Africana. Viaggio nella storia letteraria del Continente

Vi abbiamo tirato fuori dalla giungla, di cosa vi lamentate?

di Sara Amorosini

Africana
Viaggio nella storia letteraria del Continente
a cura di Chiara Piaggio e Igiaba Scego, con illustrazioni di Diana Ejaita,
pp. 238, € 22,
Feltrinelli, Milano 2024

Africana si impone fin da subito come una sfida dalle premesse inevitabilmente scivolose: cos’è, ma soprattutto, esiste qualcosa che si possa ragionevolmente definire “letteratura africana”? Una domanda che tormenta da sempre chi si cimenti con la letteratura di questo continente e della sua diaspora. La risposta lapidaria la troviamo nella prima riga del volume: “La letteratura africana è un’invenzione”. Ma non lasciamoci ingannare, perché la vera risposta ci viene fornita dalle oltre duecento pagine successive nelle quali le curatrici sono riuscite a centrare l’obiettivo. Nella loro Introduzione iniziale questa viene infatti definita “un’antologia cronologica, a tratti tematica, che servirà per chi è digiuno di conoscenze come passe-partout dentro la storia letteraria (e non soltanto dell’Africa) e per chi invece già sa avrà il sapore di una rimpatriata”. Ed è proprio così, perché non solo non esisteva ma si sentiva proprio la mancanza di un unico progetto, in italiano (lingua in cui buona parte degli estratti vede la luce per la prima volta), che affiancasse opere di grandi scrittori del passato e del presente – certo, senza alcuna pretesa di esaustività, con anche alcuni grandi assenti tra i testi selezionati a fronte di numerosissime riscoperte in lingue poco o non note (come l’autore eritreo Ghebreyesus Hailu, tornato in auge con la recente traduzione di Uoldelul Chelati Dirar dal tigrino dei L’ascaro, romanzo scritto nel 1927, pubblicato nel 1950, e uscito nel 2023 per i tipi di Temu, cfr. “L’Indice” 2024, n. 4) – e che lo facesse con un taglio rigoroso nei contenuti e al contempo agile e scorrevole nello stile.

L’impostazione che le curatrici definiscono quasi colpevolmente “tradizionale” permette di seguire senza difficoltà il percorso tracciato (quanto figurerebbe bene questo libro all’interno dei programmi scolastici e accademici!), costruito con abilità e sapienza a partire dall’articolo d’apertura di Boubacar Boris Diop. Anche per lui la letteratura africana è come un “teatro delle ombre” e un “regno delle distorsioni”, di cui sa però fornire un’accurata e chiarissima traiettoria con grande onestà umana e intellettuale.

Passato e presente quindi per la prima volta insieme, in un flusso letterario che riesce a unire epoche, provenienze e lingue diverse, accomunate dall’urgenza di prendere la parola e narrare. Ed ecco allora, tra piedi scottati dal deserto, fave di cacao, scioperi e corruzione, emergere l’assurdo dal magistrale romanzo in acholi dell’ugandese Okot p’Bitek, dove un ragazzo con l’unica ambizione di riuscire ad attraversare il traffico di una micidiale strada di Kampala viene travolto dalla folla e dagli eventi, fino a ritrovarsi in carcere per furto. Così come tristemente assurda è la brutalità cui viene sottoposta in modo sistematico “la nostra Kareendi dalle cosce facili”, la ragazza povera e senza mezzi approdata a Nairobi dalla campagna, con l’unico desiderio di essere felice, immaginata da Nggũgĩ wa Thiong’o nel suo romanzo in gikuyu. Chi legge viene così guidato lungo le epoche, sezione dopo sezione, lasciandosi via via alle spalle l’epoca coloniale (perlomeno sulla carta) e addentrandosi nell’epoca delle indipendenze, verso la fine del Novecento e fino al futuro che “è già presente”. Il viaggio prosegue insieme ad alcune delle voci più significative del secolo scorso che hanno saputo dare risalto anche alla figura della donna – come ci ricordano le curatrici: “doppiamente oppresse, come africane e come donne” –, al suo ruolo di madre e sposa, già complicato in tempi di pace (quel breve eppure interminabile secondo, lo sforzo “più grande mai fatto in tutta la sua vita”, tra la lotta e la resa all’abbandono descritto nel racconto della ghanese Ama Ata Aidoo non è forse di una potenza inaudita?) e ancora di più in tempi di conflitto: si veda la lettera d’amore ricevuta dalla protagonista del racconto della zimbabwiana Tsitsi Dangarembga dopo dodici anni di silenzio da parte del marito, scappato dal Sudafrica in quanto “soggetto politico”, o l’agghiacciante racconto dell’allora bambina Souveraine Magnifique durante il genocidio in Ruanda narrato nell’omonimo romanzo dal camerunese Eugène Ébodé.

