Ossessionato dai soffietti
di Luca Baranelli
dal numero di maggio 2017
Luca Baranelli parlerà di Italo Calvino e i libri degli altri al Circolo dei lettori di Torino venerdì 5 maggio alle ore 18. Quella che pubblichiamo è un’anticipazione del suo intervento. Insieme a lui Nicola Lagioia parlerà del lavoro editoriale oggi. Mario Baudino farà da moderatore.
Il 1947 è per Calvino un anno cruciale. Dopo le drammatiche esperienze della guerra e della Resistenza vissute in prima persona è ormai un giovane consapevole e maturo. Inizia un rapporto con la casa Einaudi nella duplice veste di redattore e di autore. In una lettera a Giolitti del 17 ottobre Pavese scrive che il “giovane Calvino” è entrato in casa editrice. In realtà quest’ingresso risale alla primavera, quando aveva iniziato un lavoro redazionale riguardante soprattutto un “Bollettino di informazioni culturali”, che a partire dal n. 1 del 23 aprile annuncia, promuove e commenta le novità Einaudi. Saranno in tutto sedici numeri, l’ultimo dei quali è datato 23 marzo 1948. In ottobre esce Il sentiero dei nidi di ragno, fortemente voluto da Pavese. Il 6 novembre, infine, Calvino si laurea in lettere a Torino (relatore il professor Federico Olivero) con una tesi su Joseph Conrad e il punteggio di 103 su 110.
Non so se l’idea del “Bollettino” fosse di Einaudi, di Pavese o di Calvino stesso. Ma in quelle poche pagine battute a macchina e ciclostilate – la cui serie è stata in buona parte recuperata dalle ricerche d’archivio di Tommaso Munari – il giovane Calvino non si accontenta mai di semplici slogan pubblicitari da ufficio stampa. Nel n. 4, primavera 1947, ad esempio, si può leggere una breve nota informativa anonima su La linea d’ombra di Conrad, appena tradotto da Einaudi: “È uscito uno dei più bei romanzi di Conrad: La linea d’ombra (…). Il romanzo Vittoria è uscito in italiano presso l’editore Speroni e di Lord Jim l’editore Einaudi ci darà fra poco una traduzione curata da Italo Calvino”. Nello stesso numero firma un pezzo su Hemingway e il cinema. Nel n. 13 del 10 gennaio 1948, uno dei più ricchi della serie, sotto lo pseudonimo di Enea Traverso, descrive dettagliatamente la Vita segreta di una casa editrice: uffici, mansioni, collane, redattori: oltre a Giulio Einaudi e Oreste Molina (“un giovanotto smilzo che cura il lavoro tipografico della Casa”), Cesare Pavese, Natalia Ginzburg, Felice Balbo, Paolo Serini. Verso la fine, in una scherzosa mise en abyme si legge: “Ultimo ufficio quello dei servizi di stampa, dove Italo Calvino emerge da un mare di ritagli dell’Eco della stampa e si dichiara preoccupatissimo perché deve trovare in giornata un ‘soffietto’ per la ‘fascetta’ di un libro che sta per uscire. I ‘soffietti’ sono la sua ossessione, ci confessa: ogni volta che gli viene in mente l’idea di un romanzo, pensa per prima cosa al ‘soffietto’ che potrebbe andar bene e l’idea gli sfugge”.
Nel maggio 1948 Calvino lascia la redazione Einaudi per lavorare alla terza pagina dell’“Unità” torinese. Nel settembre 1949, tornato stabilmente in casa editrice, comincia a occuparsi della serie letteraria della “Pbs-l”, una collana economica su cui Einaudi punta molto: oltre alle attività strettamente redazionali di revisione e cura dei testi, scrive più di trenta “Note prefazionali”. Sono brevi presentazioni anonime per i drammi e le commedie di Shakespeare, le opere di Puškin, Dickens, Conrad, Kipling, Zola, Brecht, ma anche di autori ormai quasi dimenticati come Renata Viganò, Francesco Jovine, Silvio Micheli, Vera Panova. Per ogni autore e ogni libro il giovane redattore Calvino trova sempre la misura e le parole appropriate.
Dopo il suicidio di Pavese (del quale curerà il diario e una raccolta di scritti critici incentrata sulla letteratura americana), aumentano le sue mansioni e responsabilità redazionali. Nella prima metà degli anni cinquanta la quantità del lavoro che Calvino svolge in redazione è sbalorditiva e rivela la fiducia totale che Giulio Einaudi ha in lui. Collabora strettamente con Elio Vittorini al varo e alla gestione dei Gettoni; scrive centinaia e centinaia, se non migliaia di lettere, ad autori e aspiranti tali, trovando sempre un argomento, una frase, una parola o un aggettivo per incoraggiare, correggere, rifiutare; dal 1952 al 1959 dirige il “notiziario Einaudi”, che riprende ed estende in eleganti fascicoli a stampa la funzione del già citato “Bollettino” degli anni quaranta.
Prepara, “sottoposto al febbrile ritmo della produzione industriale che governa e modella fin i nostri pensieri” (per usare le parole di una sua lettera del 1954) centinaia di paratesti. Oltre alle “schede bibliografiche”, scrive innumerevoli quarte di copertina e risvolti – sempre anonimi ma riconoscibili – per autori italiani e stranieri: Carlo Levi, Primo Levi, Natalia Ginzburg, Beppe Fenoglio, Lalla Romano, Cassola, Quarantotti Gambini, A. M. Ortese, Sciascia, Vittorini. Segue, corregge, incoraggia e presenta autori come Marcello Venturi, Luigi Davì, Raffaello Brignetti, Lucio Mastronardi, Fortunato Seminara. In alcuni casi ha un ruolo redazionale che diventa para-autoriale: penso ad esempio alla Storia della Resistenza italiana di Roberto Battaglia (1953), per cui è documentata la sua intensa collaborazione.
