Dal graphic novel all’animazione: il potenziale cinematografico di Zerocalcare
intervista a Giorgio Scorza di Andrea Pagliardi
Strappare lungo i bordi non è solo la prima serie televisiva del fumettista romano Zerocalcare, ma è anche la prima pensata per un pubblico young adult. Prodotta dalla casa editrice Bao e dalla società milanese Movimenti productions la serie è costituita da sei episodi di quindici minuti circa, costellati di flashback e aneddoti che vanno dall’infanzia del disegnatore ai giorni nostri. Accolta molto positivamente da critica e pubblico Strappare lungo i bordi è uscita il 17 novembre sulla piattaforma Netflix ed è attualmente in programmazione. Abbiamo incontrato Giorgio Scorza, regista e produttore della serie insieme a Davide Rosio, cofondatori di Movimenti, le cui produzioni spaziano da videoclip musicali (Mika, Tha Supreme, Pinguini Tattici Nucleari) a serie TV internazionali (Lupo, Topo Gigio) fino ai lungometraggi (Copperbeak, attualmente in sviluppo).
Come è nato il sodalizio con Zerocalcare? Come è nata la serie?
Zerocalcare lo spiega in parte nel suo nel suo libro appena uscito (Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, pp. 224, € 18, Bao Milano 2021), anche se quella, ovviamente, è la versione raccontata da un artista che scrive un fumetto. Il trait d’union fu Federico Vallarino, milanesissima colonna portante dell’animazione italiana: Michele Rech si era avvalso del suo supporto prima e durante la realizzazione della serie di corti Rebibbia Quarantine e, in quel periodo, quando dovevano incontrarsi a Roma, capitava che si appoggiassero ai nostri uffici romani. Nel 2019 abbiamo invitato Zerocalcare ai Bergamo Animation Days per un incontro con il pubblico. Lì ho capito che qualcosa bolliva in pentola, che l’intenzione di Michele era quella di fare un passo ulteriore nel mondo dell’animazione, ma ho anche intuito che gli occorreva del tempo per metabolizzare. E così non gli proposi nulla, sapendo che in passato aveva già avuto esperienze poco felici con alcuni produttori di animazione. Un anno più tardi il nascente dipartimento di Young Adult Animation di Netflix UK, con cui al tempo eravamo già in contatto per un progetto che ora ha preso altre strade, ci propose di produrre una serie italiana i cui dettagli erano ancora top secret. In quegli stessi giorni Michele era tornato a trovarci per parlarci in modo esplorativo di un progetto in animazione che covava da anni. C’è dunque stata una fase iniziale un po’ surreale in cui tutti si confrontavano con tutti mantenendo, però, il segreto sull’oggetto della collaborazione. Possiamo dire che è stato un matrimonio al buio, ma anche d’amore: quando le riserve sono state sciolte è emerso che sia Michele sia Netflix pensavano a Movimenti come allo studio ideale per produrre la nuova serie animata di Zerocalcare.
Quindi Zerocalcare è arrivato a Netflix in modo autonomo?
Sì, pare che Michele abbia scritto una decina di volte a Netflix per proporre una serie utilizzando una fantomatica mail “scriveteci se avete idee”. Non ha mai ricevuto risposta. Però, dopo aver raccontato il fatto in un’intervista, sembra che sia stato contattato direttamente da loro: “Carissimo Zerocalcare, sono Netflix. Scusa se non abbiamo letto le tue mail. Parliamone”. Ok, è una versione romanzata, anzi, a fumetti (compare su…), ma sì, sia lui sia noi siamo arrivati a Netflix in modo indipendente.
Oltre a Movimenti gli altri due nomi coinvolti sono la fiorentina Doghead e Bao Publishing, la casa editrice che pubblica i fumetti di Zerocalcare. Ci spieghi in breve quali sono stati i vari ruoli? Chi ha fatto cosa?
È molto semplice: come produttore indipendente siamo stati noi di Movimenti a chiudere l’accordo con Netflix e a mettere sotto contratto tutti, compresi Zerocalcare e Valerio Mastandrea. Bao è insieme a noi il produttore esecutivo: il suo coinvolgimento è la naturale evoluzione di una collaborazione editoriale che dura da 10 anni. Innanzitutto hanno esercitato un ruolo di mediazione tra i vari attori in campo, Michele, Netflix e noi. In secondo luogo, in particolare nella figura del suo direttore editoriale Michele Foschini, Bao ha fornito assistenza a Zerocalcare nell’organizzare il piano di scadenze e consegne delle sceneggiature e del resto dei materiali di lavorazione. Doghead è un società di animazione fiorentina appartnente al network ForFunMedia che ed è stata assunta da Movimenti per realizzare materialmente tutta la parte di animazione. Movimenti ha lavorato alla pre-produzione, ha realizzato gli storyboard, i modelli, la regia tecnica (quella, in particolare, è opera mia e di Davide Rosio), la post-produzione e la consegna a Netflix. Si è anche fata carico della complessa serie di passaggi necessari a gestire i rapporti con una major americana. Quasi più oneri che onori!
Realizzare una serie animata è sempre un lavoro di squadra. A tal proposito, chi conosce i suoi fumetti sa quanto Zerocalcare sia abituato a fare tutto da solo. In lui la distinzione tra autore e opera è molto sottile. Com’è stato lavorare con una figura così ingombrante e su un progetto tanto personale?
