Sassolini che splendono come diamanti
Intervista realizzata da Libri Calzelunghe a cura di Virginia Stefanini
L’edizione 2017 della Bologna Children’s Book Fair è stata come sempre l’occasione per scoprire le opere ancora inedite in Italia di artisti internazionali attraverso incontri e mostre (in particolar modo dedicate all’illustrazione) e per presentare nuovi progetti editoriali per l’infanzia. Solo una piccola parte delle pubblicazioni italiane per ragazzi sono a tutt’oggi incentrate sul fumetto, e per questo il neonato progetto Canicola bambini ha subito attirato la nostra attenzione.
La collana “Dino Buzzati” del piccolo editore bolognese Canicola apre i battenti con due originali fumetti per bambini, Hansel e Gretel di Sophia Martineck e La mela mascherata di Martoz, realizzati da autori al loro primo incontro con il pubblico dei più giovani. La sfida, secondo quanto dichiarato dall’editrice Liliana Cupido in una recente intervista, è “coinvolgere principalmente autori ‘per adulti’ la cui capacità visionaria possa misurarsi con la narrazione per l’infanzia, generando suggestioni uniche e punti di vista sul mondo in direzione di una complessità interpretativa senza stereotipi o banalizzazioni”.
L’illustratrice tedesca Sophia Martineck ha raccolto la sfida prestando il suo stile graffiante e meticoloso alla reinterpretazione di una fiaba classica. I fumetti di Martineck (per lo più storie brevi inserite all’interno di antologie e progetti collettivi) e le sue illustrazioni, realizzate per riviste internazionali o nate per accompagnare testi d’autore, sono accomunati da uno stile dall’apparente immediatezza e semplicità. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda il tratteggio delle figure umane, che nasconde in realtà una composizione rigorosa che si serve di linee, forme e colori per creare scenari brulicanti di vita.
Il pubblico ha potuto seguire una strada di sassolini splendenti e incontrare l’autrice in occasione dell’apertura della mostra allestita presso i locali del MAMBo, museo di arte moderna contemporanea di Bologna dal 2 aprile al 5 maggio. Libri Calzelunghe ha incontrato Sophia Martineck in fiera allo stand di Canicola: grazie alla preziosa traduzione di Soledad Ugolinelli le abbiamo posto qualche domanda sul suo recente lavoro.
Hai scelto tu di adattare a fumetti la fiaba di Hansel e Gretel?
È stato l’editore Canicola a propormi questa storia, per raccontare gli aspetti difficili dell’infanzia e mostrare che i bambini possono aiutarsi da soli. Il messaggio in Hansel e Gretel è come una sferzata di coraggio. Se anche viviamo in un mondo super moderno, paure e solitudine colpiscono comunque i bambini.
Questo è il tuo primo libro a fumetti per bambini. È stato difficile per te cambiare prospettiva rispetto ai tuoi precedenti lavori?
L’idea fin dall’inizio è stata di realizzare un libro per bambini, ma non mi era chiaro come avrei potuto trasformare il mio punto di vista. Allora sono partita dal testo primordiale, dalla versione del 1858 dei fratelli Grimm, e mi sono lasciata influenzare da quell’unico racconto originale cercando di ascoltare quali immagini mi suscitasse. Dopo di che la trasposizione in fumetto è stata spontanea.
In una passata intervista hai dichiarato: “Le mie storie accadono sempre nel mondo reale”. In che modo la realtà entra in contatto con il fiabesco?
Inizialmente mi sono posta la grandissima domanda su come sarebbero stati questi personaggi e soprattutto quale sarebbe stata l’ambientazione nella quale avrebbero vissuto. Nella versione originale della fiaba, dopo che i bambini vengono abbandonati nel bosco e che hanno seminato le molliche di pane, che poi gli uccellini mangeranno, c’è una frase che, tradotta in italiano, recita: “A quel punto entrarono nel mondo fatato”. In quel momento ho capito di dover operare una scissione fra il mondo della strega, quello della casa di panpepato, e quello visitato precedentemente. Ho capito che questi due mondi dovevano essere divisi e che ci doveva essere un passaggio netto.
All’inizio del libro Hansel e Gretel vivono proprio del mondo reale, ci sono tanti dettagli molto quotidiani: i mobili della cucina di casa, i bambini con lo zainetto e le felpe col cappuccio…
La cosa per me importante era dare l’idea che i bambini entrassero nel mondo fatato dal primo momento in cui incontrano la strega. Un mondo particolarmente allettante, caldo e colorato, che i bambini dovevano avere davvero voglia di “mordere” (infatti c’è un cambio di colori molto forte). Nel momento in cui il mondo fatato diventa minaccioso, ecco che gli elementi reali rientrano in scena: anche la strega ha la cucina economica che abbiamo già visto in casa di Hansel e Gretel, e deve tagliare le patate e le verdure. È la banalità della vita quotidiana che rientra nella fiaba e diventa minacciosa.
Spesso si dice che il senso della narrazione a fumetti sia nello spazio bianco fra le vignette e nella relazione che si crea nel passaggio fra l’una e l’altra. Nel tuo fumetto di bianco ce n’è pochissimo, sia intorno che all’interno delle vignette; tutte le inquadrature sono fitte di dettagli, forme e colori. Il risultato è un’atmosfera molto avvolgente, il ritmo della lettura lo si deduce dall’insieme della tavola, cogliendo le forme delle figure, la diversa grandezza delle vignette, l’alternanza delle inquadrature. Questo è il tuo modo tipico di lavorare sul fumetto, hai mai cercato altri tipi di ritmi?
