I sassolini nelle tasche
recensione di Alice Pisu
dal numero di luglio/agosto 2018
Delphine de Vigan
LE FEDELTÀ INVISIBILI
ed. orig. 2018, trad. dal francese di Margherita Botto
pp. 144, € 17
Einaudi, Torino 2018
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“Sono fili che ci legano agli altri, ai vivi come ai morti, sono promesse che abbiamo consumato e di cui non riconosciamo l’eco, lealtà silenziose, sono contratti per lo più stipulati con noi stessi, parole d’ordine accettate senza averle comprese, debiti che custodiamo nei recessi della memoria. Sono le leggi dell’infanzia che dormono dentro il nostro corpo, i valori per cui lottiamo, i fondamenti che ci permettono di resistere, i principi indecifrabili che ci tormentano e ci imprigionano. Le nostre ali e le nostre catene. Sono i trampolini da cui troviamo la forza di lanciarci e le trincee in cui seppelliamo i nostri sogni”. Le fedeltà invisibili di Delphine de Vigan traccia una catalogazione emotiva delle fragilità umane attraverso la storia di due donne: Hélène, un’insegnante che porta su di sé i segni delle violenze dell’infanzia riconoscendo quelli altrui, e Cécile, madre di due figli, distante da un marito che vede improvvisamente come uno sconosciuto. Dalla loro prospettiva emergono le storie degli altri protagonisti: quelle del dodicenne Théo, che cerca nella solitudine un modo per far fronte agli effetti della separazione dei suoi genitori, e del suo unico amico Máthis, che prova a prendersi cura di lui assecondandone le deviazioni. Predominano quadri famigliari perennemente in equilibrio tra brevi istanti di gioia e tentativi di gestione della tragedia, dove tutti risultano vinti dagli eventi. Ognuno richiama un mondo a sé fatto di silenzi, di assenze, di mancata comunicazione con gli altri, di omissioni continue e di distorsioni della realtà dietro ragioni di protezione dell’altro che celano il rifiuto della propria inadeguatezza o l’impossibilità di far fronte da soli al peso di quel carico emotivo. De Vigan tesse storie restituendo nell’osservazione dell’altro il mistero che egli racchiude, come nello sguardo di Hélène che si posa sui passanti intabarrati nei loro cappotti, immaginandone i pensieri per scorgere in quei modi di fronteggiare il freddo pungente i loro strenui tentativi di avanzare nella vita. La dimensione dell’infanzia rappresenta nell’intera produzione letteraria di de Vigan l’unica via per riaccordarsi con una parte di sé rimasta confinata in un luogo che è tempo. Nell’equilibrio tra il racconto del presente e i quadri del passato, la narrazione avanza per immagini: dal coltello a serramanico del padre di Hélène, ai sassolini nelle tasche di Máthis, alla casa di pietra della nonna di Théo con i panni stesi. Usa la scrittura come strumento d’indagine sulla memoria pur staccandosi dalla dimensione autobiografica che caratterizza i suoi romanzi più noti, dal suo esordio con Giorni senza fame (Mondadori, 2014) a Niente si oppone alla notte (Mondadori, 2013) e Da una storia vera (Mondadori, 2016). In Le fedeltà invisibili i ricordi sono frammenti del passato al tempo stesso “luminosi, imploranti e feroci”, come li definisce la poetessa sudafricana Karen Press, e raccontano il modo in cui i protagonisti si confrontano con l’inganno della memoria cercando, nei continui tentativi di ridefinizione di sé, di non restare aggrappati a un’immagine distorta del passato che continua a sovrapporsi al presente.
alicepisu@virgilio.it
A Pisu studia letteratura francese ed è libraia
Diventare adulti è riparare le perdite e i danni subiti: l’intervista a Delphine de Vigan di Alice Pisu nel numero di luglio/agosto 2018.