recensione di Franca Cavagnoli
Stefano Arduini
Con gli occhi dell’altro
Tradurre
€ 18, pp. 205
Jaca Book, 2020
In un breve scritto del 1915, Caducità, Freud scrive di Rilke: “Il poeta ammirava la bellezza della natura intorno a noi ma non ne traeva gioia. Lo turbava il pensiero che tutta quella bellezza era destinata a perire, che col sopraggiungere dell’inverno sarebbe scomparsa: come del resto ogni bellezza umana, come tutto ciò che di bello e nobile gli uomini hanno creato o potranno creare”. Rilke non sapeva elaborare il lutto della perdita. A questo tema, e alla necessità di “compiere un lavoro sul lutto”, Stefano Arduini dedica pagine di grande intelligenza nel suo saggio Con gli occhi dell’altro, ponendo al centro della riflessione, oltre a Caducità, un altro saggio di Freud, Lutto e melanconia, e così pure i saggi sulla traduzione di Paul Ricoeur. La creatività si libera solo quando si è compiuto il travaglio del lutto, nella vita come nella traduzione: solo la consapevolezza – e dunque l’accettazione – della perdita inevitabile fra il testo originario e il testo tradotto rende possibile il farsi della traduzione. In dieci capitoli – alcuni dei quali hanno titoli assai evocativi: Verità, Inganno, Amore, Bellezza – il libro esplora un’idea forte, quella della traduzione come storia concettuale. L’ipotesi di fondo è che la traduzione crea e innova il nostro modo di vedere le cose, perché tradurre crea concetti: l’incontro fra due mondi e due universi concettuali produce qualcosa di nuovo, di non prevedibile. Nel suo creare concetti che, se non si traducesse, non esisterebbero, la traduzione diventa allora una sorta di filosofia incarnata. La conseguenza di questa prospettiva è che i concetti non possono viaggiare da una lingua a un’altra, e da una cultura all’altra, rimanendo inalterati: le culture non sono un patrimonio immutabile che si può ricostruire attraverso un’indagine storico-filologica, bensì un insieme di potenzialità che sono continuamente riattualizzate. Secondo Arduini, si potrebbe giungere a dire che in Occidente la storia della cultura è stata caratterizzata da invenzioni dovute alla traduzione.
Tradurre, dunque, trascende la questione meramente linguistica per andare al cuore di un rapporto, quello tra la nostra identità e l’alterità: è la prova che l’incommensurabile lontananza dell’altro si può trasformare in desiderio di relazione, può divenire il luogo in cui i conflitti si possono accogliere, in cui le culture non si scontrano ma vengono ospitate, come suggerisce Ricoeur. E nell’atto concreto dell’ospitalità l’incomprensibile dell’altro può essere accolto come una ricchezza in più. Per Arduini l’altro non è “l’altra lingua” bensì l’alterità prodotta dal soggetto nel rapporto con il testo, e nel suo saggio si sottolineano quattro modalità specifiche di relazione: rifiuto, amicizia, annessione e adeguamento. Parlare apertamente di amicizia, la modalità scelta da Arduini, va ben oltre la lealtà che già, almeno in Italia, ha sostituito il vetusto concetto di fedeltà. L’amicizia mette in gioco nell’intimo chi traduce, lo impegna nel suo rapporto con il testo e con l’altro che lo ha scritto. E i concetti di accoglienza e amicizia sono possibili solo se si riconosce l’impossibilità di ricondurre l’altro a sé, poiché l’altro abita un’alterità assoluta.
L’ultimo capitolo è dedicato all’intraducibile, una parola che, per Arduini, significa traducibile all’infinito e non impossibile a tradursi. Qualcosa che rimanda, dunque, a ciò che “non si cessa di (non) tradurre” e che ci porta verso l’altrove, in perenne transito, verso l’ignoto. Questa accettazione dell’irrisolto, dell’incompiuto, questa sfida che si lancia a sé stessi, su cui si chiude il libro, è un pensiero fortemente educativo, etico. Oltre a essere ben documentato e a inquadrare il discorso sul tradurre dandogli un orizzonte ampio e culturalmente rilevante, un aspetto interessante di questo libro è infine quello di essere di una esemplare chiarezza espositiva, il che fa di Con gli occhi dell’altro un libro molto piacevole da leggere – un libro che dice molto sulla vita, sull’amicizia e sull’amore, e non solo sulla traduzione.