A me interessa trasmettere immediatamente attraverso le immagini l’atmosfera e le sensazioni provate dai personaggi e per questo sfrutto al massimo lo spazio che ho a disposizione. Voglio far capire in ogni singola immagine che i bambini patiscono la fame, hanno freddo, si sentono abbandonati, che hanno un determinato problema. Per ritornare all’approccio e al punto di vista dei bambini, mi ricordo che quando ero io bambina osservavo le illustrazioni con particolare attenzione e mi arrabbiavo quando vedevo dei libri illustrati illogici nei loro contenuti. Per esempio, in Hansel e Gretel la casetta di panpepato della strega non puoi disegnarla troppo piccola, perché all’interno ci devono abitare delle persone; oppure le tasche dei pantaloni di Hansel, che lui riempie di sassi per lasciare traccia del percorso che devono fare a ritroso, devono essere abbastanza grandi, altrimenti le pietre non ci stanno. Memore di questa esperienza, ho cercato di reinserire una certa logica “realistica” all’interno della mia storia, per non irritare la bambina che sono stata!
Visitando la mostra dedicata al tuo libro, ho potuto vedere le tavole originali a matita di Hansel e Gretel, sui quali poi tu applichi la colorazione in digitale. L’effetto è molto oscuro e suggestivo. Utilizzi sempre questa tecnica?
Tutte le mie tavole originali sono in bianco e nero. Mi piace lavorare a due livelli: prima c’è la composizione vera e propria dei contenuti e poi l’aggiunta del colore. Le immagini funzionano già in bianco e nero, questo mi permette di giocare meglio con i chiaroscuri; solo successivamente l’aggiunta del colore mi consente di sottolineare o accentuare alcune parti.
Se dovessi realizzare un altro fumetto per bambini, torneresti alle tematiche realistiche proprie dei tuoi altri lavori?
Sicuramente tornerei a raccontare il reale, benché le fiabe abbiano la particolarità di miscelare gli elementi fantastici con quelli reali. Non a caso si tratta di storie raccontate da tantissimo tempo, con le quali riusciamo a immedesimarci perché le comprendiamo molto bene. La cosa importante per me, se dovessi decidere di rivolgermi ancora ai bambini, sarebbe creare personaggi con cui loro possano identificarsi: non importa che vivano nel mondo fantastico o in quello reale. In fondo Hansel e Gretel è una fiaba, la strega è una metafora, ma la loro è una storia che viviamo nella nostra vita quotidiana anche se in chiave completamente diversa.
Di recente hai realizzato il ritratto di Jane Austen per Storie della buonanotte per ragazze ribelli, un libro di cui si sta molto parlando qui in Italia. Pensando ai ruoli di genere, per molto tempo il fumetto è stato considerato un settore “di e per maschi” (vedi anche la polemica sulle candidature al Grand Prix di Angoulême del 2016) ma oggi le cose stanno un po’ cambiando: che ne pensi?
Le cose stanno cambiando ma solo nella misura in cui sono le donne ad autopromuovere il loro lavoro. Io stessa faccio parte di un collettivo che si chiama Spring!, che è l’imperativo del verbo saltare, che è stato fondato nel 2004 (io sono entrata più tardi). Si tratta di un gruppo di fumettiste attive fra Berlino e Amburgo che si occupa di proporre fumetti realizzati solo da donne. E questo proprio per far sentire la propria voce. La situazione in Germania non è diversa da quella del resto del mondo e me ne sono accorta proprio partecipando al progetto Storie della buonanotte per ragazze ribelli: ho ricevuto tantissimi feedback di donne entusiaste di questo progetto totalmente al femminile. Sono convinta che conti poco arrabbiarsi e criticare se un ambiente è prettamente maschilista se contemporaneamente non metti mano al tuo lavoro e promuovi la voce al femminile.
Domanda immancabile e rituale per ogni autore per ragazzi: che libri amavi quando eri una bambina?
Pippi Calzelunghe, perché era una ragazza ribelle! Poi un altro libro illustrato che ho amato è un libro che all’epoca era un classico della repubblica democratica tedesca e oggi è diventato un classico in tutta la Germania: Humbug ist eine Bahnstation (Humbug non è una stazione ferroviaria). È una raccolta di poesie per bambini illustrate da Gisela Neumann [l’illustratrice della Germania dell’est è stata un po’ dimenticata: si fa fatica a trovare immagini dei suoi libri su internet, anche se molti autori, come fa l’illustratore Blexbolex in questa intervista, la citano fra le loro preferite, n.d.a], un’autrice che utilizzava uno stile molto essenziale, quasi tremolante, quando disegnava questi personaggi molto strambi, che io trovavo pazzeschi: innanzitutto perché non proponeva una visione edulcorata e classica tipica dei libri per l’infanzia e poi perché era un mondo così bizzarro che mi pareva fantastico.
Hai iniziato a disegnare copiando dai tuoi illustratori preferiti?
Devo dire la verità, mi sono avvicinata all’illustrazione solo durante gli studi universitari. Avevo fatto richiesta per studiare fotografia e solo successivamente mi sono resa conto che l’illustrazione poteva essere un mestiere. Inizialmente il mio è stato un approccio intuitivo alle diverse tecniche: ho provato incisione, acquaforte, disegno a matita, disegno al computer. Ho cercato di trovare una mia strada, lasciandomi influenzare non tanto da singoli illustratori, quanto dal linguaggio visivo delle immagini, che recepivo intuitivamente e integravo nel mio lavoro. Solo quando sono diventata un’illustratrice ho scoperto una serie di autori che oggi sono i miei modelli e i miei maestri e che non sono gli stessi di quando ero bambina.
Hansel e Gretel di Sophia Martineck, Canicola edizioni, è in libreria da aprile 2017. Per saperne di più sull’autrice, visitate il suo sito e leggete questa interessante intervista su AIGA Eye on design (in inglese).