Tenere d’occhio il mondo
di Cristina Di Maio
Grace Paley
TUTTI I RACCONTI
ed. orig. 1994, trad. dall’inglese di Isabella Zani,
pp. 516, € 24,
Sur, Roma 2018
“Figliolo, devo anche avvisarti che una manica di folli intende distruggere questo splendido pianeta. Che l’assassinio dei nostri figli per mano di questa gente deve diventare per te un terrore e una pena che, a partire da subito, farà meglio a interferire con qualunque gioia quotidiana”. Queste parole non sono l’ennesima, perentoria chiamata all’azione della sedicenne Greta Thunberg che ci impone di sventare un’apocalisse climatica, bensì quelle dell’attempata protagonista di Ansia, uno dei racconti di Grace Paley (1922-2007), recentemente ripubblicati nella collana “BigSur”, nella nuova audace traduzione di Isabella Zani. In Ansia, la protagonista senza nome (ma immediatamente riconducibile a Faith, figura centrale attorno a cui si snoda un ciclo che la vede protagonista di ben quindici dei quarantacinque racconti di Paley) è una signora dai capelli grigi affacciata alla finestra, che ammonisce, analizza e istruisce un giovane padre su come sia meglio comportarsi con la propria figlia piccola. Come si permette? Ha dalla sua l’età e una bella faccia tosta (“Giovanotto, sono una persona anziana che perciò si sente in diritto di fare domande e dare consigli”), ma soprattutto una visione d’insieme data dalla profonda consapevolezza delle dinamiche di potere a livello locale e globale.
Una consapevolezza che, tanto per Faith quanto per le altre protagoniste dramatis personae dell’autrice stessa, si è sviluppata in decenni di discorsi in comitati di quartiere, assemblee di rappresentanti dei genitori, parchi pubblici, strade, convegni internazionali. Quei discorsi, quotidiani e fondamentali, Paley li condensa in una lingua assolutamente originale in cui oralità e scrittura, alto e basso, pubblico e privato si contaminano, fluendo l’uno nell’altra con naturalezza. I decenni di intenso attivismo politico che danno origine alle conversazioni che sono l’oggetto e la forma della scrittura di Grace Paley hanno fatto sì che lei sia stata un’autrice non di romanzi, bensì di tre raccolte di racconti pubblicate a partire dal 1959, e tre raccolte di poesie: semplicemente, il tempo non era mai abbastanza, c’era così tanto da fare, discutere, tratteggiare, e la sua lingua corposa era così perfetta per incorniciare la vita nei folgoranti schizzi che comprendono la sua produzione letteraria.
E assieme al tema dell’attivismo è proprio il bisogno di comunicare, raccontarsi, finanche litigare, che fa da contrappunto e da ossessione soggiacente alla prosa di Paley: i suoi personaggi (più frequentemente, ma non unicamente, i personaggi femminili, che si scelgono l’un l’altra come referenti privilegiate per i propri dubbi e le proprie confidenze) riconoscono la narrazione e l’ascolto reciproco come uno strumento irrinunciabile per abitare se stesse e il mondo, e possibilmente, per cambiarlo. Da sempre “prematuramente sessantottina”, come lei stessa ammette, Paley è infatti fermamente convinta che l’intenzione di cambiare la società non sia una questione privata, e non possa quindi corrispondere a un monologo interiore; pertanto, nei suoi racconti si moltiplicano dialoghi indispensabili (facili e meno facili, su questioni triviali e di ampio respiro), che hanno l’obiettivo di creare una comunità polifonica, solida e solidale. In Volere e non volere, una risoluta protagonista dichiara, alla fine del racconto: “se arriva una persona o un fatto a scuotermi o a valutarmi io ce la faccio, a prendere l’iniziativa come si deve, benché sia più nota per i miei commenti gioviali”: il senso ultimo dei gioviali racconti di Paley è un dialogo performativo che scuota e valuti il lettore, che lo pungoli e lo spinga ad ascoltare un messaggio talvolta spiazzante o spiacevole, altre volte ironico o positivo, ma mai fine a se stesso.
Greta Thunberg ha recentemente dichiarato, rivolgendosi ai potenti del mondo, di non voler suscitare in loro speranza, ma panico, e di pretendere sull’onda di quel panico una reazione-azione concreta; la stessa Greta Thunberg è stata anche definita una Cassandra contemporanea. Grace Paley aveva parecchi anni in più quando negli ultimi versi della sua poesia Responsabilità, scriveva “È responsabilità del poeta essere donna / tenere d’occhio il mondo, gridare come Cassandra, ma per essere / ascoltata questa volta”; queste due donne, una grande e una piccola, diverse eppure simili, paiono unite tanto dall’appellativo leggendario quanto dalla forza performativa del messaggio che propongono e in un certo senso impongono. Scavalcando decenni e oceani, i racconti di Paley colpiscono il lettore con la schiettezza di un’istanza che pretende ascolto, attenzione, coinvolgimento e, non ultima, azione.
dimaiocristina@gmail.com
C. Di Maio è dottoranda in studi linguistici, filologici e letterari all’Università di Macerata