Chiavi alla mano
recensione di Marilena Parlati
dal numero di ottobre 2017
Nicoletta Vallorani (a cura di)
INTRODUZIONE AI CULTURAL STUDIES
UK, USA e paesi anglofoni
pp. 209, € 19
Carocci, Roma 2017
Nei primi anni novanta ci arrivavano ancora gli echi dei progetti che nella culla italiana dei Cultural Studies, l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, si erano andati muovendo, agitando con passione politica spazi già mai rigidamente tradizionalisti. Negli anni settanta erano arrivate in Italia le suggestioni metodologiche dei “padri degli studi culturali” anglofoni; a portarli, lo ricorda Nicoletta Vallorani nelle sue Istruzioni per l’uso, erano stati donne (soprattutto) e uomini preziosi, docenti appassionanti che portarono con decisione e dedizione il loro impegno in aule dove incontravano studentesse e studenti d’ogni sorta (e classe, finalmente). Da quegli anni in poi, quei luoghi, e i nuovi spazi nei quali si diffondevano gli studi culturali e poi post-coloniali in Italia, sono fioriti di un’apertura alle varie forme della testualità, della medialità, delle voci dal margine.
Sovente agli studi culturali viene associata un’attenzione al contemporaneo, ma la consapevolezza delle radici terminologiche e ideologiche dei discorsi in cui ci immergevamo e da cui eravamo costituiti non è mancata mai, né mai dovrebbe mancare. Questo il motore che aveva spinto a seguire i passi di studiosi come Raymond Williams, Richard Hoggart e poi Stuart Hall (solidamente ancorati alle riflessioni di Antonio Gramsci): non solo leggere una “cultura”, ma ancor più leggerne la molteplicità, leggersi attraverso gli orizzonti in essa disponibili e, soprattutto, aprirne di nuovi per vedere altrimenti. Nel suo presentare il volume, Vallorani chiarisce che questo attraversamento costante, mai sazio, dei confini disciplinari era e rimane la precipuità degli studi culturali: fare culture, al plurale, da nuovi centri (pur se l’idea stessa di “centro” resta discutibile) da cui prendere, o meglio fare infine sentire, parola, riscrivendo le egemoniche proprietà della letteratura, dell’arte, del potere.
Il volume offre spazio ad autori che offrono un’argomentazione consapevole, poliedrica come nella migliore tradizione culturalista, che tocca in primis le radici fondative di questi studi, dipanandone alcune matasse terminologiche, per procedere verso “studi del caso” più specifici, spesso letterari, che provano in maniera convincente la necessità di abbandonare ogni maniacale difesa di territori: le membrane protettive tra letterature e altre forme di produzione culturale non possono che essere porose, e solo per questo fertili, letteralmente vitali. Tra i saggi della prima parte del volume, dal titolo Letteratura e cultura, quello di Paolo Caponi e Nicoletta Vallorani centra la “chiave” di volta discorsiva dell’intera raccolta, indicando la strada verso alcuni dei più complessi campi dell’estremo contemporaneo. Non a caso, per primi si attraversano gli studi su trauma e terrorismo (Emanuele Monegato), che inventano e sondano modi e lessico che consentano di pensare l’impensabile e che si stagliano quale territorio “di combattimento” di particolare emergenza nella globalità contemporanea; si cammina poi lungo i sentieri mai scontati degli studi di genere (Anna Pasolini), qui declinati al femminile, e del dibattito sulla corporeità e sul suo statuto (anche) culturale. Non manca un accorato peana in favore degli studi post-coloniali (Serena Guarracino), che parrebbero assodati e che invece, fuori dalla ristretta nicchia di certi ambiti universitari, sono forse ancora poco conosciuti, restando invece fondamentale strumento metodologico per aiutare a capire, e magari pilotare diversamente, le storie e le politiche dei nostri stati dichiaratamente democratici nei confronti dei propri archivi mnestici e del “momento postcoloniale”.
Musica e immagine
La seconda parte del volume, Musica e immagine, focalizza altre pratiche discorsive, altri ritmi e “panorami” grafici, archivi sonori e di performance. Dopo una disamina accurata del graphic novel (Daniele Croci), genere popolare e squisitamente meticcio nella sua “duplice ontologia” (forse non riducibile a un binarismo così semplicistico) si incontrano i Sound Studies (Giampaolo Chiriacò), che proseguono gli studi decennali di Iain Chambers e Paul Gilroy per tendere l’orecchio a possibili “futuri udibili”. Il volume chiude con una messa in discussione della natura “anfibia” della serialità televisiva, in particolare dei popolarissimi Sopranos (Cinzia Scarpino) e una riflessione di Vallorani, che “documenta” lo spazio e i soggetti urbani e riporta alla natura sempre esperienzale, in situ, del viaggio migrante raccontato attraverso l’immagine cinematografica.
In definitiva, il volume mantiene le promesse: ripercorrendo in maniera forzatamente e dichiaratamente riassuntiva le linee radicali dei termini che tiene in forma, si dà quale efficace strumento di iniziazione a chi nulla sappia di studi culturali proprio nel suo mostrare aperture, nel passare ai suoi lettori, alle sue lettrici, con i suoi attrezzi, il testimone di un impegno attento e sempre più necessario.
marilena.parlati@unipd.it
M Parlati insegna letteratura inglese all’Università di Padova