Daniel Mendelsohn – Estasi e terrore

Spingerci a guardare fuori

di Alessandro Iannucci

Daniel Mendelsohn
Estasi e terrore
Dai greci a Mad Men
trad. dall’inglese di Norman Gobetti,
pp. 408, € 22,
Einaudi, Torino 2024

Il giovane Mendelsohn, conseguito il dottorato ma insoddisfatto dei modi accademici di trattare i classici con un “gergo grottescamente astruso” e “urticanti manierismi teoretici”, si trasferisce al centro della scena, in un monolocale di New York, e inizia a dedicarsi a tempo pieno alla carriera di scrittore free-lance sulle pagine del “New Yorker” e della “New York Review of Books” da cui sono tratti buona parte dei saggi raccolti in questo libro, brillante e di piacevole lettura: un omaggio al pubblico italiano in cui l’autore riesce a spiegarsi ricostruendo una personalissima “mappa di un viaggio intellettuale” che vede i classici protagonisti, evocati per spingerci ad amarli e capirli in una singolare “impollinazione incrociata” con la cultura popolare.

Fare lo scrittore significava – nelle aspirazioni giovanili – “fare il critico”, la cui attività “creativa” è un “genere letterario a sé stante”, ben diversa rispetto alla “sciatteria” e alla “falsità” della “scrittura personale” oggi esplosa nel web, e che trova sintesi nell’equazione “competenza + giudizio = giudizio significativo”; e Mendelsohn diventa scrittore attraverso il continuo apprendistato con i critici, capaci di formulare giudizi autorevoli perché fondati sulla competenza e sul gusto e letti avidamente su quelle stesse riviste delle élite newyorkesi su cui finirà per pubblicare, come qui ricordato nel programmatico Il manifesto di un critico.

Un capitolo significativo nella sua formazione è l’intenso, per quanto rado, scambio epistolare con Mary Renault cui confida una vocazione nata con la lettura dei suoi romanzi ambientati nella Grecia classica, in particolare la trilogia su Alessandro Magno, in cui ritrova le proprie “ossessioni – l’antica Grecia e i ragazzi”. La breve storia di questo dialogo a distanza è anche un profilo critico attento della famosa scrittrice che esortava il “giovane ragazzo americano” a continuare “a provare piacere nello scrivere”, e gli consigliava di leggere, “l’unico modo per imparare a scrivere”.

Questi due saggi sono la chiave di lettura dell’intero libro in cui Mendelsohn raccoglie i suoi giudizi su opere letterarie, classiche e moderne, teatrali e cinematografiche, formulati con la sensibilità di un cultore di testi classici, capace quindi di mettere in movimento e in frizione con il presente gli autori su cui a lungo ha esercitato, anche come docente, la propria arte di lettore e interprete competente. E in questo modo, con grazia e leggerezza, senza la presunzione professorale degli specialisti delle varie discipline che pretendono di spiegare il significato ultimo di un romanzo o di un film, o sciogliere con sintesi definitive i nodi della contemporaneità, dalle questioni di genere alla cancel culture, Mendelsohn, con l’eleganza del “dilettante” capace di trarre “piacere” dalle proprie letture e scritture, secondo il consiglio di Renault, suggerisce invece visioni profonde e mai unilaterali. Con particolare delicatezza, per esempio, interviene su una questione ancora bruciante come l’11 settembre. Nel riferire, senza esibizione autobiografica, la sua esperienza personale (guidando verso Lower Manatthan alle 8:45 gli comparve davanti “una gigantesca palla di fuoco di un arancione intenso, poi grossi pennacchi di un denso fumo nero”) Mendelsohn vira subito sulla critica, e mette in relazione una tragedia esteticamente riuscita – fino a quel momento non ancora compresa, i Persiani di Eschilo – e due film che descrivono quell’evento con le forme del true crime televisivo, World Trade Center e United 93, piuttosto che con una rappresentazione in grado di “aprire finestre” e innescare il pensiero e la riflessione morale, limitandosi a suscitare un’ovvia reazione di sgomento e orrore – come avviene in una tragedia greca fallimentare, La presa di Mileto di Frinico di cui resta poco più di un frammento. Aprire le finestre e spingerci a guardare fuori, questo è in fondo il mestiere del critico e dello scrittore: non alzare cortine di fumo intorno all’oggetto del proprio discorrere – rendendolo così torbido e confuso, incomprensibile e inutile – ma dispiegarne contenuti e relazioni e attribuirvi quindi valore e significatività.

Tra gli esempi che certo non bastano a sintetizzare la ricchezza del libro si segnalano: Saffo e i modi in cui le diverse culture e pregiudizi han determinato l’interpretazione dei testi e gli espliciti riferimenti omoerotici a lungo minimizzati; le mistificazioni rivolte a giustificare e nobilitare, attraverso i classici, gli schemi politici e ideologici della presidenza Bush durante la Guerra in Iraq; l’Antigone per spiegare la vicenda della salma di Tsarnaev, l’attentatore della maratona di Boston, che nessun cimitero voleva o poteva accogliere; le Metamorfosi, in una nuova edizione considerata come una risposta al tentativo da parte di un gruppo di studenti della Columbia University di “esiliare” di nuovo Ovidio, per via degli stupri che vi sono descritti, così come Augusto l’aveva esiliato per il tono e i temi irriverenti della sua opera rispetto al conformismo morale e ideologico imposto dal nascente impero. E ancora: i poemi omerici del ciclo chiamati in causa, alla luce del giudizio negativo di Aristotele, per mettere a nudo la pochezza narrativa di un film come Troy e, analogamente, le ragioni che rendono “lungo, pacchiano e stranamente vacuo” l’Alexander di Stone.

Chi leggerà il libro scoprirà con piacere altri squarci di pensiero critico in cui i classici, preziosi ma non ingombranti, sono costantemente presenti come archetipi e lenti di ingrandimento utili per commentare e interpretare altri romanzi, film e serie tv (Almodovar, il Titanic, Mad Men, Forster) che non ci saremmo aspettati di ritrovare nelle pagine di un classicista e a cui saremo indotti a tornare, grazie alle sue suggestioni.

alessandro.iannucci@unibo.it
A. Iannucci insegna lingua e letteratura greca all’Università di Bologna