Valentina Mira – Dalla stessa parte mi troverai

Per una forma pubblica di giustizia

di Mirco Dondi

Valentina Mira
Dalla stessa parte mi troverai
pp. 247, €. 17
Sem, Milano 2024

Il romanzo è un esempio di letteratura non-fiction, che si snoda tra due memorie parallele: quella dell’autrice e quella di Rossella Scarponi, moglie del militante di sinistra Mario Scrocca, morto impiccato il primo maggio 1987, a Regina Coeli dove stava rinchiuso da un giorno in una cella antisuicidio. L’uomo è sospettato di avere partecipato all’agguato del 7 gennaio 1978 di via Acca Larentia che ha portato all’uccisione di due giovani militanti missini, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, e al ferimento di Vincenzo Segneri. L’attentato è rivendicato con una sigla posticcia, “Nuclei armati per il contropotere territoriale”, parte del pulviscolo informale di gruppi clandestini che ha operato a Roma e nel Lazio dentro alla rete del Movimento proletario di resistenza, composto da entità armate fuoriuscite dalle ceneri del movimento del Settantasette. Gli omicidi sono rimasti senza colpevoli.

Mario Scrocca è individuato dagli inquirenti, non senza approssimazione, sulla scorta di una testimonianza del 1984 da parte di una militante della sinistra extraparlamentare. Si tratta di una deposizione rilasciata a distanza di sei anni dagli avvenimenti, a quel tempo la ragazza era appena quattordicenne. Il nome di un certo Mario, “riccio e bruno”, esce da un racconto che le hanno riferito: tecnicamente una testimonianza de relato priva del valore di prova. La deposizione viene riesumata dopo tre anni e a distanza di ben nove anni dall’accaduto. Si può ipotizzare che trovare i colpevoli di Acca Larentia sia parte del desiderio delle istituzioni di chiudere, anche giudiziariamente, la stagione degli scontri consumatisi tra opposte fazioni negli anni settanta. La traccia della mitraglietta Scorpion, usata dalle Brigate rosse, unisce le uccisioni di Acca Larentia, dell’economista Ezio Tarantelli nel 1985, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti nel 1986 e del politologo Roberto Ruffilli nel 1988, tanto da supporre che il gruppo di fuoco di Acca Larentia sia nell’orbita delle Br.

Un anno dopo, nel 1988, con molto clamore, si riapre il caso dell’uccisione del commissario Luigi Calabresi (avvenuta il 17 maggio del 1972) con l’ex operaio della Fiat Leonardo Marino che confessa (non senza assidui precedenti contatti con i carabinieri) la sua partecipazione all’omicidio indicando i mandanti nei vertici di Lotta Continua. Dalla riapertura dell’indagine su Acca Larentia nel 1987 parte il vero inizio di questa storia. Valentina Mira ci avvisa nelle Note per il lettore, “che questo resta un romanzo e non un saggio”, confessando di avere inventato una scena, peraltro non fondamentale nel corpo del racconto.

Il merito di questo scritto è offrire una forma pubblica di giustizia, non foss’altro nella memoria, al venticinquenne Mario Scrocca, una delle tante vittime restate ai margini della cronaca, ma pienamente immerse nella storia di quegli anni. Un giovane timido, politicamente impegnato a chiedere dignità e servizi per il quartiere Alessandrino dove mancano anche i marciapiedi. Mario concretizza la sua vocazione sociale anche nella professione di infermiere. Una passione politica nella sinistra radicale che condivide con Rossella, la sua donna, vista per la prima volta a una riunione in una casa occupata della Marranella. Tra i due si accende una passione profonda: è il 1977, lei quindicenne, lui un ragazzo di diciotto anni “quanto di più lontano da un figlio spocchioso della borghesia”. Da allora Mario e Rossella vivono per dieci anni un legame indissolubile, si sposano, hanno un figlio, fino a quando in una notte di fine aprile del 1987 i carabinieri, entrati in casa, strappano per sempre Mario dagli affetti della sua famiglia.

Qui comincia il calvario di Rossella che non fa in tempo a metabolizzare l’arresto del marito quando, con una telefonata, le dicono che Mario è morto. Una donna sola di fronte alla burocrazia di uno stato sordo non riuscirà mai a risolvere i dubbi di una morte sospetta. Avviene tutto molto in fretta: l’autopsia si svolge senza neanche il perito di parte e l’inchiesta si chiude. Per riaprirla ci vogliono soldi, ma Rossella ne ha pochi e non se la sente di togliere una prospettiva di futuro al figlio di due anni. Resta il dubbio: si è veramente suicidato Mario Scrocca o è stato inscenato un suicidio? Possibile che un uomo con un’esistenza serena, di cui va orgoglioso, si tolga la vita dopo un giorno di carcere? Gli incomposti tasselli di questa vicenda sono tratti dal libro di Rossella Scarponi, Soli soli: morire a Regina Coeli (Sensibili alle foglie, 2019). Rossella ha conosciuto Valentina Mira andando alla presentazione del suo precedente libro X (Fandango, 2021).

Il romanzo è il racconto di un’amicizia che il comune dolore rende “sorellanza”. Le due donne sono unite da due traumi diversi. Valentina vive ad Acca Larentia e ha frequentato ragazzi fascisti, con uno di questi è stata anche fidanzata. Nel percorso dell’autrice c’è un distanziamento netto da quell’ambiente, un non darsi pace, e la presa di coscienza di che cosa sia ancora la mentalità fascista, intrisa dai peggiori stereotipi maschilisti. In queste pagine ci sono acute riflessioni tanto sulla memoria privata quanto su quella pubblica.

