Wu Ming 4: “Peter Pan è un personaggio tragico”

Quando il cancello si chiude

di Paola Carmagnani

Nel suo ultimo romanzo Il Piccolo Regno (Bompiani 2016), Federico Guglielmi -membro del collettivo Wu Ming, pubblica con lo pseudonimo di Wu Ming 4 – affronta il tema della crescita, del passaggio, attraverso la voce narrante di un ragazzino diventato uomo che ricorda quella che è stata per lui e per il suo gruppo di amici l’ultima estate dell’infanzia.  Paola Carmagnani, che ha intervistato l’autore per il numero di Settembre 2017, l’ha interrogato anche sull’intimo legame che unisce il libro a uno dei romanzi chiave della letteratura inglese per l’infanzia e sull’infanzia: Peter Pan di James M. Barrie.

Il romanzo Peter Pan compare nei ringraziamenti del suo ultimo libro Il Piccolo Regno (Bompiani 2016). Peter Pan è il bambino che decide di non crescere mai e rimane dentro i giardini dopo l’ora di chiusura dei cancelli. Un’immagine in antitesi con il momento di passaggio, in cui il ragazzino del suo libro chiude dietro di sé il cancello del giardino d’infanzia e ne esce per avviarsi verso l’età adulta: “Ripensando a quei giorni lontani, prima che i cancelli si chiudessero alle mie spalle”, scriveva Kenneth Grahame all’inizio dell’Età d’Oro. Che tipo di rapporto c’è fra queste due immagini simboliche e antitetiche del cancello?

Wu Ming 4: Peter Pan è una storia terrificante. Quando l’ho letta, dopo aver superato la versione disneyana, sono rimasto scioccato dalla vera storia. In particolare dal finale, quando Peter e Wendy si ritrovano e lui quasi non si ricorda di lei, perché ci sono state chissà quante Wendy, perché lui non cresce mai. Questa idea di vivere senza il tempo, in un eterno presente infinitamente frammentato è, come dicevamo, più o meno la condizione esistenziale in cui il discorso dominante ci vorrebbe tenere. Rifiutarsi di compiere il passaggio: è una precognizione che Barrie ha avuto di un destino che ci sarebbe stato imposto qualche decennio dopo. Ho trovato fantastico il modo in cui Barrie fa affrontare a Peter Pan il discorso della morte, quando dice che la morte sarà un’avventura meravigliosa: la morte per lui non è un punto dopo un cammino, è semplicemente un’altra avventura, e il cancello non si chiude mai. Invece si deve chiudere, a un certo punto, altrimenti si diventa Peter Pan, cioè un personaggio fondamentalmente tragico. Quando il cancello si chiude è sempre una lacerazione, ma qualche cosa te lo porti dietro. Anche per questo è stato importante per me scrivere questa storia, per vedere che cosa fosse rimasto a me, e verosimilmente agli altri, di una fase della vita. Nel mio romanzo c’è una frase: “Quello che ci spaventa da bambini ci spaventa per sempre”, perché è vero che noi razionalizziamo, cresciamo, ma in realtà le paure di quando eravamo piccoli sono sempre lì, abbiamo ancora paura del buio. Per me questo è fondamentale, perché quando hai dei figli, se ti sei dimenticato com’era quando eri piccolo fai più fatica, puoi solo recitare la tua parte, essere l’autorità. Il padre del narratore a un certo punto gli dice che avere coraggio non vuol dire non avere paura, ma fare quello che si deve fare nonostante la paura: questo è crescere, non rimanere paralizzato, e per questo ho attinto anche alla mia esperienza diretta di genitore di un ragazzino che ha più o meno l’età del protagonista.

paola.carmagnani@unito.it
P. Carmagnani insegna letterature comparate all’Università di Torino