Sapevamo che era una sfida, ma questo non ci ha mai spaventato, forse per incoscienza, forse per entusiasmo. Dopo le esperienze degli ultimi anni Movimenti era ormai abbastanza matura sia dal punto di vista creativo sia da quello produttivo: ero certo che saremmo stati in grado di sostenere questo tipo di lavorazione. Ma voglio risponderti in modo diretto: come ci siamo trovati con lui? Onestamente: da dio! La cosa veniva fuori spesso parlando con i due Michele (Rech e Foschini): “Allora, ragazzi, quand’è che inizieremo a litigare? A quando uno screzio o una divergenza di opinioni? Perché così non è normale!”
Il motivo di un sodalizio tanto riuscito credo stia nel fatto che Zerocalcare è un lavoratore serio e instancabile e, in quanto tale, è estremamente rispettoso della professionalità altrui. È stato presente in ogni fase della produzione e, alla fine, non vedeva l’ora di ricevere le nuove sequenze da approvare. Michele aveva chiaro in mente ciò che voleva, ma non sapeva come ottenerlo, e ci ha lasciato grande libertà. Il nostro ruolo era proprio quello di tradurre le sue idee nel linguaggio dei cartoni animati, mettendo in campo competenze che lui non possedeva. In un progetto come questo noi sapevamo di dover essere totalmente al servizio della visione dell’autore ma, paradossalmente, non era così scontato che lo sarebbe stato anche Zerocalcare. Mi spiego: fare animazione è diverso dal disegnare graphic novel, si tratta di due linguaggi che si esprimono con codici differenti e questo non è sempre così semplice da comprendere e accettare. Michele l’ha capito molto bene: ha studiato animazione prima di arrivare da noi, sapeva quando intervenire e quando, invece, fidarsi e affidarsi, rispettando i ruoli. Detto altrimenti ci ha lasciato spazio per fare esplodere il potenziale cinematografico della sua storia.
E per quanto riguarda il risultato finale? Di cosa sei maggiormente fiero?
Sono molto fiero che sia venuta fuori una serie animata che, pur essendo piena zeppa di riferimenti e citazioni, è unica nel suo genere, al pari dei libri del suo autore. Abbiamo cercato di realizzare un fumetto animato e abbiamo provato a pensare come Zerocalcare. Non è stato affatto facile: la produzione ha coinvolto più di duecento persone che dovevano lavorare in modo coeso e coerente, cosa vieppiù complicata dalle severissime clausole di riservatezza impose da Netflix. Ad esempio, solo io e Davide Rosio abbiamo avuto accesso a tutte sei le sceneggiature fin dall’inizio: gli storyboardisti le ricevevano man mano che dovevano lavorarci. Chi ha visto la serie può ben comprendere quanto questo aspetto sia condizionante, considerando gli avvenimenti e le rivelazioni delle ultime puntate. Le restrizioni erano a tutti livelli: persino i backgrund artist realizzavano gli sfondi senza conoscere i dettagli delle scene in cui venivano usati.
Uno degli aspetti più originali e interessanti della serie è il monologo continuo di Zerocalcare che racconta l’intera storia dando la voce a tutti i personaggi (con l’unica eccezione dell’Armadillo, interpretato da Valerio Mastrandrea). Potresti dirci il perché di questa scelta?
Michele voleva che i dialoghi fossero riportati come in una specie di discorso indiretto: i personaggi appartengono al racconto, e visto che la storia è narrata dalla voce di Zerocalcare dovevano essere anche loro parte di quel monologo. L’armadillo, invece, è diverso perché è una voce a sé all’interno del flusso di pensieri, esattamente come nei fumetti. Ma c’è anche un’altra ragione. A differenza di quanto avviene con i fumetti, nell’animazione è l’autore a dettare i tempi della narrazione, nonché quelli di lettura dei dialoghi. In Strappare lungo i bordi Michele voleva che il pubblico seguisse il racconto al ritmo e alla velocità che indicava lui, voleva che lo spettatore ascoltasse la musica che sceglieva lui nel momento che per lui era quello giusto. Il monologo continuo, già inaugurato in Rebibbia Quarantine e qui ottimizzato in tutte le sue potenzialità narrative, era il modo più efficace per dettare i tempi al lettore. E, forse, era anche l’unico modo per rendere possibile la convivenza in ogni puntata della vicenda principale con scene di vita quotidiana, metafore, citazioni, flashback, storie parallele e riflessioni a margine. E, naturalmente, tonnellate di gag ed easter eggs.
Ciò che sorprende di Zerocalcare è la sua trasversalità: i suoi libri sono letti da vecchi, giovani, studenti, insegnanti, impiegati, liberi professionisti, ecc. Cosa puoi dirmi di Strappare lungo i bordi? So che è stato un enorme successo, ma mi interessava qualche considerazione, per così dire, dall’interno.
Non posso rivelare i dati specifici, sennò mi uccidono, ma ti posso dire che il successo della serie è andato ben oltre le nostre più ottimistiche aspettative. E di tanto, di almeno un fattore 10. E non parlo solo di numeri, ma anche di tipologia di spettatori e target specifici. La vastità e la varietà del pubblico di Strappare lungo i bordi è davvero stupefacente.
Visto il successo ci sarà una seconda stagione?
Anche qui non posso sbottonarmi. Posso solo dirti che intanto ci godiamo il successo della prima e confermare che, ovviamente, noi non vediamo l’ora di farne un’altra.