Collana 135, edizioni Mattioli 1885
di Bianca Maria Paladino
Nel 2020 la casa editrice Mattioli 1885, di Fidenza, compie 135 anni e l’editore, Paolo Cioni, ha deciso di festeggiarsi con la pubblicazione di una collana di microeditoria, diretta da Filippo Tuena, dal titolo appunto Centotrentacinque. Presentata dal curatore nel dicembre scorso a “Più Libri, più liberi”, il Salone della piccola e media editoria di Roma, risponde ad un progetto editoriale molto preciso sia dal punto di vista grafico-commerciale che dei contenuti: testi brevi – tra le sessanta e le cento pagine o poco più – stampati in carattere Mattioli 1885, in sole 135 copie numerate con numeri arabi, più 15 esemplari con numeri romani e fuori commercio. Dato il numero limitato della tiratura, i volumi non avranno distribuzione, né ristampe. Saranno testi “lucidi e ricercati”, di soli autori italiani, destinati ai lettori più attenti: saggi, biografie, memoir, ricordi, diari di viaggio, ma non narrativa, almeno per il momento.
La collana, dal suo recente varo, ha già acquisito e pubblicato ben cinque titoli: di Andrea Cortellessa, Volevamo la luna; di Fabrizio Ottaviani, La testata di Zidane; di Fabrizio Coscia, Lo scrivano di Nietzsche, di Paola Silvia Dolci, Portolano e di Benedetta Centovalli, Nella stanza di Emily. Testi che si leggono tutti d’un fiato e non perché sono brevi, ma perché pur non trattandosi di narrativa presentano un ritmo nella scrittura pari al flusso nella costruzione dell’argomento proposto che li rende interessanti ed agili nella lettura. Ma, al di là delle ragioni di celebrazione che ne hanno giustificato la nascita, il progetto editoriale appare interessante e calibrato sotto diversi aspetti: innanzitutto perché nasce in un momento storico in cui è più difficile pubblicare e vendere libri c.dd. di varia, nello sconfinato mare di produzione di narrativa che spesso ci disorienta. Pertanto puntare, all’interno della collana, sulla varietà dei generi che propriamente rientrano in questo tipo di pubblicazioni è già di per sé una scelta importante; altrettanto lo è orientarsi verso un pubblico aperto alla lettura di generi diversi, sapendo che non è molto vasto; si è deciso poi, a fronte della tiratura limitata, di dedicare una maggiore attenzione alla qualità del prodotto-libro utilizzando carta di pregio e buona rilegatura a costi ridotti (14,00 euro in media) per un formato tascabile; altro elemento importante la brevità dei testi, senza rinunciare alla complessità dello svolgimento del tema scelto (mutatis mutandis ricorda il modello della collana Centopagine ideata da Italo Calvino per Einaudi che proponeva racconti brevi di elevata qualità di famosi scrittori); naturalmente sono interessanti gli autori: tutti implicati, almeno fino ad ora, nella letteratura, nella critica letteraria, nell’editoria, ma che in questi testi si rivelano attraverso delle curiosità (Coscia, Lo scrivano di Nietzsche), delle memorie (Centovalli, Nella stanza di Emily), delle passioni (Dolci, Portolano), dei fatti storici connessi ad implicazioni sociali e culturali (Cortellessa, Volevamo la luna, Ottaviani, La testata di Zidane); infine il contesto nel quale si colloca la collana, cioè nel catalogo dell’editore.
