Intervista di Bianca Maria Paladino a Raimondo Di Maio di Libreria Dante & Descartes editore
Che un grande editore abbia il merito di aver scommesso su un letterato, poco o molto noto, a cui venga ad un certo punto della sua vita assegnato il Nobel per la letteratura è scontato, ma che un piccolissimo editore, per giunta napoletano, sia l’unico ad aver pubblicato in Italia un libro di una poetessa americana poco conosciuta è un evento decisamente insolito. Se non conoscessimo l’editore potremmo definirlo fortunato, ma sarebbe ingiusto ed offensivo perché la sua scelta editoriale è stata, nel dicembre 2019, azzardata ma consapevole. Il 2020 è stato un anno terribile in cui il Covid ha dettato nuove regole e stravolto le nostre vite, ma ha ridato fiato ai libri e alla lettura, alle librerie; dopo anni di discorsi sulle concentrazioni editoriali omologanti le produzioni e premi Nobel prevedibili, come un Eolo dispettoso il 2020 ha involontariamente dato un’opportunità ad un libraio editore che reca nel nome ambizioso nientemeno che Dante e Descartes, anzi Dante & Descartes, cioè li associa. È per questo che abbiamo voluto conoscere meglio il suo titolare, Raimondo Di Maio, che abbiamo intervistato.
La sua Libreria Dante & Descartes, nata nel 1984, già nel 1988 ha avviato anche l’attività di editore con un libro di Dora Marra, segretaria di Benedetto Croce, dal titolo Croce bibliofilo, un testo che traccia e sintetizza il suo destino professionale. Che cosa mancava nella produzione editoriale che pensava di colmare con le sue edizioni?
Quel libro aveva una finalità benaugurante per la mia famiglia perché festeggiava la nascita del mio primo figlio, Giancarlo. Fu non solo un dono a lui, ma qualcosa in più, perché lo stampai al rigo di piombo, e ricordo quell’esperienza come un’avventura: i caratteri, il vecchio proto e le correzioni fatte a mano. Dora Marra, segretaria e bibliotecaria di Benedetto Croce, raccontava della passione e dell’amore per i libri del grande filosofo. Non potevo immaginare, allora, che tale libretto si sarebbe mescolato al destino di Giancarlo, il quale dopo anni di università e un lungo apprendistato in libreria scelse di lasciare gli studi per fare il libraio.
Napoli è una città con un’importante tradizione editoriale sia dal punto di vista della produzione sia del commercio. In un’estesa area del centro storico – che parte da via Mezzocannone e S. Biagio dei Librai e conduce a Port’Alba e piazza Dante – si concentra buona parte del mercato librario. La sua stessa libreria ha sede in via Mezzocannone e in piazza del Gesù. Naturalmente molte altre librerie importanti sono distribuite in tutta la città. Come spiega la resistenza delle librerie napoletane e le nuove aperture in città in questi ultimi anni di sofferenza del settore?
Molte librerie sono scomparse. Ricordo quelle storiche importanti: Treves di Leo Lupi in via Roma; Luciano Guida in piazza dei Martiri, tra i più grandi librai del Novecento; la Deperro in via dei Mille; Gaetano Macchiaroli libraio-editore militante, organico al partito comunista, in via Carducci; la Minerva in Ponte di Tappia con il mercuriale Rosario Wurzburger. Però, più che di resistenza parlerei di librerie superstiti, sopravvissute e ferite dai profondi cambiamenti e stravolgimenti dell’industria editoriale. L’apertura di nuove librerie indipendenti invece è un buon segno di vitalità di un settore che cerca di resistere alle logiche neoliberiste e accentratrici. Certamente a Napoli e nel Meridione c’è una grande capacità del libraio di adattarsi al mercato. Noi per esempio con la crisi economica e finanziaria e poi libraria abbiamo dovuto chiudere la filiale della libreria in via Port’Alba, in perdita verticale per la pessima conduzione e i costi sproporzionati che gravavano sulla sede principale. Questo ha implicato il sacrificio di un maggiore impegno di lavoro rispetto a prima.
Quanto è importante per un piccolo editore gestire direttamente anche una libreria?
