Il «nero antro sofferto» di Umberto Saba
di Nadia Lazzaroni
Una strana bottega d’antiquario
s’apre, a Trieste, in una via secreta.
D’antiche legature un oro vario
l’occhio per gli scaffali errante allieta.Vive in quell’aria tranquillo un poeta.
Dei morti in quel vivente lapidario
la sua opera compie, onesta e lieta,
d’Amor pensoso, ignoto e solitario.(U. Saba, Il Canzoniere, Autobiografia, n. 15)
C’è in via San Nicolò, nell’ombelico di Trieste, una piccola perla per veri bibliofili: la Libreria Antiquaria Umberto Saba. Essa appartenne al poeta del Canzoniere, che la rilevò nel 1919 e vi lavorò per gran parte della sua esistenza, dapprima con alcune commesse e, in seguito, insieme al fidato collaboratore Carlo “Carletto” Cerne. Pochi passi più in là, quasi a vegliare sulla sua bottega di libri, si trova la statua del poeta, rappresentato mentre sta andando a lavorare con berretto, pipa – che però non ha più, perché è stata trafugata – e bastone, «gli spenti / oggetti di un ricordo», come li chiamò Vittorio Sereni.
La libreria è uno spazio che permette di affacciarsi sul passato e fare capolino in una parte considerevole della quotidianità di Saba. Una volta varcata la soglia, i rumori della città scompaiono per lasciare la scena al silenzio consono al luogo. I libri si affastellano quasi senza tregua, interrotti solamente da qualche quadro e da una fotografia dell’autore; sono esemplari d’antan, che odorano di quella carta gialla, vecchia che manda in visibilio i lettori più tradizionalisti. Il locale è di dimensioni contenute, quasi intimo, e Saba, nella poesia Libreria antiquaria, lo definì «nero / antro», perché non riceve luce da nessuna finestra. Il soffitto è alto e i volumi si protendono a toccarlo. La vera punta di diamante è, però, l’Olivetti che troneggia al centro della libreria. La macchina da scrivere in questione appartenne al poeta e fa da pungolo all’immaginazione del visitatore appassionato, che inevitabilmente si figura il suo proprietario intento a scucire i versi indelebili del Canzoniere (ma non solo). E chi davvero vuole avere un’immagine più nitida dell’autore non rimane deluso: a venire in suo ausilio c’è Mario Cerne, figlio di Carletto e attuale libraio, che non esita a raccontare curiosi aneddoti agli avventori più interessati, e a rivelare gli spigoli meno smussati della personalità di Saba. I suoi ricordi, perciò, costituiscono un patrimonio culturale inestimabile.
Il signor Cerne, ora più che settantenne, custodisce questo tempio della cultura italiana dal 1981, ed è un libraio sui generis, dal fare tipicamente triestino. Il suo è un lavoro di certo impervio e una nota di amarezza vela le sue parole, quando parla della libreria. Questi, infatti, sono tempi duri per l’attività libraria: “non mi pare che nessuna libreria autonoma sia florida. È un fenomeno nazionale: le nuove generazioni non sono più attaccate al libro com’erano una volta; adesso hanno anche altre fonti di informazioni – valide o non valide – a cui si appigliano”, mi confida. La figura del collezionista è quasi scomparsa: chi colleziona spesso ha già trovato quello che cercava, mentre per i giovani la libreria antiquaria non ha più alcun significato. Loro cercano l’opera nuova, quella che si trova nelle librerie moderne: “oramai ai giovani il libro d’antiquariato interessa sempre meno. Interessa in generale meno il libro, ma il libro d’antiquariato in particolare: per loro non rappresenta più niente”, concorda il signor Cerne. Ma, nonostante la penuria di clienti, la libreria ha comunque un discreto stuolo di visitatori. Non vanno lì per acquistare, bensì fanno visita alla libreria come se fosse una sorta di museo. Questo accade anche perché – come lamenta il libraio – non esiste a Trieste un museo dedicato a Saba. Purtroppo, difatti, il poeta non è valorizzato nel contesto cittadino, e – racconta – sono molti i turisti a fare un salto da lui, anche se la sua non è una struttura pubblica.
L’opera di Mario Cerne è encomiabile, perché, nonostante le difficoltà, ha continuato ostinatamente a dedicarsi alla libreria, come segno di riconoscenza e rispetto per Saba, che diede un futuro a suo padre. Carletto, infatti, quando aveva diciassette anni, era stato quasi adottato dal poeta. Non aveva genitori, né aveva terminato gli studi e Saba lo accolse nella sua libreria, permettendogli così di lavorare. Per Carlo Cerne Saba fu quindi un padre, il padre che né lui né il poeta avevano mai avuto. Carlo fu di grande aiuto per le sorti del locale: era lui a tenere davvero in mano le redini dell’attività, dal punto di vista commerciale, perché se fosse stato per il vero proprietario, la libreria probabilmente non avrebbe avuto una vita lunga. Saba non aveva il senso degli affari, era scontroso con i clienti che non gli andavano a genio e non esitava a cacciarli. Emblematico, in merito, un aneddoto che Mario Cerne mi racconta: “una volta, una giovanissima studentessa aveva visto una carta geografica in vetrina ed era entrata timidamente in negozio chiedendo quanto costasse. Saba l’aveva squadrata tre volte dalla testa ai piedi e le aveva detto in triestino: e a te cosa interessa? Non farmi perder tempo!”. L’autore stesso riconobbe l’importanza del suo collaboratore e in una lirica del Canzoniere, intitolata per l’appunto Carletto, scrisse: «[…] Io grato / gli sono, e più che non creda. Ripenso / (questo non glielo dico ancora; temo / si offenderebbe; ha in odio i paragoni) / il canarino in gabbia affaccendato». Senz’altro a quei tempi la libreria aveva tutto un altro profilo. C’erano alcuni clienti abituali che non vedevano l’ora che arrivassero nuovi scatoloni pieni di volumi, per poterli aprire. E c’erano molti artisti del calibro di Italo Svevo, Virgilio Giotti, Giani Stuparich che si incontravano abitualmente lì, da Saba. Ma questo, oggi, non esiste più. In ogni caso, per chi voglia informarsi sul trascorso della libreria e su Saba libraio, può essere utile il volume La libreria del poeta, di Elena Bizjak Vinci (Elena Bizjak Vinci, La libreria del poeta. (Umberto Saba), pp. 104, € 15, Hammerle Editori in Trieste, Trieste 2008).
Un interrogativo, infine, sorge spontaneo: cosa accadrà in futuro a questo cimelio di libri antiquari? “A questa domanda aggiungerei altri quattro punti interrogativi”, suggerisce il signor Mario.
N Lazzaroni è laureanda in letteratura filologia e linguistica italiana