Surf sulle onde della letteratura
Ciò che rende unico “L’Indice” nel panorama delle riviste di recensioni librarie è il suo carattere trasversale rispetto alle discipline (storia, società, politica, arte, fumetti, musica, scienze, religione, filosofia…). Capita però che il giornale risulti sbilanciato verso un ambito particolare e questa volta, a maggio (il mese in cui Torino celebra il libro nella sua fiera), “L’Indice” dedica uno spazio ampio alla letteratura. Fra i “Segnali” un’intervista a Franco Cordelli che, in occasione della pubblicazione di Una sostanza sottile, fa una dichiarazione (interessante anche dal punto di vista di chi lavora nella redazione di un giornale) nei confronti del lavoro critico: “Di fatto, io faccio il critico perché è capitato così nella vita, perché l’ho cercato, perché è il lavoro che somiglia meno a un lavoro, perché è uno dei lavori più liberi che ci siano”.
Dal lavoro “libero” del critico al taccuino di guerra di Vasilij Grossman, che è “il libro del mese” di questo numero e su cui scrivono Giulia De Florio, Maria Ferretti e il direttore dell’”Indice”: “Leggere con gli occhi del war correspondent di oggi questi lontani taccuini che poi faranno le cronache della “Krasnaja zvedza” provoca non pochi imbarazzi: l’asciuttezza drammatica del racconto, l’evidenza esclusiva dei fatti, l’assenza di qualsiasi compiacimento personalistico, dicono nel confronto quanto l’egemonia del modello comunicativo televisivo stravolga la narrazione di oggi, e metta in primo piano l’insopportabile reporter-divo”. La “narrazione dell’oggi” di cui parla Mimmo Candito è anche al centro di Numero 11, un sequel/non sequel di La famiglia Winshaw di Jonathan Coe, scrittore che viene intervistato e recensito da Mattia Zuccati: “Il romanzo può essere letto, in effetti, come un catalogo ragionato dei mali che affliggono l’Inghilterra di oggi. La struttura aperta, la mescolanza di generi e la coralità permettono a Coe di muoversi agilmente nel tempo e negli ambienti (…). Ci sono le oscure energie collettive che danno vita ai reality show, e si incanalano nelle gogne dei social media, ci sono i crimini economico industriali di una classe che ancora domina impunita e infine le perversioni di un mondo, anche intellettuale, che sceglie il denaro come misura di tutte le cose”.
Numerose le novità presentate nelle pagine dei narratori italiani (Pier Luigi Celli, Antonio Moresco, Paolo Maurensig, Tito Faraci) ma da segnalare la pubblicazione da parte di Einaudi di un libro del 1990 di Alice Munro (Amica della mia giovinezza) e del poliziesco Duffy di Dan Kavanagh del 1980, recensito da Giulio Segato. Vero è tuttavia che il carattere letterario del numero di maggio si rivela soprattutto nella direzione di importanti riscoperte di autori rimasti in ombra e ora oggetto di coraggiose riproposte editoriali: Domenico Calcaterra rilegge l’opera di Pomilio alla luce della ripubblicazione di Il quinto evangelio: “A oltre venticinque anni dalla sua scomparsa, a rileggerlo colpisce la cocciuta spregiudicatezza con la quale Marco Pomilio si sforzava di ricercare quel ‘contatto col grande’ in cui, come scrisse nell’empatica Lettera a una figlia (poi confluita in Scritti cristiani, 1979), risiedeva tutta la forza della sua ‘pedagogia morale’”. Carlo Lauro dedica invece alle Memorie d’oltretomba di Chateaubriand un illuminante articolo in una pagina dedicata ai “classici”; lo scrittore appare un “navigatore tra due rive”, testimone ultimo di società che scompaiono e che descrive alternando tratti di grande vivacità e di nichilismo: “è la grande e feconda contraddizione dei Mémoires d’outre-tombe quella di contenere, da un lato, un debordare di vitalità: tornanti storici, incontri capitali (da Washington allo zar Alessandro), esplorazioni, viaggi, ispirazioni letterarie, esperienze militari, carriera politica, riflessioni filosofiche, vicende amorose (…); dall’altro, di riattraversare il tutto con un nichilismo strisciante, in cui a dominare è l’invincibile ennui: ‘ Tutto mi viene a noia: trascino con fatica il mio tedio con i miei giorni: ovunque la vita è uno sbadiglio’”.
Paola Della Valle recensisce Un uomo solo, il capolavoro dello scrittore neozelandese John Mulgan, scritto nel 1939 e ora tradotto in italiano. Ma la “riscoperta” più ghiotta è quella dell’opera di Celati, attraverso uno “speciale” di quattro pagine che prende le mosse dalla pubblicazione del Meridiano a cura di Marco Belpoliti e Nunzia Palmieri, per poi descrivere il mondo culturale in cui si muove lo scrittore (fra Basaglia, Derrida e Foucault), tentare, come fa Anna Palumbo, un confronto con Stendhal e Antonio Delfini e indagare la storia (anche editoriale) di La banda dei sospiri (attraverso gli interventi di Massimo Castiglioni e Maria Pia Arpioni). Scrive Ivan Tassi: “Uno dei traguardi principali della scrittura di Celati – come torna a dirci Belpoliti, e ci testimoniano anche le ‘cronache’ di viaggio raccolte nell’ultima parte del volume – consiste in una sorta di ripulitura dello sguardo e della voce, che una volta affrancati da infingimenti nel racconto e nella descrizione delle ‘cose’ possono riportare alla ribalta in panoramiche senza didascalie né melodrammi, e con la grazia di un’oralità quasi fiabesca, il niente, la pochezza e il vuoto di una melanconica quotidianità”.
Il forte sbilanciamento verso il versante letterario del numero di maggio non porta tuttavia a escludere altri settori e altri argomenti: Federico Paolini spiega il cortocircuito referendario che si è creato intorno alla questione delle trivelle, mentre Fabrizio Tanzilli dedica una pagina al calciatore Johan Cruiff appena scomparso. Il collettivo La Boétie intervista Luc Boltanski, autore del saggio Il nuovo spirito del capitalismo, sui temi della deindustrializzazione e dell’economia dell’arricchimento; poi un segnale di Maria Rizzarelli sulla memoria attraverso l’analisi di due fototesti (Asterhusher di Michele Mari e Tumbas di Cees Nootemboom). Traumi infantili nel Segnale di Orbecchi, le rivisitazioni classiche di Maurizio Bettini ripercorse da Angela Maria Andrisano e intervista e recensione a Giacomo Todeschini, autore di La banca e il ghetto. E ancora alimentazione, divulgazione matematica, fumetti, rivoluzione francese. E una lettura a quattro mani dell’ultimo film dei fratelli Cohen.
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