Siamo i gatti neri, siamo i cattivi pensieri

di Fernando Rotondo

Le due più grandi canaglie dei libri per bambini e ragazzi sono senza dubbio il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso – poi dolcificato e demansionato a Ezechiele Lupo da Disney – e Long John Silver, il leggendario cuoco pirata dell’Hispaniola – gamba di legno e pappagallo sulla spalla – in LIsola del tesoro. Entrambi posseggono la doppiezza fatale della violenza e della seduzione. Il lupo della fiaba vuole mangiare, fare sua, la bambina, mentre il pirata svolge un corso accelerato di formazione di Jim incontro al Male, fatto di ambiguità, di bellezza e malvagità insieme, eppure indispensabile al giovane per crescere, diventare grande, scegliere.

I bambini sono intimiditi ma tentati dagli sconosciuti che offrono caramelle, così come sono terrorizzati dai mostri, ma al tempo non resistono al loro richiamo, per curiosità o sfida o incanto. Al Salone, venerdì 10 Loredana Lipperini (giornalista, scrittrice, blogger), autrice di Il Senzacoda (Salani 2022), ovvero un gatto che con una banda di felini aiuta una bambina a combattere gli incubi più mostruosi, incontra Cristina Brambilla che ripubblica Odore di brodo (Salani 1999; Terre di mezzo 2024), in cui Pietrino per cercare i compagni scomparsi dal collegio impestato e fetente di brodaglia scende nelle cantine tenebrose dove una presenza misteriosa e preoccupante canticchia grugnisce sibila: “Scrocchio et sgranocchio uno crasso ginocchio se oggi non pappo stecchito sarò! / Sgagno quest’osso, est mio? Non lo so! Lo budello s’attorce, la fame mi strozza, io altro non so”. Ritorna in mente la filastrocca Il cuoco Trol di Arrigo Boito (1842-1918): “Trol è un colosso / negro, alto, grosso; / ha una figura / che fa paura; / tocca il soffitto/ quando sta ritto, / sulla ventraia / tien la mannaia. (…) Trol, cuoco e boia, / strangola e scuoia / strozza i puttelli, / cuoce i tortelli, /dà vita e morte, / ma le sue torte, / pei santi dèi! / non mangerei… / Bimbi, copritevi sotto il lenzuol, / ché viene Trol”. Passano i secoli ma i mostri son sempre quelli di una volta.

In merito, è fecondo di idee il saggio della stessa Lipperini e Arduino Danza macabra: un ballo nel fantastico sui passi di Stephen King (Bompiani 2021), titolo che si rifà a quello del maestro di color che son maestri dell’horror Danse macabre (Sperling&Kupfer 2019): nel mondo immaginario, infatti, quale distillato del Male più terrifico e venefico esiste se non il clown di It unito a Randal Flagg, l’Uomo Nero dell’Ombra dello scorpione? Da lì discenderà nel film del 2019 il pagliaccio Joker dal sorriso tossico e laido, il supercriminale visto come un messia dagli spettatori in quanto ne realizza per procura “i cattivi pensieri” (cantava Lucio Dalla).

Fa da lasciapassare fra la vita immaginaria dei libri e quella reale dei bambini, e viceversa, Nel paese dei mostri selvaggi del grande Sendak (Adelphi 2018), che mostra come l’infanzia non sempre sia una comfort zone, ma occulti dentro di sé antri e angoli bui dove si annidano demoni perturbanti come la rabbia, da cui però si può tornare pacificati, dopo averli conosciuti, esplorati, esorcizzati. Cosi come le paure vengono esorcizzate dalle avventure fantastiche delle Creature impossibili (Rizzoli 2023) della nuova saga fantasy di Katherine Rundell, e di Altranotte di Philippe Lechermeier che conclude la trilogia Maldoror (L’Ippocampo 2024), con gli autori presenti al Salone. Per divertire i piccoli lunedì 13 c’è lo spettacolo Il Gruffalò, ispirato all’omonimo albo longseller (Edizioni EL) di Julia Donaldson e illustrato da Axel Sheffler con ironia mild dark, che ora festeggia il venticinquesimo compleanno della serie che racconta la sempre rinnovata e divertente querelle tra il furbo topolino e l’immancabile orco.

