Eric R. Kandel – Arte e neuroscienze

Quello che aveva intuito Mondrian

recensione di Elena Canadelli

dal numero di marzo 2018

Eric R. Kandel
ARTE E NEUROSCIENZE
Le due culture a confronto
ed. orig. 2016, trad. dall’inglese di Gianbruno Guerriero
pp. 244 , € 26
Raffaello Cortina, Milano 2017

Eric R. Kandel - Arte e neuroscienzeNel 1959 il fisico molecolare Charles P. Snow affrontò per la prima volta le ragioni del complesso rapporto tra le due culture: quella scientifica, dedicata alla comprensione della natura, da una parte, e quella umanistica, incentrata sull’esperienza umana, dall’altra. A distanza di quasi sessant’anni, il tema è quanto mai attuale, come dimostra il recente libro del neuroscienziato Eric R. Kandel, premio Nobel per la medicina nel 2000 grazie alle sue ricerche sui meccanismi biochimici che portano alla formazione della memoria nelle cellule nervose.
Alla ricerca di un ponte tra scienza e arte, Kandel si concentra sullo studio della visione, della percezione e della memoria da parte delle neuroscienze, seguendo in parallelo l’opera di alcuni artisti astratti della scuola di New York degli anni quaranta e cinquanta del Novecento come Jackson Pollock, Willem de Kooning e Mark Rothko. Per farlo, si muove con disinvoltura tra le teorie estetiche di Ernst Gombrich sul ruolo dell’osservatore, i recenti lavori dei maggiori neuroscienziati, neurobiologi, psicologi cognitivi e della visione, senza trascurare la storia e la psicologia dell’arte e perfino i grandi classici della filosofia come Kant, Hume, Locke e Cartesio. In una prospettiva genuinamente umanistica, per Kandel in ultima analisi le neuroscienze non fanno altro che rispondere alle grandi domande sull’esistenza umana, che già i più grandi filosofi del pensiero occidentale avevano posto secoli fa: come funziona la memoria, come impariamo, come percepiamo il mondo esterno, qual è la natura della coscienza. Mescolando discipline diverse, Kandel arriva alla conclusione che la percezione visiva è un processo mentale elaborato e che artisti come Mondrian, Rothko e Louis lo hanno compreso e realizzato nelle loro opere in maniera intuitiva.

Dialogo alla pari

Se la prima parte del volume fornisce gli strumenti necessari per comprendere il funzionamento biologico del cervello quando si parla di percezione visiva, apprendimento e memoria, la seconda è invece dedicata all’analisi delle opere di alcuni artisti astratti della scuola di New York e di altre figure come Piet Mondrian e Morris Louis, Andy Warhol e James Turrell. In particolare, Kandel si sofferma sul ruolo che le forme, le linee, i colori, l’astrazione, la luce giocano nelle loro tele e nello loro installazioni rispetto al modo in cui funziona il cervello umano. In queste pagine neuroscienze e arte sono intimamente connesse. E così, mentre leggiamo dell’aggressività e della sensualità sublimati nei quadri di Klimt, apprendiamo anche che i neuroscienziati hanno recentemente stabilito che l’aggressività e l’accoppiamento sono mediati da una stessa popolazione di neuroni e che i circuiti cerebrali che regolano questi due comportamenti apparentemente opposti sono in realtà intimamente legati, dato che la differenza dipende unicamente dall’intensità dello stimolo applicato a questo gruppo di neuroni posti all’interno dell’ipotalamo.

Più volte, nel corso del libro, Kandel usa la parola “riduzionismo”, riferendosi in maniera specifica all’attività di scomporre concetti e forme complesse nelle loro componenti essenziali. Ed è su questo terreno che egli fa incontrare lo studio del cervello con l’arte astratta, individuando in questo approccio riduzionistico una potente analogia che viene applicata in tutto il volume. Come scrive nell’introduzione, infatti, “gli scienziati usano il riduzionismo per risolvere un problema complesso, mentre gli artisti lo sfruttano per suscitare una nuova risposta percettiva ed emotiva in chi guarda”. Lungi dal voler ridurre ogni cosa sotto il cappello delle neuroscienze, Kandel, che beneficia del fecondo humus della Columbia University di New York, auspica un sincero dialogo “alla pari” con il mondo dell’arte. Qualcosa di simile, lo aveva già proposto in un altro suo libro pubblicato in Italia sempre da Cortina con il titolo L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni (2016). Kandel è convinto che tra i compiti assegnati alle nuove scienze della mente vi sia anche quello di collegare la biologia del cervello alle discipline umanistiche. Se da un lato i neuroscienziati devono comprendere come il cervello si comporta di fronte a un’opera d’arte e in che modo noi essere umani elaboriamo la percezione, le emozioni e l’empatia, dall’altro gli artisti possono beneficiare di questo dialogo utilizzando nel loro processo creativo una comprensione più completa della biologia della percezione e della risposta emotiva dell’osservatore. A detta di Kandel, come Leonardo da Vinci usò la propria conoscenza dell’anatomia umana per implementare la sua arte, così gli artisti contemporanei potranno trovare nelle più recenti neuroscienze un valido strumento per il proprio lavoro. Il libro traccia quindi un programma di lavoro ambizioso alla ricerca di un terreno comune per ricucire il ponte tra le due culture: il tempo dirà se Kandel aveva ragione.

elena.canadelli@unipd.it

E Canadelli insegna storia della scienza e della tecnica all’Università di Padova