La musica è anche pensiero
di Liana Püschel
A fine settembre, ho partecipato alla Notte Europea dei Ricercatori insieme a un gruppo di collaboratori degli insegnamenti musicologici del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino. Il nostro stand aveva un titolo essenziale, Che cos’è la musica? Dentro i passanti non trovavano una risposta, ma un invito a partecipare a una serie di esercizi di ascolto con l’obiettivo di riflettere sul significato della parola “musica”. A fine giornata ci avevano lasciato le proprie definizioni di musica persone di ogni genere: insegnanti del conservatorio in pensione, bambini che ancora non sapevano scrivere, ingegneri, ballerini professionisti, studenti Erasmus… Nonostante la platea dei partecipanti fosse così variegata, un’idea di musica, espressa in modi diversi, è prevalsa su tutte le altre: “la musica è un’emozione”, cioè, la produzione e la fruizione musicale coinvolgono prevalentemente, se non addirittura in modo esclusivo, la sfera emotiva.
Ma veramente la musica è solo la trascrizione di un sentimento? Essa parla esclusivamente la lingua del cuore? Non c’è niente da capire? Di fronte a un pezzo come il Magnificat di Johann Sebastian Bach, dobbiamo limitarci a far battere il nostro cuore al suo ritmo? Un ascolto attento, abbassando il volume delle nostre emozioni, non ci svelerebbe bellezze più profonde? Per arricchire l’approccio sentimentale e allargare il proprio orizzonte di ascolto ci si può informare leggendo, ascoltando conferenze e programmi radiofonici, imparando a suonare; solo così si scopre che la musica non è solo sentimento, ma anche pensiero.
Credo che una sintesi efficace di questa idea si trovi in una striscia di Joaquín Lavado, in arte Quino. In Italia questo fumettista è famoso grazie al personaggio di Mafalda, una bambina che mette in crisi il mondo degli adulti, che ama i Beatles e che ha una mamma che ha rinunciato al pianoforte dopo il matrimonio (la recensione dell’Indice di Tutto Mafalda, Salani, Milano, 2013). Ma Quino ha disegnato molto altro, come dimostra la ventina di volumi che raccolgono le sue vignette, di cui negli ultimi anni solo alcuni sono stati pubblicati in Italia dall’editore Salani. Nella maggior parte delle raccolte l’autore include disegni che ritraggono con acuta ironia, e talvolta con tenerezza, le manie e il narcisismo dei musicisti e del pubblico; i migliori si trovano in Ni arte ni parte (Lumen, 2011, pp. 72, €10,90), un’antologia dedicata alle arti che non è ancora uscita in italiano ma che, per la scarsissima quantità di testo, è adatta a ogni tipo di lettore. Proprio qui si trova la striscia a cui mi riferivo: cosa ne pensate?
lianapuschel@yahoo.it
L Püschel, cultrice della materia Storia della Musica presso l’Università di Torino