Ma come erano da piccoli i mostri, i malvagi, i mascalzoni prima di diventare le terrificanti creature che sappiamo? Lo racconta con dark humour Sébastien Perez in L’infanzia dei cattivi e come divennero così malefici (L’Ippocampo 2024). Ovvero, Dracula, Polifemo, Capitan Uncino, la Regina cattiva, Shere Khan, Baba Jaga, Barbablù, la Strega dell’Ovest etc. fino al Babau che punisce i bambini disobbedienti annegando gli imprudenti che si avvicinano troppo all’acqua o divorando quelli che di notte escono di nascosto: “non esiste una storia senza un cattivo che si rispetti… senza le ombre paurose dei malvagi”, altrimenti sono “poche battute e qualche sbadiglio fra ‘C’era una volta’ e ‘Vissero felici e contenti’”. Beniamin Lacombe accompagna, perfeziona e illumina ossimoricamente d’oscurità le mini-biografie con le illustrazioni di “cose” o animali o bambini inquietanti dalla innocenza perduta o mai avuta. Lo aveva già detto in un aureo libro per ragazzi il filosofo spagnolo Fernando Savater: “bisogna ringraziare i cattivi perlomeno di una cosa: senza di loro, le narrazioni sarebbero noiosissime. Una storia in cui tutti sono buoni è come un hamburger di cartone e senza patatine fritte”, distinguendo però Cattivi e maledetti (Laterza 1996): “I primi lo sono perché lo vogliono…i maledetti sono buoni sfortunati. I veri cattivi lo diventano da soli, ma i maledetti diventano cattivi a opera di noi tutti”.

Poi l’apprendista villain cresce e da grande si mette al lavoro secondo attitudini e istinti peculiari. Di alcuni fra i più orribili, ma proprio per questo più morbosamente fascinosi, viene continuamente ricostruita la vita, immortale perché immaginaria, letteraria, ma ogni volta da un diverso punto di vista: “Siamo i cattivi. Ci nascondiamo negli incubi nelle camere buie. E adesso vogliamo parlare”. È questo il proposito di Francesco Carofiglio, autore della serie Cattivi (Feltrinelli), della quale sono usciti i primi due titoli, Mister H., il doppio amorale, ma voluto e voluttuosamente agito, dal buon Dottor Jekyll, e Lady D. la sanguinaria, dove ricompare Van Helsing, seguito da un misterioso animale selvaggio fin nei sotterranei di Londra e al cimitero di Hightgate dove una leggenda colloca la tomba stregata di un vampiro (ma c’è anche quella vera di Karl Marx, autore con il sodale Friedrich Engels del Manifesto del Partito Comunista: “Uno spettro si aggira per l’Europa” – ricordate l’incipit?).

Ma il più cattivo di tutti – e qui si parla non di vita immaginaria, ma reale, vera –, più del Clown, di It e del Joker messi insieme, si chiama Hitler. Che c’entra l’“imbianchino”? (così lo dannò per l’eternità Brecht). Venerdì nella Sala Olimpica – dove se no? – Giuseppe Assandri dialoga sulle Olimpiadi con Giovanni Tosco, giornalista di “Tuttosport”, a partire dal suo romanzo Berlino 1936 (San Paolo), che racconta la bella storia di leale rivalità sportiva e di amicizia fraterna fra il tedesco Luz Long e l’afroamericano Jessie Owens, vincitore di quattro medaglie d’oro davanti al Führer che se ne andò via fuori di sé dalla rabbia, nei Giochi immortalati tra l’altro dal documentario di propaganda, ma opera d’arte, di Leni Riefensthal. Che riprende i due più volte e a lungo come esemplare epitome della bellezza e potenza atletica combinate ed esaltate al massimo. Chiude il libro, icasticamente, la solare fotografia del biondo ariano e del “negro” distesi sul prato spalla a spalla che chiacchierano sorridenti, amichevoli, sereni. Le loro nipoti Gina Owens e Julia Long nel 2004 accesero insieme la fiamma olimpica nell’Olympiastadion.

I cattivi che vogliono essere cattivi esistono ancora, purtroppo, ma vanno affrontati e combattuti, sempre, se necessario. Ce lo ricorda la conclusione di un pezzo di Francesco Merlo su “Repubblica” da conservare, incorniciare: “Papà Salis è quel papà che in quella cella conforta la sua Ilaria con la voce di John Lennon: Close your eyes / have no fear / the monster’s gone / he’s on the run /and your daddy’s / here’. Cara Ilaria, chiudi i tuoi occhi, non aver paura, il mostro se n’è andato / sta scappando via / e il tuo papà è qui.”

rotondo.fernando@gmail.com
F. Rotondo è studioso di letteratura per l’infanzia