitori della mente dei decenni successivi, ma anche tra scrittori, artisti e registi come Schnitzler, Burroughs Breton, Bacon, Hitchcock.

La cifra saggistica di Tallis sta nella sua capacità di trasportarci nei luoghi più inquieti della mente ricorrendo a stranezze e curiosità, oppure, grazie a una simbiotica mescolanza di alto e basso, con semplici esempi di vita quotidiana a fare da innesco. Progressivamente, con moderata confidenza e sempre minor timore, il lettore avrà modo di mettere a fuoco altre sofisticate sfaccettature del percorso storico degli studi sulla mente, come, terminata la Seconda Guerra Mondiale, l’influenza del lessico informatico, che è causa di una certa contaminazione linguistica nell’analisi del funzionamento della coscienza; o ancora, più in là, i conseguenti sviluppi delle neuroscienze cognitive dagli anni sessanta a oggi. Facendoci da guida nell’universo dell’inconscio, Tallis ci accompagna verso il tramonto del misticismo presente nei primi capitoli e traccia una mappatura delle prime disquisizioni filosofiche sul libero arbitrio, una illusione sempre più condizionata da processi mentali estranei alla nostra consapevolezza.

Oppure, ancora più nel dettaglio, ci illustra la scoperta del sistema limbico come elemento base dei “reami crepuscolari”, e traccia una nuova autostrada raccordandola le neuroscienze alla psicologia evoluzionista. Tallis, insomma, arriva a proporre un punto di contatto che lega le nuove scoperte della tradizione occidentale alle antiche filosofie orientali, e infine ribadisce la centralità dell’inconscio nella società contemporanea, che nonostante i progressi tecnologici e scientifici si rivolge al sommerso che è in ognuno di noi ancora come a una terra di frontiera, un mistero difficile da sondare. D’altronde è così, lo afferma con forza lo stesso Tallis nelle ultime pagine: non siamo creature della luce, ma delle tenebre.