Com’è un padre?
di Diletta Turrini
Marie Nimier
La regina del silenzio
ed. orig. 2004, trad. dal francese di Fabrizio di Majo,
pp. 192, € 19,50,
Clichy, Firenze 2024
Roger Nimier – l’autore de L’ussaro blu (1950; Theoria, 2018) – muore in un incidente stradale mentre è in compagnia della scrittrice Sunsiaré de Larcône alla fine dell’estate del 1962. All’epoca sua figlia Marie ha solo cinque anni. La Regina del silenzio è dunque anzitutto la ricostruzione di un rapporto non vissuto, che d’altra parte incarna ugualmente un conflitto: da un lato c’è un padre fantasma, dall’altro una bambina disorientata, destinata a diventare lei stessa scrittrice. Crescendo, il pensiero della morte del padre si insinua in profondità. Il silenzio, ormai perenne, abita nella mente di Marie Nimier. I pochi ricordi del padre appaiono ricoperti dal velo del tempo. Come una nube che non la fa respirare, quel vuoto profondo e impercettibile ha acquistato paradossalmente intensità. Un oggetto appartenuto al padre, tuttavia, rompe a un tratto quel silenzio. Un orologio da tasca che, quando si preme sul meccanismo di carica, suona come un carillon: “ha un suono molto bello, insieme dolce e nitido come la voce di una donna a cui non è mai mancato nulla”. La nube si dissolve, e il volto del padre appare come quello di un mostro. Anzi peggio: una creatura sfuggente e indefinibile. Che suscita quel processo perverso per cui qualcosa di mai conosciuto, toccato, stretto, sentito proprio, riesce comunque a provocare un senso di mancanza.
In un labirinto pieno di porte Marie cammina, corre e le apre senza tregua. Una domanda in particolare la tormenta: “com’è un padre?”. In una delle cinquantasei lettere, indirizzate a un amico bibliofilo, Roger Nimier annunciava così la nascita della figlia: “Tra l’altro, ieri Nadie ha avuto una bambina. Sono immediatamente andato ad annegarla nella Senna per non sentirne più parlare. A presto, spero”. Il padre scomparso è perciò una figura ingombrante, austera, un macigno che intralcia la strada e impedisce la visuale. Provando a spostarlo ci si ferisce, provando a scavalcarlo si cade, tornare indietro è impossibile. L’unica possibilità per Marie è la scrittura. Prima di affrontare il trauma e le sue conseguenze con la stesura di questo libro – vincitore del Prix Médicis nel 2004 – aveva esordito da Gallimard con Sirène nel 1985. Nel romanzo troviamo tanti punti interrogativi disseminati dall’anarchia dei ricordi. Le parole non dette appartengono anch’esse alla nebbia dei ricordi. Ma è per ritrovare anzitutto sé stessa, diradando quella nebbia, che Marie ha voluto restituire una voce al silenzio del padre.
turrinidiletta@gmail.com
D. Turrini è laureanda in letteratura francese all’Università Tor Vergata di Roma