Marino Neri – Cosmo

Le stelle nel deserto di Atacama

recensione di Maurizio Amendola

dal numero di settembre 2016

Marino Neri
COSMO
pp. 182, €16,15
Coconino Press, Bologna 2016

Marino NeriCosmo è nudo, senza maschera. Ha recitato un addio lanciandosi in una fuga in cui non è solo, l’Ombra che la vita gli ha dato lo segue interrogandolo sull’origine della vita, allenandogli la memoria con i nomi dei pianeti, delle specie animali. Villa Serena è un centro socio riabilitativo, ma Cosmo ha davvero bisogno di essere riabilitato? Percepisce il mondo oltre i suoi confini, fino allo spazio profondo. E le stelle lo seguono nel suo viaggio solitario, sono spettatrici di un mondo piccolo e solo, come Cosmo. Cosmo non ha bisogno di cure, ha bisogno di andare altrove, come tutti.

Marino Neri ha steso in 180 tavole una straight story in cui un ragazzo cerca in tutti i modi di non essere visto e tantomeno toccato. “Non credo di essere chiuso, cerco di capire come funzionano le cose”. La sua meta è una chimera: il deserto di Atacama, dove la terra è arida ma il cielo è limpido. Lo aspetta il telescopio più grande del mondo, grazie al quale potrà osservare da vicino le stelle che se ne stanno andando per non tornare mai più. Il primo treno è quello buono. La vista dei viaggiatori notturni però lo turba. Non può fare a meno di rifugiarsi nel bagno di una stazione, fino a quando anche l’ultimo passeggero si è dileguato. Cosmo rimane solo, con l’Ombra che continua a parlargli. Fino al suo primo incontro: Ismael. Può insegnarti a vivere in strada solo chi in strada sa sopravvivere. “Lo sai perché le persone si ammalano di tristezza? Non sopportano l’idea di rimanere sole”. I primi insegnamenti on the road, insieme al primo dono: un ciondolo a forma di stella. Poi una trappola, un furto fallito, l’abbandono.

Le pianure secche dove recinti circondano il nulla, baracche abbandonate, boscaglie in disordine sotto un cielo pulito, lontano dall’inquinamento metropolitano. È facile provare la sensazione, quando ci si allontana abbastanza dai grandi centri, di sentirsi in un altrove. La via di Cosmo attraversa questi scenari dove il viaggio solitario si trasforma in inseguimento. Non capiamo di preciso chi siano, Ezio e Brando. Capiamo subito cosa portano sempre con sé, oltre al fedele fucile: un odio verace verso tutto ciò che non è simile a loro. Nessuna esitazione: il diverso va eliminato. Cosmo prova, al contrario, un amore razionale verso ogni forma animale: ne definisce i bisogni, ne decodifica l’esistenza.

“Ofelia dietro la finestra, mai nessuno le ha detto che è bella”. Il verso Dylaniano di Via della povertà targato De Andrè/De Gregori è rappresentato esplicitamente in una vignetta da Marino Neri quando Cosmo saluta il suo rifugio di una notte. Ofelia è la timida coetanea dai capelli rossi che avvolge il suo universo nella camera da letto, lontana da tutto e tutti. “A volte vorrei essere di gomma, per non sentire nulla”. Si prende cura del suo ospite, gli porta da mangiare, non lo tratta da invasore. Nel momento di maggiore intimità, in cui entrambi mettono a nudo le loro debolezze, Cosmo le dona una briciola della sua conoscenza: “Nel mare ci sono le balene. Le balene in una vita percorrono più di ottocentomila chilometri. Anche se non lo sanno questa distanza è la stessa che c’è tra la terra e la luna (…) L’uomo invece è un mammifero di media taglia, un primate della specie Homo. Gli uomini sono sempre alla ricerca della felicità. Alcune persone la definiscono come la miglior condizione che si può vivere. Io però penso che gli uomini siano soltanto animali con molti problemi”. Siamo fragili, proviamo a colmare le distanze che ci rendono insicuri, in qualunque modo. Cosmo mette a fuoco i limiti umani di fronte alla magnificenza della natura e alla grandezza del firmamento. Un Walt Whitman nascosto nel cappuccio della felpa: il suo è il passo di chi non censura né respinge, ma innaffia le radici di tutto ciò che cresce.

I colori caldi di questo fumetto facilitano la possibilità di abbandonarsi a una lettura che affronta spesso il buio. Fino all’ultima pagina, dove ci allontaniamo insieme a una stella, Cosmo ha affrontato i suoi nemici, si è ritrovato capo di un esercito di gatti a fare da guardia a una discarica. Come il famoso abitante del pianeta B-612 Cosmo che è piccolo sì, ma certo non principe, incontra una volpe che non ha avuto il tempo di avvertirlo a proposito degli uomini noiosi interessati solo alle galline, ai fucili e alla caccia. La volpe è ferita, si fanno una silenziosa compagnia, fino al tir dentro cui Cosmo si nasconde. “Quando si viaggia è così, arriva sempre il momento dei saluti”. Ha ragione la sua Ombra. Ciao Cosmo, racconta presto a noi che restiamo se le stelle sono così grandi e luminose nel deserto di Atacama.

amendola.mau@gmail.com

M Amendola è sceneggiatore e speaker radiofonico

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