Daniele Rielli – Odio

recensione di Matteo Moca

Daniele Rielli
Odio
pp. 520, € 20
Mondadori, Milano, 2020

Se prestiamo attenzione a molte situazioni che viviamo, e senza alcun desiderio di mistificare il reale, non sarà difficile notare l’invadenza dell’odio, nella vita in carne e ossa e in quella digitale (immaginando che ancora esista una distinzione netta tra le due). Eppure non si tratta di un fatto nuovo nella storia dell’uomo, oggi forse ancor più esacerbato dal mondo dei social, ma presente da sempre: basti pensare alle pagine che René Girard dedica alla nascita delle società primitive, basate tanto sul desiderio mimetico quanto sulla ricerca di un capro espiatorio su cui riversare l’odio e rendere così possibile il progresso dei gruppi sociali. Il nuovo romanzo di Daniele Rielli, ex Quit The Doner, si intitola Odio e nelle stesse parole dello scrittore è debitore, almeno in parte, alle teorie di Girard: ciò che però il romanzo fa, e in questo senso rappresenta un libro unico, è analizzare e descrivere quanto questo sentimento abiti le esistenze più comuni e quanto sia difficile farne a meno, nonostante sia un modo tutt’altro che felice per vivere, un paradosso doloroso che Rielli non pensa neanche per un momento di edulcorare. Odio è un romanzo coraggioso in cui Rielli sembra mostrare come una matrice arcaica e tribale continui a imperversare nella mentalità di ogni uomo, ma lo fa non solo descrivendo un presente in cui è fin troppo facile notare il movimento di questi meccanismi (le sparate sui social su obiettivi continuamente diversi cosa sono se non il desiderio di trovare qualcuno a cui addossare la colpa per qualcosa che non piace o non funziona per noi?), ma tratteggiando anche la strada che ci ha portati a questo punto e immaginando uno scenario futuro tutt’altro che velleitario.

Il romanzo segue le vicende di Marco De Sanctis, un imprenditore che ha creato, prendendo le redini di un’idea del suo mentore Giovanni Taddei, «pioniere della rete nostrana», un’azienda che si occupa di big data, BEFORE, in grado di processare tutte le informazioni dei potenziali consumatori e quindi di prevedere con estrema precisione il loro comportamento. BEFORE è un software che ha il suo «focus aziendale sul predittivo in senso ampio» e così, partendo dal riuscire a recapitare cibo a destinazione in tempi sempre più stretti localizzando le richieste, inizia a raccogliere quantità immense di dati elaborando predizioni sul futuro sempre più precise, arrivando a conoscere le intenzioni degli uomini con più accuratezza che il cervello dell’uomo stesso. Sotto la forma di un braccialetto trendy e maneggevole, BEFORE è in realtà uno strumento capace di governare il mondo: «vendevamo quotidianamente risk assessment a diverse multinazionali petrolifere, a cui tornava utile sapere cosa bolliva in pentola in Nigeria o in Venezuela. Se si paventava un maxisciopero o a qualche gruppo d’influenza passava per la testa un’idea, anche solo abbozzata, di colpo di Stato, c’erano ottime probabilità che tutto questo non sfuggisse alla nostra analisi automatizzata delle fonti aperte. Insomma, facevamo previsioni su qualsiasi attività permettesse la creazione di una marginalità commerciale, ma per la maggior parte delle persone saremmo sempre rimasti quelli che facevano arrivare a casa la pizza ancora calda».

A un certo punto del romanzo questo oggetto viene definito come un sacro Graal, «il libro aperto sul sé che poeti e scrittori cercano da sempre»: nell’immagine del Graal sta probabilmente molto più che una semplice suggestione. La mitica coppa contenente il sangue di Cristo, nell’analisi che ne fa Jessie L. Weston (anche lei muovendo da Il ramo d’oro di Frazer, altra ispirazione di Rielli) nel suo prezioso Indagine sul Santo Graal (Sellerio), rappresenterebbe in realtà il punto di unione tra il cristianesimo e i misteri pagani e arcaici, e dunque tra la società occidentale nascente e le forze primigenie e arcaiche che non possono essere scomparse all’improvviso, modificandosi invece per adattarsi alla nuova società. Ecco che si può riconoscere così lo stesso schema descritto da Rielli, ovvero il legame tra la nostra società, al crepuscolo verrebbe da definirla leggendo il libro, e i meccanismi tribali del capro espiatorio, perché ciò che un software come BEFORE può fare non è difficile da immaginare, coinvolgendo nel romanzo in maniera diretta le persone che esercitano il potere e da questo sono ghermiti (Marco De Sanctis lavora a stretto contatto con il mondo della politica per esempio). BEFORE infatti è in grado di rivelare le aspirazioni e i desideri più profondi di ogni uomo, ignorando bellamente le funzioni accomodatrici del super-ego freudiano: non c’è mediazione tra il pensiero e quello che lo strumento registra e dunque emerge il cuore oscuro degli esseri umani, con tutte le conseguenze che questo meccanismo può generare.

Ma proprio quando è tutto pronto per il lancio, un fantasma del passato di Marco De Sanctis torna a prendere consistenza e a dare un nuova piega alla vicenda, l’accusa di omicidio di una giovane ragazza quando aveva ventitré anni che si risolse quando fu condannato per quel gesto un albanese. Una storia poco chiara in cui i giornali sguazzano, immaginando corruzione e insistenze per la libertà di Marco, ma soprattutto l’occasione per Rielli per costruire analiticamente i procedimenti di generazione dell’odio verso l’altro, ancora una volta la creazione di un capro espiatorio: «Possiamo anche fare gli ironici ti dico, i superiori, ma come lo spieghi a un bambino che cresce e vede che l’insulto è senza conseguenze, che il merito non conta un cazzo, tantomeno il lavoro, il farsi il culo, l’appassionarsi a un progetto, il sapere qualcosa. No, solo l’odio, la superficialità, nessun senso di giustizia. Tutto livellato, tutto inutile, tutti dei piccoli inquisitori il cui scopo nella vita non è crescere ma tirare tutti giù nella polvere con loro».

Il libro di Rielli non deve però essere letto come l’ennesimo monito sui rischi che una degenerazione del digitale può provocare, semplicemente perché i big data sono già la nuova fonte di ricchezza degli stati, il nuovo petrolio, assolutamente intangibile ma molto redditizio, e dunque sarebbe forse sciocco pensare di poter tornare indietro. Odio è in realtà un romanzo duro («I libri andrebbero scritti unicamente per dire cose che non si oserebbe confidare a nessuno» recita una citazione di Cioran riportata in esergo da Rielli e c’è da dire che questo suo libro aderisce in pieno al significato della frase dello scrittore romeno) che descrive il mondo in cui viviamo. In Collasso Nick Land, esponente del gruppo di filosofia dell’Università di Warwick CCRU, racconta come il mondo digitale che viviamo venga mosso dalla forza degli algoritmi generando uno spostamento e una mutazione delle categorie con le quali siamo soliti leggere il mondo: Odio è uno dei primi romanzi sugli algoritmi, è il racconto del superamento della logica binaria uomo-macchina oggi che quest’ultima ha già avuto la meglio, che pure in una cornice letteraria tecnicamente perfetta (è il protagonista a raccontare gli eventi in una sorta di memoriale), non cede nulla dal punto di vista teorico, spaventandoci perché la storia di BEFORE è, forse, già realtà.