Italo in America

Calvino nel paese d’Utopia

di Luca Bufano

All’inizio del marzo 1984, prima di ricevere l’invito della Harvard University a tenere le Charles Eliot Norton Lectures per l’anno accademico 1985-1986, Italo Calvino ricevette una lettera dalla presidente del Mount Holyoke College, prestigioso istituto femminile del New England, situato a ovest di Boston, nella Pioneer Valley. Questi intendeva conferirgli una laurea in Lettere ad honorem, con una cerimonia che si sarebbe tenuta a South Hadley, dove il campus ha sede dal 1837, il 4 novembre seguente (si veda in proposito il saggio di Ombretta Frau, Italo Calvino’s Lecture at Mount Holyoke College: Description and the Future of Literature). Calvino conosceva bene quei luoghi: vi era stato nel 1960, al tempo del suo primo viaggio in America, e nella primavera del 1976 aveva soggiornato nella vicina Amherst, ospite dell’omonimo college consorziato con Mount Holyoke: lì aveva tenuto la conferenza Usi politici giusti e sbagliati della letteratura, il cui testo avrebbe poi incluso nella raccolta Una pietra sopra (Einaudi, 1980); e lì aveva scritto uno dei primi episodi del “Taccuino di Palomar”, Nei boschi degli indiani, apparso sul “Corriere della Sera” il 18 aprile 1976, escluso dal volume del 1983 ma raccolto, con il titolo Palomar nel Massachusetts, nel secondo tomo dei Saggi (Mondadori, 1995). L’idea di tornarvi in compagnia di Chichita, eventualmente sulla via del ritorno da un viaggio in Argentina, passando per l’amata New York, gli sembrò attraente, e accettò l’invito con entusiasmo. “It will be for me a great pleasure to visit your college and be your guest with my wife” rispose il 12 marzo. “I’ll be happy to give a reading to your students and to speak with them”.

Come succede in questi casi nel mondo accademico anglosassone, l’organizzazione dell’evento fu impeccabile e la cerimonia del 4 novembre, tenutasi tra le volte neogotiche della Abbey Memorial Chapel, con la consueta mostra di toghe, accompagnamento di cori, organo e orchestra d’archi, fu veramente motivo di grande piacere per lo scrittore e per tutti coloro che ebbero la fortuna di assistervi. Ne esiste una registrazione completa, disponibile all’indirizzo https://soundcloud.com/mountholyokecollege/sets/italo-calvino. L’eloquente prolusione della presidente Elizabeth Kennan, caratterizzata dall’uso anaforico di “you” (“You are a restless mental traveler… You have an Ariostean exuberance of imagination… You are a maker of labyrinths… You shrink neither from disaster, nor hope…”) culminò nella formula solenne dell’investitura: “…and therefore by the authority of the Commonwealth of Massachusetts, vested in the Trustees of Mount Holyoke College, I confer upon you the degree of Doctor of Letters Honoris Causa, together with its customary rights and privileges”. Dopo aver ricevuto forse il più lungo applauso della sua vita, palesemente emozionato, Calvino prese quindi la parola e, nel suo inglese incerto ma chiaro, parlò di quella che definì “l’antica arte della descrizione”, con passaggi che anticipano la futura lezione sull’esattezza, e lesse quattro suoi brani, due nella traduzione inglese di William Weaver, due in italiano.

Per primo, lesse Il bottone, descrizione di un quadro del compianto Domenico Gnoli, espunta da un testo scritto l’anno prima per la rivista “FMR”, Still-life alla maniera di Domenico Gnoli, che oggi è possibile leggere nella sua interezza in Guardare (a cura di Marco Belpoliti, Mondadori, 2023). “Sia Gnoli con la pittura, sia Calvino con la scrittura rendono assoluti i particolari che descrivono: Gnoli dilata, mentre Calvino sviluppa attraverso l’uso di tropi un racconto che tiene dietro alla pittura”, commenta Belpoliti a proposito del virtuoso esercizio di descrizione inserito da Calvino nella sua Collatio laureationis a South Hadley. Il secondo e il terzo brano furono Ottavia e Bauci dalle Città invisibili, sicuramente il libro di Calvino più conosciuto in America, e per questo letti in italiano. L’ultimo, La pantofola spaiata, anch’esso uno dei primi episodi di Palomar, era apparso sul “Corriere della Sera” il 18 settembre 1975 e inserito nel volume del 1983. Per il pubblico americano si trattava di un’anteprima, dato che Mr. Palomar, nella traduzione di William Weaver, sarebbe apparso soltanto nella primavera del 1985.

