Una sontuosa cartapesta
recensione di Giuseppe Caliceti
dal numero di dicembre 2016
Fabio Greco
IL NOME DELL’ISOLA
pp. 125, € 14
Autori Riuniti, Torino 2016
Accade sempre più di rado che uno scrittore, specie un giovane scrittore, oggi, oltre a inventare una sceneggiatura o una storia, sia capace di inventarsi una lingua che, da sola, sia capace di raccontare un nuovo mondo. È quello che è riuscito a Fabio Greco col suo primo romanzo, Il nome dell’isola. Nato a Saronno nel 1977, Greco è vissuto per molti anni a Ugento, nel Salento. Oggi vive e lavora nell’Essex in Inghilterra. È un biologo. Finalista alla XXVII edizione del premio Italo Calvino, in poco più di cento pagine, racconta un Salento lontano anni luce da quello ormai patinato che il recente cinema italiano ci ha consegnato e creando personaggi ed episodi indimenticabili, sempre sospesi tra allucinazione e realtà di un meridione che è, contemporaneamente, tragedia e commedia, Totò e Magna Grecia. Tutto avviene nell’Isola delle Pazze, che esiste davvero, qui trasfigurata in vera leggenda aurea. Un lembo di terra e di scogli aggredito da un “mare matrigno che abortisce figli sopra la rena”, dove Masello, il protagonista, ascolta storie di paesani che combattono epiche battaglie contro pescispada quasi umani, fa passeggiate di formazione e, naturalmente, lavora. Nella sua bottega di scultore di cartapesta, per lo più a soggetto sacro. È lui che si muove e allaccia tra di loro le mille storie che si stratificano in questa narrazione polifonica. Il committente numero uno di Masello è don Polonio, sempre in ritardo nei pagamenti; arriva a bottega, per la sagra imminente, ha bisogno di una statua della Madonna dell’Aiuto, improvvisamente frantumatasi. Dopo mesi di lavoro, la Madonna di cartapesta arriverà puntuale alla chiesa, suscitando non poche perplessità nei fedeli, al suo disvelamento, perché troppo in carne rispetto alle altre magre e pie Madonne della tradizione; e anche perché troppo gioiosa, troppo sorridente. Entriamo qui in una delle scene più divertenti e irresistibili del libro, raccontate con assoluta maestria. Ma sono tanti gli episodi e, soprattutto, i personaggi memorabili che popolano questo isolotto sulle coste del Salento. Due donne su tutti gli altri. La vecchia Amanda, “la bocca sdentata ch’era un pozzo nero, gli occhi funesti, l’odore di pepe e stracci sporchi, tanta di barba e di baffo”, tutta minuta minuta, ma con la voce “rimbombo, arrochita, ommina”, che vede nella morìa di meduse un inequivocabile segno di malasorte: “È puttano il mare, il mare è puttaniere, è il mare che dà, è il mare che toglie, è lui che ci spagna, che ci face paura”.
E poi c’è lei, Mariabbondanza, venere giunonica e fuori ogni taglia, di cui Masello si invaghisce dopo averla vista per la prima volta in piedi sull’omonima barca, sola, “con le anche aperte per tenere l’equilibrio”, “che a ripetizione, come pigliata da un astio contro l’acqua marina, gettava le reti e le ritirava a bordo”; e poi, a sorpresa, spiandola nella sua brutale intimità, mentre piscia, da uomo, in piedi, sulla barca. Mariabbondanza donna del sud che, però, è lontana dalle figurine meridionali di ogni letteratura o filmografia neorealista che ricordiamo. Mariabbondanza vera e propria forza della natura, valchiria integerrima e fascinosa. Mariabbondanza di una bellezza sovrabbondante e imbarazzante, di un’opulenza che stride con la povertà di un mondo misero e sterile tutt’intorno a lei. Mariabbondanza di una forza fisica e di una carica vitale imparagonabile a quella di ogni uomo.
La vera protagonista del romanzo resta, tuttavia, la straordinaria lingua narrante che Greco riesce a mettere in scena sulla pagina. Da sempre, nella nostra letteratura, anche la più recente, resiste una vena sotterranea dantesca, potremmo dire, o gaddiana, se vogliamo parlare di prosa. Minoritaria. Afasica. Non vista. Latitante. Capace però di risalire improvvisa in superficie in modo inaspettato come ne Il nome dell’isola, dove si fa lingua madre sontuosa e magmatica, tenuta sempre saldamente in pugno dall’autore, fuochista capace di vere e proprie esplosioni descrittive. Cosa si vuole di più da un giovane scrittore al suo esordio? Il tempo sospeso. Il sapore forte del Mediterraneo. Una lingua nuova che prende per mano il lettore e non l’abbandona fino alla fine del libro. Un libro bellissimo scritto in modo ineccepibile. Un autore da leggere e da tenere d’occhio.
G Caliceti è insegnante e autore