Ma è il nuovo millennio a sparigliare le carte, rendendo etichette testuali e categorie di genere, lingua e provenienza quasi inapplicabili, o perlomeno fortemente da ripensare, in una crescente esplosione e affermazione letteraria. Della complessità di definire una propria identità (culturale, etnica, religiosa, sessuale) e il rapporto con l’Altro all’interno di una società in rapido e profondo mutamento sono emblematici il viaggio a Khartum per il matrimonio dei due protagonisti (lei sudanese e lui scozzese) del racconto della sudanese-egiziana Leila Aboulela e l’ironico racconto dell’etiope Bewketu Seyoum con il suo protagonista spendaccione che progetta un intero sistema di monitoraggio per i mendicanti di Addis Abeba… Di grande intensità (anche per la scrittura impeccabile) è infine la violenta e sofferta scoperta di sé del giovane Kachi – amante della pasticceria e delle matite per occhi di sua madre, fatalmente attratto dalla sensuale sorella (“Tu non vuoi me. Vuoi solo essere me”) – narrata nel racconto delә nigerianә Akwaeke Emezi che va a chiudere, tra sabbie acide del deserto, fantasmi e morti su TikTok, l’antologia.

La bellezza delle illustrazioni di Diana Ejaita si aggiunge all’encomiabile opera delle curatrici e dell’editore, a riprova di un grande impegno congiunto e di una passione autentica per questo continente e la sua cultura, che si fa sentito omaggio alla scrittrice Ama Ata Aidoo a un anno dalla morte.

sara.amorosini@gmail.com
S. Amorosini è anglista e studiosa di letterature africane

Un viaggio tra euforia e disillusione

di Maria Paola Guarducci

A partire dal titolo ambizioso, e dal sottotitolo che sembra ridimensionare il progetto ma che con la maiuscola assegnata alla parola “Continente” ne ribadisce invece l’ampio proposito, Africana è un’antologia che mancava. Dedicata alla grande Ama Ata Aidoo, da poco scomparsa e di cui aspettiamo ancora la traduzione del seminale Our Sister Killjoy (1977), questa raccolta si compone di ventitré racconti (o parti di romanzi) per lo più inediti in Italia, provenienti da sedici paesi e tradotti da inglese, francese, acholi, amarico, arabo, gikuyu, portoghese e tigrino. Le autrici (otto) e gli autori (quattordici), cui si aggiunge una persona transgender, hanno diverso spessore: si va da classici come Mongo Beti (Camerun), Ousmane Sembène (Senegal), Flora Nwapa (Nigeria), Ngũgĩ wa Thiong’o (Kenya), Bessie Head (Sudafrica, Botswana), Leila Aboulela (Egitto, Sudan/uk) a nomi quali Elgas (Senegal), Akwaeke Emezi (Nigeria), Ndawedwa Denga Hanghuwo (Namibia) da noi meno noti ma già insigniti di premi internazionali. Funge da prologo alla raccolta l’articolo datato 2015 del senegalese Boubacar Boris Diop, dal titolo La letteratura africana. Un’avventura così ambigua…, bussola indispensabile assieme alle agili introduzioni delle curatrici ai cinque capitoli del volume, per orientarci in un universo variegato ma compatto, mai banale e pieno di sorprese.

La struttura della raccolta ripercorre cronologicamente la storia africana dalla metà del Novecento alla contemporaneità; un viaggio letterario, cioè, che parte dalla fase finale dei colonialismi europei, attraversa i decenni decisivi delle indipendenze, con le euforie e le disillusioni che le segnarono, e approda al presente, marcato ancora dal lascito di quella storia ma anche impaziente di liberarsene una volta per tutte. Il volume segue una prima raccolta delle stesse curatrici, Africana. Raccontare il Continente al di là degli stereotipi (Feltrinelli, 2021), e su quel solco si incanala come a voler presentare al pubblico l’antefatto. Se il volume del 2021 raccontava un’Africa contemporanea sconosciuta ai più perché dinamica, urbana, cosmopolita, appunto “al di là degli stereotipi”, questa nuova pubblicazione rettifica quella pratica secolare per cui del Continente parlava e scriveva chi non veniva dall’Africa. Oggetto di un interesse legato all’esotico, all’avventura, alla conquista, che ha sedotto scrittori, pittori, esploratori (soprattutto uomini) europei per secoli, l’Africa di Africana è al contempo soggetto, oggetto ma soprattutto autrice dei propri racconti. Non si tratta di “passare la parola” al Continente, bensì di prendere atto che la parola, nel Continente, c’è sempre stata e ha prodotto cultura e scrittura; così tanta, che a volerla e saperla leggere gli stereotipi sull’Africa non sarebbero proprio nati. È salutare quindi partire per questo viaggio nella letteratura di un continente che ha molte caratteristiche comuni ai tanti paesi di cui si compone, così come altrettante che rendono quelle stesse realtà lontane e differenti tra loro.

Africana solleva uno dei tanti veli che offuscano la nostra conoscenza dell’Africa letteraria e non è un caso, forse, che il primo racconto, L’ascaro, dell’eritreo Ghebreyesus Hailu, tratti di storia italiana raccontandoci la condiscendenza razzista e la violenza ideologica e pratica del nostro esercito verso gli habesha reclutati per la conquista libica. Si riparte quindi prendendo di petto le amnesie, e si finisce, in uno degli ultimi racconti del volume, con la distopia di Mbozi Haimbe (Zambia, uk): l’Africa cioè che si immagina nel futuro, dove per la crisi climatica nota in tutto il pianeta l’attende la catastrofe.

mariapaola.guarducci@uniroma3.it
M.P. Guarducci insegna letteratura inglese all’Università di Roma Tre