Quando, a cerimonia conclusa, il giornalista e scrittore newyorkese Edwin McDowell gli chiese se avesse seguito altri eventi del festival della cultura italiana svoltosi nei due mesi precedenti, Calvino rispose tra il serio e il faceto: “No, I arrived just for the coronation”. McDowell rise e non capì, non poteva capire che Calvino stava alludendo alla cerimonia d’incoronazione poetica di Francesco Petrarca in Campidoglio, con l’alloro e il mantello fornitogli da re Roberto d’Angiò, la cerimonia che dette nuova vita al mito e alla figura del poeta laureato, poi divenuta un’istituzione pubblica nel mondo anglosassone. “Gli è piaciuto moltissimo”, intervenne sorridendo Chichita. “Gli ha dato un senso di potere indossare la veste accademica, come si vede nei film”. I film americani, naturalmente, guardati con avidità anche due al giorno dal giovane Calvino.

A McDowell, Calvino disse poi di considerarsi uno scrittore di racconti più che un romanziere, e che l’opportunità offerta in passato dai giornali italiani di pubblicare un racconto aiutava gli scrittori a coltivare la tecnica, a farli diventare bravi artigiani. “Ma non ci sono più, tra i giovani, importanti scrittori” aggiunse con amarezza. “Qualcosa li ha bloccati. Nei primi anni sessanta c’era in Italia un movimento letterario d’avanguardia, ma poi è arrivata l’ondata politica del 1968 e si è arenato. O gli scrittori non scrivevano più libri perché si vergognavano di impegnarsi soltanto in letteratura, o scrivevano libri di politica. Ora l’ondata è finita ma non ci sono movimenti letterari, soltanto alcuni individui”. Era un pensiero che riprendeva quanto detto in modo più articolato agli studenti e ai professori di Amherst otto anni prima: in essenza, la difesa dei valori della letteratura.

La coronation del 4 novembre 1984 è un episodio non marginale degli ultimi anni di vita di Calvino, eppure generalmente ignorato. Dopo l’incontro con l’autore delle Città invisibili, Edwin McDowell scrisse un articolo per il “New York Times” di quel 26 novembre; in occasione del recente centenario della nascita dello scrittore, l’italianista di Mount Holyoke Ombretta Frau ha pubblicato sulla “California Italian Studies” l’acuto e dettagliato saggio citato poco sopra su quell’evento (12, 2023); Domenico Scarpa vi accenna nella sua ottima e monumentale monografia Calvino fa la conchiglia (Hoepli, 2023). Ciò che nessuno ha mai ricordato, né McDowell né Frau né Scarpa, è che dopo la cerimonia nella Pioneer Valley, alla quale assistette anche Dante Della Terza, Calvino venne da questi invitato ad Harvard per un incontro con gli studenti. Nel 1976, essendo direttore del dipartimento di lingue e letterature Romanze dell’antica università americana, Della Terza lo aveva invitato a tenere un corso semestrale, ma Calvino, dopo un primo assenso, all’ultimo momento aveva dovuto rinunciare. Anche per questo, nel novembre del 1984, non poté sottrarsi al nuovo e meno gravoso impegno.

Ad Harvard, Calvino lesse in inglese il primo capitolo di Palomar: Reading a wave. Chi scrive era presente, giunto lì per l’occasione insieme ai professori della University of Connecticut Robert Dombroski e Joseph Cary, e ricorda lo stupore generale nell’ascoltare la virtuosa descrizione di una singola onda. Pochi capirono il significato di quell’arduo esercizio teso a saggiare le risorse della parola scritta: uno di essi fu Joseph Cary. Ma questa è un’altra storia. È probabile che il passaggio da Harvard, prossimo teatro delle già concordate lezioni, avesse per lo scrittore laureato anche uno scopo pratico. Giovanna Calvino ha rivelato recentemente che, in coincidenza con le Norton Lectures, il piano della famiglia era quello di trasferirsi a vivere negli Stati Uniti. Calvino doveva perciò decidere dove andare ad abitare: se nell’amata New York, oppure nel verde New England, vicino “a quella specie di paese d’Utopia della dottrina e dell’intelligenza che è la Harvard University” (come si legge in uno scritto su Renato Poggioli pubblicato da Luca Baranelli in nota alle Lettere 1940-1985, Mondadori, 2023). Invece trovò ospitalità nell’invisibile città di Bauci, alta sopra le nubi, da dove contempla affascinato la propria assenza.

lubufano@hotmail.com
L. Bufano ha studiato e insegnato alla University of Connecticut