Gabriella Dal Lago – Estate caldissima

Precariato cognitivo

di Vladimiro Bottone

Gabriella Dal Lago
Estate caldissima

pp. 168, € 15,
66thand2nd, Roma 2023

La sintesi più calzante di una storia è già contenuta all’interno della storia medesima, quando il narratore ne sa scontornare l’essenziale, come nel caso di Dal Lago. Ecco, quindi, il colpo d’occhio sui coprotagonisti che muovono la trama di questo suo romanzo corale. La parola all’autrice: “Bevono troppo, mangiano male. Nonostante i buoni propositi che fanno a ogni Capodanno da circa un decennio, non smettono mai di fumare. È più il tempo che sprecano di quello che vivono. Si lamentano di non avere tempo libero, ma quando ce l’hanno non sanno che farci. Passano intere serate a scagliarsi contro le famiglie nucleari, gli amori monogami, l’eteronormatività, eppure nessuno di loro si è mai imbarcato in un progetto di vita che fosse radicalmente diverso da quello dei loro genitori che, dicono ai loro analisti, sono stati un esempio scialbo, inadeguato, disfunzionale perché velocemente doppiato dal tempo, dalla società che cambia, dal mondo nuovo. Quando sono tristi, o si sentono soli, aprono un’app di dating e si dilungano in conversazioni oziose con sconosciuti che non incontreranno mai (o, se li incontreranno, sarà per un aperitivo deludente, che quasi mai riuscirà a trasformarsi in una scopata). Se sono in coppia non sanno parlarsi. Se sono da soli non sanno parlarsi. Si chiedono in continuazione: cosa siamo?”.

Le figure che emergeranno, pagina dopo pagina, da questo sfondo sociologico sono Gian, Greta, Carlo, Laura, Tommi, Vic. Per nostra fortuna, non si tratta di sagome erette per dimostrare tesi o colpire bersagli precostituiti. Siamo, viceversa, al cospetto di personaggi riusciti a tutto tondo che il loro tempo generazionale ha predestinato all’incompiutezza, quando non alla sconfitta o a un lento esaurirsi. In ciò la loro venatura cechoviana, che si estende all’ambientazione stessa del romanzo. Ovvero a una villa, isolata nella campagna durante una riarsa estate continentale, in un cuneese che potrebbe ricordare Melichovo o Turgenev, lo scenario di Padri e figli. In questa quasi teatrale unità di luogo, lo staff della Bomba Agency si è ritirato per mettere a punto un’impegnativa campagna pubblicitaria. Cechoviana appare, peraltro, anche la lente ironico-malinconica attraverso cui Dal Lago scruta le sue creature. Creature denudate nelle loro manie, tic nevrotici, totem e in tabù linguistici tanto individuali che di ceto. Ceto che Dal Lago denomina, con felice conio, “precariato cognitivo”, figlio senza più certezze di quel “ceto medio riflessivo” che, vent’anni prima, si era rivelato incapace sia di distruggere che di creare e tramandare. Cosicché poco o nulla ricevettero, i nostri eroi cechoviani, da padri e madri. E dunque poco o nessun senso riescono a conferire all’avvitarsi delle loro esistenze. In questa storia corale senza rischi di dispersività, all’insegna di un iper-connesso Čechov 2.0, Dal Lago si dimostra abilissima demistificatrice di alibi, maschere, false e infelici coscienze della sua generazione. Acuta, senza essere impietosa; pietosa, senza indulgere in pietismi. Esattamente come chi ha consapevolezza di aver dato forma a un esame di coscienza in cui è direttamente interessata. Questa confessione toccherà ad altri giudicarla. Ai lettori, oggi. Agli storici delle mentalità, fra qualche decennio o forse prima.

vladimiro.bottone@gmail.com
V. Bottone, narratore, collabora al “Corriere della sera”