La amazing family sono io
recensione di Andrea Casalegno
dal numero di settembre 2017
Tilmann Lahme
I MANN
Storia di una famiglia
ed. orig. 2015, trad. dal tedesco di Elisa Leonzio
pp. 490, € 26
Edt, Torino 2017
Nato nel 1974, studioso e docente di letteratura tedesca e giornalista, Tilmann Lahme sin dalla sua tesi su Golo Mann, poi diventata una biografia, è uno dei massimi conoscitori della famiglia creata da Thomas Mann (1875-1955) e Katia Pringsheim (1883-1980). Sposi l’11 febbraio 1905, ebbero sei figli: Erika (1905-1969), Klaus (1906-1949), Golo (1909-1994), Monika (1910-1992), Elisabeth (1918-2002) e Michael (1919-1977). Dopo averne curato gli epistolari Lahme dedica ora a queste sei vite (quella ben più nota del padre e quella della madre, forte e autoritario pilastro familiare, ne sono per così dire la cornice) un denso volume, che ne segue anno per anno le vicende dal 1922 al 2002: ottant’anni di cronaca, sullo sfondo della storia politica e letteraria europea e mondiale, basati su lettere, diari e varie testimonianze e arricchiti da una documentazione fotografica di grande interesse.
Il volume, ben tradotto da Elisa Leonzio per le benemerite edizioni torinesi Edt, specializzate in musicologia e poi nelle celebri guide turistiche Lonely Planet, ma aperte alla cultura, ai viaggi e anche ai libri per l’infanzia, colma una lacuna. Non mancavano libri e saggi sulla famiglia in cui nacque Thomas, la dinastia lubecchese trasfigurata nella saga dei Buddenbrook, né sul problema storicamente più importante, il rapporto e i conflitti tra i due scrittori, il Nobel 1929 e il fratello maggiore Heinrich, che al tempo della prima guerra mondiale si era schierato dalla parte delle democrazie “contro” la patria, scatenando l’ira del celebre fratello. La requisitoria contro il mai nominato “letterato della civilizzazione”, ovvero francesizzante, è il Leitmotiv delle “Considerazioni di un impolitico” (1918), perorazione filoprussiana fuori tempo massimo.
Non così per gli eredi di Thomas, anche se tutti lasciarono libri e ricordi, e se almeno i primi tre furono personalità notevoli. Tutti ebbero vite interessanti, spesso segnate dalla tragedia: suicida Klaus e probabilmente Michael, vedova a trent’anni Monika in modo terribile. S’imbarcò il 13 settembre 1940 a Liverpool, diretta in Canada, con il giovane marito ungherese, sposato l’anno prima, ma nella notte tra il 17 e il 18 la nave venne silurata da un sottomarino tedesco; morirono 248 passeggeri, tra cui suo marito e 77 bambini; lei stessa si salvò dopo esser stata a lungo in mare, aggrappata a un relitto.
Ma il dramma, in ogni famiglia o quasi, è quotidiano. Di fronte a un padre indulgente ma concentrato su se stesso e a una madre che considera suo primo dovere tutelarne la capacità produttiva (i genitori non nascondono, tra l’altro, le loro predilezioni) ogni figlio cerca di affermarsi a modo suo. Erika nell’arte, negli amori turbolenti e sovente sconcertanti, nell’impegno: come attrice, fondatrice e anima di un cabaret politico, il Macinapepe, autrice di libri antinazisti, conferenziera, corrispondente di guerra e, non ultimo, collaboratrice dell’anziano scrittore. Klaus è il più dotato e tormentato; omosessuale come Golo, ma assai più provocatorio, sfida il padre sul suo terreno: non lo raggiunge, ma alcuni dei suoi molti libri non hanno perso interesse. Golo si afferma come storico, autore tra l’altro di un ottimo compendio sulla Germania moderna. Elizabeth sposa nel 1939 Giuseppe Antonio Borgese, di molti anni più vecchio (morirà nel 1952) e si vota con successo nell’ultima fase della sua vita alla lotta in difesa degli oceani. Michael, l’unico costantemente sostenuto dalla madre nelle continue richieste di denaro, diventa, dopo molti sforzi, un buon musicista (violino e viola), fino a suonare con Yaltah, sorella di Yehudi Menuhin; ma la sua instabilità, soggetta a crisi violente, metterà bruscamente fine alla sua carriera. Il brutto anatroccolo è Monika. I genitori la considerano svogliata e sostanzialmente incapace (“grulla” potremmo dire in buon toscano). La sua vita è un eterno tentativo di affermarsi contro quel giudizio, condiviso in buona parte dai fratelli; ma lei continua a battersi e a protestare. Gli anni più sereni sono quelli passati a Capri accanto all’amico Antonio Spadaro, un uomo semplice e affettuoso. Le vicende familiari sono scandite dai fatti storici: il dopoguerra bavarese nella Monaco degli artisti, l’ascesa di Hitler, l’esilio in Svizzera e poi negli Usa, la guerra, il ritorno in Svizzera, l’ultimo trionfale tour nelle due Germanie. In America Thomas scrive, viaggia per conferenze, parla in tedesco alla radio, pranza due volte con Roosevelt e costruisce la grande villa di Pacific Palisades, a spese della ricca Agnes Meyer, mecenate e ninfa Egeria a un tempo. Klaus e Golo si arruolano nell’esercito americano. Eppure negli anni del maccartismo sia lui sia i figli saranno accusati di simpatie comuniste.
Alla fine, insomma, è Thomas il protagonista. Si parla minuziosamente di tutti, nella amazing family (così è nota ai giornali Usa). Ma gli altri interessano perché c’è lui, e lo sanno. Lo scrittore che ha potuto orgogliosamente affermare “Dove sono io, là è la Germania” avrebbe potuto aggiungere, con forzatura non molto maggiore: “La ‘amazing family’ sono io”.
casalegno.salvatorelli@gmail.com
A Casalegno è giornalista