Ulrico Hoepli diceva: «Un buon editore deve essere prima di tutto un bravo libraio». Nel nostro caso dopo alcuni anni ho deciso, anche per grande insoddisfazione rispetto a certa produzione editoriale, di provare a mettermi in gioco, pubblicando e vendendo una quota dei libri nelle nostre e altre librerie. Opere necessarie a un mercato editoriale prigioniero di logiche di facile consumo, che non offrono quel sapere capace di trasformarsi in cultura. Basta osservare come oggi l’offerta di libri, che ha ad oggetto la città di Napoli e le sue tante curiosità, sia diventata un traffico di libri pensati e progettati come effimeri gadget, più che opere di cultura.
Le librerie di remainders sono scomparse a causa delle concentrazioni nella distribuzione anche di questo segmento. Ciò non ha soddisfatto di più la domanda di libri ma, al contrario, in un contesto già di scarsa lettura, ha reso più difficile il reperimento di testi anche di recente pubblicazione. Lei ha anche un catalogo di libri di antiquariato e fuori commercio. Quando ha capito che invece poteva essere utile recuperare a nuova vita libri vecchi?
Oggi l’editoria ha perso quel connotato dell’inesauribilità di una volta. I libri sono facili da fare e portano con sé difficilmente quel nouveau che caratterizzava, fino a pochi anni fa, l’apparizione di un testo, si trattasse di un manuale o di un’opera di fantasia. Sembra si sia perso l’ingegno. Infatti basta “mettere le mani” tra i libri di qualche decennio fa per imbattersi in grande e consapevole prosa o in necessari studi imprescindibili per la formazione e la ricerca.
Le sue pubblicazioni sono piccole preziosità, testi brevi, persino in formato piccolissimo, inediti o già editi in raccolte e resi autonomi, saggi universitari che però hanno una rilevanza di varia. A che tipo di lettore rivolge la sua produzione?
Noi crediamo in un progetto editoriale di proposta contrariamente a quella produzione che si limita ad offrire quello che il lettore cerca o che si aspetta da quell’editore. La specialità della casa sono i piccoli giganti, libri di letteratura di piccolo formato che ospitano scrittori e saggisti… vedere per credere. L’ultimo pubblicato è L’angelo teppistello di Chandra Livia Candiani, una breve ma pertinente biografia. L’obiettivo del lettore arriva successivamente. La vicinanza alle università e stare nel centro antico ci permette di rivolgerci soprattutto a giovani, studenti e studiosi. Non vorremmo apparire degli snob, ma per noi ciascun lettore ha la sua storia e il suo gusto culturale. La libreria è aperta da più di 36 anni e vanta tanti clienti fedeli e affezionati, che seguono le iniziative che proponiamo – come le passeggiate letterarie lungo la “Pedamentina” di Domenico Rea; la “Napoli porosa” di Walter Benjamin; la via “Montedidio” di Erri De Luca; la zona de “il Risanamento” di Matilde Serao. Questi amici, più che clienti, assicurano una parte consistente delle vendite.
Come nascono i suoi progetti editoriali? La sua libreria è nota per essere un punto d’incontro e di accoglienza di amici intellettuali, scrittori, studiosi stanziali o anche solo di passaggio: Erri De Luca, e Roberto Saviano tra i molti.
L’ingegneria del progetto e la chimica del realizzare sono frutto di incontri fortunati e di studio delle tantissime proposte. Le nostre due librerie hanno sede nel centro storico della città, dove da sempre sono ubicate le maggiori fucine del sapere: le Università. Gli incontri fortunati sono tanti da Domenico Rea a Erri De Luca, Vincenzo Consolo e Danilo Dolci, Michele Sovente e Alda Merini, Roberto Saviano e Giuseppe Montesano, da Walter Benjamin a José Vicente Quirante Rives, Regis Jauffret, passando per Totò e Eduardo, Gombrowic e Jack London, Joseph Conrad e Gustav Herling. La collaborazione di intellettuali prodigiosi Domenico Scarpa, Matteo Palumbo, Ambrogio Borsani…
Degli ormai 300 titoli in catalogo, quali hanno rappresentato delle svolte per la maturazione del suo progetto editoriale?