Da sempre impegnata nella diffusione della ricerca scientifica (attraverso pubblicazioni di riviste mediche di rilevanza internazinale, anche in formato on-line) e della cultura dalla narrativa (riedizioni di classici con attenzione alle traduzioni e nuova letteratura americana) alla saggistica (di storia, medicina, scienze), la Mattioli 1885 nasce come tipografia e, nel corso di questi lunghi anni non ha mai rinunciato alla cura artigianale delle sue pubblicazioni, tanto da aver realizzato un proprio carattere che ha ricevuto il compasso d’oro, un importante riconoscimento, nel 2004. Ma veniamo ai volumi pubblicati. La collana inaugura con un titolo che esprime una disillusione, ma che potrebbe anche assumere valore programmatico ed augurale per la serie: Volevamo la luna, di Andrea Cortellessa. Una rilettura di conferenze svolte dall’autore in occasione del 50esimo anniversario dello sbarco sulla luna che, a partire dal significato storico e metaforico dell’allunaggio, diventa un breve saggio-riflessione sul cambio di prospettiva del valore attribuito al concetto di futuro dal punto di vista culturale e politico-sociale. Fabrizio Ottaviani, La testata di Zidane, è l’idea di riflettere sull’autentico significato di un chiacchieratissimo evento sportivo, la famosa testata di Zinédine Zidane a Marco Materazzi durante la finale dei campionati di cacio del 2006, attraverso una immaginaria conversazione tra un giurista, un filosofo e un sociologo. Fabrizio Coscia, Lo scrivano di Nietzsche propone la ricostruzione della biografia di Peter Gast, aspirante musicista e velleitario assistente segretario di Nietzsche; Paola Silvia Dolci, Portolano, un diario di bordo di una crociera nel Mediterraneo che diventa un diario di disamore e, numero cinque, Benedetta Centovalli, Nella stanza di Emily. Il ritratto di Emily Dickinson attraverso i luoghi che ha abitato e l’autoritratto della Centovalli, che si rivela a se stessa, durante il viaggio, nei frammenti di ricordi, e a noi lettori mediante la scrittura, per flusso di memoria. Anche questo testo, benché sia fluente nella lettura presenta una struttura complessa: si tratta di un saggio che si presenta nella forma di un racconto di viaggio a più livelli, un testo poetico che parla di poesia. Durante il viaggio (l’autrice ha portato con sé La porta stretta di André Gide e la porta è un attraversamento, come lo è la scrittura in quanto manifestazione del pensiero) si compie un rito di passaggio. Tutto il mondo a cui si rivolge Emily è in una casa ed in una stanza. L’isolamento a cui si è confinata, ma anche il desiderio di avere un interlocutore con cui confrontarsi non le daranno, in vita, le risposte che avrebbe meritato e che la storia le ha tributato. Infatti chiederà che ogni suo scritto, dopo la sua morte, venga distrutto. Il che per fortuna non accadrà. Altri si occuperanno di rendere celebre la sua opera. Ed è proprio da qui, da questo abisso che emerge il dubbio esistenziale della Centovalli: aver dedicato all’interpretazione, vale a dire a quella parte in ombra che è della letteratura e del linguaggio, gran parte della sua esistenza è stato per lei una buona ragione di vita? Ecco la risposta: «editare libri è un attraversamento della frontiera dell’altro. E fare critica letteraria trovare la chiave adatta per aprire la serratura della porta del testo. La lettura il passaggio indispensabile della porta stretta dell’invenzione».
Proprio queste dichiarazioni di Benedetta Centovalli ci rivelano che i temi e le forme dei cinque titoli delineano il progetto della collana Centotrentacinque: il filo sotterraneo che li unisce è un implicito/esplicito discorso sulla scrittura, sulle forme che può assumere oggi o sulla capacità di interpretare il senso che attraverso le nuove forme essa si dà, ma anche del modo in cui la realtà può essere raccontata. Ci torna in mente che Cortellessa in Volevamo la luna parte dalla rilettura di Blade Runner e di come l’autore immaginava che fosse il 2019 (il punto di vista da cui si parte è fondamentale nell’interpretazione) o ripensiamo alle velleità per lo scarso talento de Lo scrivano di Nietzsche, destino opposto a quello della Dickinson, che assurgerà al successo dopo la morte; al significato politico culturale che può assumere un fatto apparentemente di cronaca sportiva (le coupe di Zidane) o che il diario di bordo della navigazione nel Mediterraneo può diventare un diario intimo (Portolano).