Nel 1959-60 compie un viaggio di sei mesi negli Stati Uniti. In un Diario americano sotto forma di lettere alla casa editrice descrive il funzionamento di Random House, segnala i costi dello scouting e indica “i più importanti scrittori americani giovani”: fra questi, Philip Roth, Bernard Malamud, Saul Bellow, Grace Paley, William Styron, James Purdy. Trova anche il tempo per dare il suo contributo al progetto di una nuova collana: Appunti per una collana di ricerca morale. Conclusa nel 1959 l’esperienza dei “Gettoni”, quello stesso anno vara e dirige insieme con Vittorini “Il menabò di letteratura”, per metà rivista di discussione letteraria, per metà sede di testi narrativi e poetici.
Nel corso degli anni sessanta e settanta il suo ruolo redazionale, non più condizionato da obblighi aziendali rigidi, diventa più libero. Senza mai sottrarsi ai casi di necessità e alle richieste di scrittori amici – nel gennaio 1964, mentre è in partenza per Cuba, scrive un bellissimo risvolto per Dietro la porta di Bassani – Calvino può ormai scegliere autori e libri cui dedicare le sue cure: nel 1962 pubblica le Poesie di Pavese, nel 1966 cura con Lorenzo Mondo un’edizione delle sue Lettere. Nel biennio 1968-69 lavora intensamente a un libro scolastico. Per Zanichelli firma con Salinari La Lettura, antologia in 3 volumi per la scuola media inferiore. Coadiuvato da alcune insegnanti e da un eccellente redattore interno come Gianni Sofri, Calvino dedica a quest’impresa un impegno e un tempo straordinari. Descrive i generi letterari (La favola, La fiaba, Novella e racconto, Il romanzo, Avventure di fantascienza); sceglie e presenta gran parte dei testi di prosa, compresi alcuni romanzi classici; inventa e cura personalmente l’originalissima sezione Osservare e descrivere; rivede puntigliosamente le note dei suoi collaboratori e in alcuni casi (Lucrezio, Ruskin, Ponge) traduce e annota egli stesso i testi. Alla fine, il lavoro di ideazione e cura da lui profuso nella Lettura non sarà inferiore, per quantità e qualità, al suo impegno redazionale più intenso degli anni cinquanta.
Nello stesso periodo, dentro la temperie politica e culturale del Sessantotto, Calvino progetta un’antologia dell’utopista francese Charles Fourier. Sceglie accuratamente i testi, ne controlla e rivede la traduzione, scrive una lunga Introduzione dal titolo L’ordinatore dei desideri: il libro uscirà nel 1971 da Einaudi con il titolo Teoria dei Quattro Movimenti. È a suo modo un contributo – forse troppo raffinato per quella stagione convulsa di scoperte e riproposte teoriche – alla discussione sul rinnovamento radicale della società.
Nel 1971 Calvino progetta e dirige per Einaudi “Centopagine”, una nuova collana “di grandi narratori d’ogni tempo e d’ogni paese, presentati non nelle loro opere monumentali, non nei romanzi di vasto impianto, ma in testi che appartengono a un genere non meno illustre e nient’affatto minore: il ‘romanzo breve’ o il ‘racconto lungo’”. Quando “Centopagine” chiude nel 1985, alla morte di Calvino, avrà pubblicato 77 titoli, molti dei quali con introduzioni o quarte di copertina di sua mano (Tolstoj, Dostoevskij, Maupassant, James, Eichendorff, Conrad, Melville, Puškin, Gogol’, Čechov, Stendhal, Balzac, Flaubert, Stevenson, Mark Twain, Tarchetti, De Amicis, Pirandello, Boine, Dossi, Cena, Tozzi, Zena e molti altri).
All’inizio degli anni ottanta Calvino si occupa di due libri di Raymond Queneau, scrittore enciclopedico e amico oulipien molto amato, del quale nel 1967 aveva tradotto in modo mirabile I fiori blu: scrive l’Introduzione alla raccolta di saggi Segni, cifre e lettere (1981); e soprattutto collabora con Sergio Solmi, da lui scelto come traduttore della Piccola cosmogonia portatile, cui fa seguire una sua Piccola guida alla Piccola cosmogonia (1982).
Nel 1982 Rizzoli pubblica l’ampia antologia Le più belle pagine di Tommaso Landolfi scelte da Italo Calvino. Anche in questo caso seleziona con cura i testi e organizza il volume in sette sezioni. Scrive una Nota finale di grande finezza critica, L’esattezza e il caso, in cui la presenza insonne di Landolfi a San Remo, fra il casinò e l’albergo, è descritta in una pagina memorabile.
Concludo questa troppo rapida rassegna della sua trentennale attività redazionale ricordando l’Oscar Mondadori dei Racconti fantastici dell’Ottocento, uscito nel 1983, per il quale Calvino scrisse l’Introduzione e scelse ventisei racconti di autori classici e di genere, ciascuno preceduto da una breve presentazione: il primo volume era dedicato al Visionario fantastico, il secondo al Fantastico quotidiano.
lucabaranelli@gmail.com
L Baranelli è redattore editoriale