L’organo da cui tutto nasce
di Beatrice Sciarrillo
Giulia Della Cioppa
Ventre
pp.144, € 16,
Alter Ego Edizioni, Roma 2023
Si chiama Margherita e vuole essere recisa in tutti i petali del corpo. La sua storia di violenza, passata e presente, viene raccontata in Ventre, il romanzo d’esordio di Giulia Della Cioppa, edito da Alter Ego edizioni. Adolescente in difficoltà, Margherita è seduta sul sedile anteriore destro di una macchina; al suo fianco, al volante, c’è la madre che la sfianca di parole feroci. L’automobile è un cubicolo soffocante da cui non si può fuggire, a meno di aprire una portiera e buttarsi giù, farsi travolgere dai veicoli per mettere a tacere la stridula voce materna.
Ora l’adolescente è cresciuta – la sua adolescenza sono stati i litigi contro la madre, così efferati da provocare nei condomini la paura che una delle due potesse morire, e il controllo ossessivo sul proprio corpo. Ha appena compiuto ventisei anni e come regalo si è concessa un bicchiere di latte e due boccette di Tavor. Mentre soffiava le ventisei candeline sulla crostata di frutta cucinata dalla madre, Margherita ha desiderato addormentarsi per sempre, farla finita. Dio non l’ha accolta, e lei ora si trova distesa sul letto di una stanza d’ospedale dalle pareti blu. È in stato vegetativo. Ogni giorno la madre le fa visita e, dalla borsa dalle cerniere sempre aperte, tira fuori un libro di poesie e legge versi alla figlia. Prima vengono le parole della poesia, poi i discorsi materni, con quella voce capace di scombussolare lo stomaco di Margherita, appartenente a quella categoria di persone che lì somatizza, nel ventre. Il ventre è il luogo della vita, lì nasciamo e ci formiamo nei primi mesi. Non facciamo in tempo ad abituarci al calore interno che il ventre ci vomita fuori, urlanti e sporchi. Da nati, a volte, desidereremmo ritornare dentro quel ventre, rifugiarcisi, mentre siamo costretti a tenerci il nostro e a macinarci dentro l’angoscia e la malattia. Margherita ha covato, in segreto, la propria malattia, in un ventre tumultuoso che si accende, s’infuoca, si pulsa; poi, stanca di conviverci, l’ha riempito di latte e benzodiazepine.
Della Cioppa assume il punto di vista di una morta che vede, sente, ricorda. Attraverso dialoghi serrati comunica la rabbia trattenuta di Margherita e la violenza che la madre e l’infermiera Bianca esercitano sul suo corpo inerte. Dall’alto della sua autorità, Bianca denuda il corpo della ragazza, la palpa come se fosse un animale morto, le pettina i capelli, la plasma come se lei fosse una scultrice e Margherita la sua opera d’arte. Se prima è stata la bambola della madre, ora Margherita è diventata il pupazzo di Bianca. È lei che la lava, la veste, si prende cura di lei. «Ci deve essere stato un tempo in cui le donne hanno educato alla brutalità, così come hanno insegnato tutto il resto, – scrive l’autrice. – Ci deve essere stato un tempo in cui né uomini, né animali sapevano cacciare e dalla violenza della nascita hanno imparato. Un corpo sanguinante esce da un corpo sanguinante». Attraverso un coro di voci solo femminili, con uno sguardo chirurgico e parole taglienti, Giulia Della Cioppa racconta la brutalità delle donne e dei loro corpi impregnati di sangue, mettendo al centro il ventre, l’organo da cui tutto ha vita.