Nessun libro è nato per caso tutti sono venuti fuori da una necessità del mio/nostro tempo.
Lei è l’unico editore in Italia ad aver pubblicato, già a dicembre 2019, un testo di Louise Gluck, premio Nobel per la letteratura del 2020, nella traduzione di Massimo Bacigalupo. L’ autrice era poco nota in Italia e dunque la scelta editoriale non era facile. Che cosa l’ha convinta a pubblicare Averno?
Il toponimo e la stima intellettuale e l’amicizia fraterna con il già nominato José Vicente Quirante Rives, lo spagnolo napoletano, già avvocato, filosofo e scrittore nonché editore della benemerita Editorial Parténope, che in Spagna ha pubblicato Rea, Striano, Montesano e La Capria. Qualche anno fa mi chiese se in Italia avevamo pubblicato Averno di Louise Gluck apparso in Spagna. Quando risposi che mancava lui suggerì di farlo e lo abbiamo realizzato insieme nella fortunata edizione partagèe. Naturalmente quando ho cominciato a leggere la poeta americana sono rimasto incantato.
Che cosa ha provato quando ha saputo dell’assegnazione del Nobel?
Una grande commozione e un grande senso di felicità da condividere con la poeta e con tutti gli altri. L’amico coeditore che mi ha pure chiamato alle 13.05 di quell’indimenticabile giorno della felicità, giovedì 8 ottobre 2020, con il grande traduttore Massimo Bacigalupo, con la brava curatrice editoriale Antonella Cristiani, con Giancarlo mio figlio libraio-editore e consigliere, con Vittorio Avella, lo stampatore e incisore che ha disegnato la copertina e realizzato una superba acquatinta limitata a 50 esemplari, il tipografo Sandro Barra… In quest’epoca il Premio Nobel assegnato a una poeta rappresenta il soccorso, l’antinfiammatorio alle parole mozze e violente.
Ha dichiarato di non voler cedere né le copie stampate, né diritti di questo testo, ma di volerlo vendere semplicemente ai lettori che glielo ordineranno e alle librerie, naturalmente. Non ha ceduto quindi a scopi speculativi. Alla luce anche di questa straordinaria esperienza, pensa che ci sia ancora spazio per un piccolo editore nel panorama editoriale italiano?
La felicità non si negozia e da libraio indipendente prediligo le piccole librerie. La prima richiesta dopo il conferimento del Nobel è venuta da un libraio di Sulmona, chiedeva se poteva acquistare una copia ordinata da un cliente.
La sua casa editrice concentra tutte le fasi di lavorazione, distribuzione, vendita dei libri in quante persone?
Adesso siamo tre, quattro persone in tutto e una parte di lavoro è esterna. Oltre alla fase di lettura e cura editoriale, ci occupiamo direttamente anche della distribuzione, promozione, del magazzino e della vendita naturalmente.
Pensa che il Covid sia stata un’occasione, sia pur drammatica, per riportare l’attenzione sul libro e la lettura?
Certamente c’è stato molto tempo libero. Ma ho avvertito anche un sensibile ritorno al libraio di fiducia, dopo una stagione di librai aneddotici e vendite on line che presentano i libri alla stregua dei cartellini di certe merci facili da consumare.
Nel suo futur proche (2021) c’è un grosso convegno su Domenico Rea per il centenario della nascita. Di questo autore ha già ripubblicato Pensieri della notte e per l’occasione ripubblicherà Le due Napoli, un racconto-saggio importante al quale non sembra essere stata data tutta l’attenzione che merita, come peraltro è accaduto per l’intera produzione letteraria di Rea. Insomma nuovi progetti incombono. Come definirebbe oggi la sua esperienza editorial-libraria?
Per il convegno ho il grande privilegio di far parte del comitato per onorare il centenario del grande ed inesauribile scrittore Domenico Rea e sto lavorando ad una comunicazione dal titolo “Domenico Rea editore di sé stesso”. Quanto alla mia esperienza, un poeta ha scritto: “giunge chi non è mai partito”, è un po’ così per me. Spero però di migliorare quanto c’è da migliorare e, insieme a Giancarlo e i tanti amici, riuscire a scrutare l’orizzonte futuro.