Gettarsi l’America alle spalle
recensione di Massimo Bacigalupo
dal numero di aprile 2018
Henry David Thoreau
CAPE COD
ed. orig. 1865, trad. dall’inglese di Francesco Gallavresi
pp. 486, € 16,50
La Vita Felice, Milano 2017
Il Capo Merluzzo, un gomito che si inoltra nell’Atlantico proteggendo la baia al cui centro è Boston, una striscia di terra sabbiosa e desolata, sparutamente abitata, costellata di relitti, qualche faro, casupole per eventuali naufraghi. Noiosissimo luogo, che Thoreau non si stanca di descrivere nei minimi particolari botanici, minerali e umani. E non stanca noi, perché tutto quello che dice risponde a una cosa vista, a una conoscenza del mondo: “I dettagli più semplici sono sempre i più benaccetti da una mente indagatrice”. Il fatto è che Thoreau ha l’umorismo asciutto dello yankee della Nuova Inghilterra, non batte ciglio nel profferire freddure. Incontra “due ragazzi italiani che avanzavano faticosamente attraverso la sabbia, i loro organetti in spalla (…) Abbiamo concluso che avevano scelto bene di venire qui, dove è rara altra musica che non sia quella delle onde. Così la grande civilizzatrice spedisce i suoi emissari, prima o poi, in ogni capo sabbioso del Nuovo Mondo e là intima ai selvaggi di arrendersi”. Immagino che questa civilizzatrice sia l’Italia (o l’Europa?). Il traduttore o non ha capito o la pensa diversamente poiché traduce “il grande civilizzatore”. Andrebbe confrontata la traduzione di Riccardo Duranti pubblicata nel 2011 da Donzelli. Due traduzioni in pochi anni di un testo così eccentrico significano certo che Thoreau oggi è un autore da non perdere, e aggiungo da godere. Uno che per una volta non racconta storie ma osserva lo hic et nunc di 170 anni fa. Informa molto, e insegna un metodo.
Nel primo impressionante capitolo si imbatte nel naufragio di un bastimento di emigranti irlandesi, i cui cadaveri sono sparsi sulla battigia. Li guarda con totale distacco, dice che uno solo gli avrebbe certo fatto più impressione che questa scena di battaglia. Quella ragazza con gli occhi sbarrati, un nastro intorno al collo gonfio. Su questo il “New Yorker” ha recentemente imbastito una polemica su Thoreau classico da mettere all’indice, autoreferenziale, fanatico… È vero che ci lascia interdetti quando, forte sembra della sua fede, ci dice che mentre piangiamo i morti questi magari stanno meglio “altrove”. Ma è un naturalista che guarda nel piccolo l’avvicendarsi dei secoli e dei popoli. Infatti ci legge molte pagine delle cronache più antiche, fin da quelle dei coloni islandesi precolombiani. E l’orizzonte vuoto di Cape Cod con l’eterna risacca si rivela un crocicchio dove dal Cinquecento sono passati tutti per esplorare, colonizzare, commerciare. Fin da allora il merluzzo veniva pescato qui e riportato in Europa. Thoreau non ha nessuna reverenza per i padri pellegrini arrivati a Cape Cod nel 1620, “piuttosto recentemente” dice. Insomma, leggere questo libro produce un continuo arricchimento e ci permette di stare insieme a un personaggio di cui non possiamo, una volta scoperto, fare a meno. In questa edizione fa piacere avere a fronte il testo inglese, ma ci voleva più attenzione nel trascriverlo. C’è perfino un “Hitler” in luogo di “hitherto”. Perdoniamo l’editore per aver rimesso queste pagine in circolazione. Si veda solo l’ultima battuta: “Un uomo può stare qui e gettarsi tutta l’America alle spalle”.
massimo.bacigalupo@gmail.com
M Bacigalupo insegna letteratura americana all’Università di Genova