Il processo su Acca Larentia assolve per insufficienza di prove i quattro imputati rimasti, Mario invece no: morendo prima del dibattimento non può dimostrare né colpevolezza né innocenza. Come non concordare con l’autrice sull’uso mistificante della memoria di Acca Larentia posto da Francesca Mambro e Valerio Fioravanti a giustificazione delle loro vite criminali. A febbraio del 1978, per vendetta, il gruppo di Fioravanti uccide a Cinecittà, senza sapere nemmeno chi fosse, “un ragazzetto comunista a caso”, Roberto Scialabba. Avendo trovato un po’ di erba sul suo corpo, la polizia, per evitare altre reazioni, colloca il caso in un giro di droga preferendo “infangare la memoria di un ragazzo figlio di nessuno”.

mirco.dondi@unibo.it
M. Dondi insegna storia contemporanea all’Università di Bologna

Nella notte più notte di tutte

di Mauro Ravarino

Rossella abitava alla Garbatella, Mario all’Alessandrino, una zona di periferia popolare a Roma con pochi servizi e nemmeno un marciapiede. Da pischelli si incontravano a metà strada in un posto che chiamavano “il più freddo del mondo”. Lui è Mario Scrocca, un ragazzo che si batteva per cose concrete, anche – appunto – per i marciapiedi, in quegli anni – i settanta – ingiustamente definiti solo di piombo e che, invece, sono stati pieni di passione e di cambiamento. È morto in carcere il primo maggio del 1987 a Regina Coeli, arrestato un giorno prima con l’accusa di aver fatto parte del commando che uccise due militanti del Fronte della gioventù il 7 gennaio del 1978 davanti alla sede del Msi ad Acca Larentia, nel quartiere Tuscolano. Le accuse nei suoi confronti, basate su una testimonianza inattendibile, non sono mai state in piedi: dicono si sia suicidato ma era in una cella antisuicidio. Troppe cose non tornano, ora come allora.

Valentina Mira le ha percorse e ricostruite in Dalla stessa parte mi troverai insieme a Rossella Scarponi, moglie di Mario, che in questi anni alla ricerca, spesso solitaria, della verità non si è mai data pace né per vinta, nonostante un muro di gomma, gli scoramenti e gli spigoli della vita. Un romanzo non-fiction lucido e intimo, caratterizzato da uno stile asciutto e paratattico, cadenzato da uno scorrere serrato di parole, fatti e riflessioni che si interrogano e interrogano il lettore. All’origine del lavoro c’è un incontro, quello tra l’autrice e Rossella Scarponi, nel giugno del 2021, durante la seconda presentazione di X (Fandango), libro di esordio della giovane scrittrice romana, nel quale raccontava attraverso una lettera al fratello lo stupro subito a diciannove anni da un neofascista. In quella presentazione, Valentina Mira scorge tra il pubblico una signora con gli occhi azzurrissimi: “Avrà l’età di mamma, forse qualche anno più piccola. Ha l’aria accogliente e la nettissima disposizione d’animo di chi ti capisce. Io non lo so ancora, ma anche a lei è capitato di stare al centro dell’attenzione senza volerlo”. Quando le due donne s’incontrano, il tempo va in cortocircuito e viaggia senza soluzione di continuità tra gli anni settanta e i giorni d’oggi, forte di una sorellanza che si crea tra loro. L’autrice entrò in contatto per la prima volta con i tragici fatti di Acca Larentia nel 2008, quando era “un’adolescente brava a scuola, ma non per questo sveglia” e si imbatté nella commemorazione del trentennale della strage, con i camerati stretti in fila ed esaltati nell’alzare la mano destra, radunati in corrispondenza di quella croce celtica che si vede tuttora da Google Maps. Pioveva. Una volta a casa li rivide al telegiornale, l’inquadratura si stringeva su una donna bionda con una corona di fiori. Giuliano Castellino, leader di Forza Nuova, la accompagnava con un ombrello. È Giorgia Meloni che nel 2022 diventerà presidente del consiglio. Anni dopo, conoscendo Rossella, Valentina Mira scoprirà diversi buchi della memoria collettiva, come, appunto, la storia senza giustizia di Mario Scrocca. Un amore lungo dieci anni con Rossella, nato sugli scalini dell’occupazione, l’impegno politico, il lavoro precario, il matrimonio senza soldi, la nascita di Tiziano, l’appartamento al Laurentino 38. Fino ai pugni di quella “notte più notte di tutte”, quando presero Mario e lo portarono via. E, poi, i tanti irrisolti perché. La rabbia e le lacrime. In macchina, Rossella alza il volume e canta De Gregori: “Sempre e per sempre / dalla stessa parte / mi troverai”.
Le pagine di Mira restituiscono un tassello mancante e riflettono sull’insufficienza dei concetti di vittima e carnefice. In questa storia, dice, non si è impelagata solo per sorellanza o per un senso di giustizia, in risposta al senso d’ingiustizia della vicenda di Mario: “Ha a che fare con qualcosa di più difficile da esprimere. In parte con una sorta di colpa da espiare: il fascismo dentro e intorno a me. Il mio ex, i piccoli e grandi compromessi per un briciolo d’amore, l’aver scelto – lasciandomi scegliere – di pagare il prezzo che qualcuno mi salvasse, l’aver lasciato che tenesse lui il timone della mia vita, che ero stanca e allora andava bene tutto, anche uno che dice: ‘Viva il duce’. Ma so che non sono l’unica: è per questo che scrivo”.

mauro.ravarino@gmail.com
M. Ravarino è giornalista