Dispacci da Cannes: il male della Storia secondo Scorsese e Glazer

 

a cura di Grazia Paganelli

Si ispirano a storie realmente accadute due dei film più potenti visti nel ricco programma del 76esimo Festival di Cannes.  Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese e The Zone of Interest di Jonathan Glazer, il primo interpretato dagli ormai abituali compagni di viaggio Robert De Niro e Leonardo Di Caprio, il secondo da Natalie Portman e Julianne Moore (che Haynes diresse in Lontano dal paradiso). E c’è chi scommette sulla sua presenza nel palmarès conclusivo della kermesse. 

Tratto dal saggio Gli assassini della terra rossa di David Grann (in Italia pubblicato da Corbaccio), Killers of the Flower Moon torna ai primi anni Venti del secolo scorso in Oklahoma, dove torna anche Ernest Burkhart dopo aver combattuto al fronte della Grande Guerra. Nella nativa cittadina di Fairfax è in cerca di un’occasione che suo zio William Hale gli ha promesso. Perché i nativi della Nazione Indiana degli Osage sono diventati improvvisamente ricchi, dopo la scoperta di copiosi pozzi petroliferi. Su consiglio dello zio, Ernest sposa una donna nativo-americana, con lo scopo di godere di tanta ricchezza e di strapparla di mano ad un popolo che l’uomo bianco ha da sempre deliberatamente sottomesso e sfruttato. E infatti, le morti sospette si moltiplicano proprio tra la popolazione nativa, imponendo l’intervento delle forze dell’ordine. Un atto di accusa importante e sentito, quello di Scorsese, che ha scritto la sceneggiatura (con Eric Roth oltre che lo stesso Grann) apportando non poche modifiche al libro di partenza, cambiando soprattutto il punto di vista: protagonista non è più l’agente del Bureau of Investigation, che indaga su quelle morti, ma quello di Ernest Burkhart che sarà artefice più o meno volontario di tanta rapacità, lasciandosi coinvolgere in un complotto destinato ad avere drammatiche conseguenze. “Quando mi è stato proposto il testo – ha dichiarato Scorsese – la prima cosa a cui ho pensato è che bisognava rispettare le vittime della vicenda, il loro modo di vivere, i rituali, il valore, l’amore verso la loro terra. Mi sono interrogato sulla capacità di disumanizzare gli altri esseri umani, sul senso di colpa che questo dovrebbe provocare, sul razzismo”.

The Zone of Interest di Jonathan Glazer, invece, è tratto dal libro La zona d’interesse (in Italia è pubblicato da Einaudi) di Martin Amis, morto pochi giorni fa. Il film segue la vita quotidiana di una famiglia tedesca che vive accanto al campo di concentramento nazista di Auschwitz durante la Seconda Guerra Mondiale.
E mentre una famiglia polacca aiuta di nascosto alcuni prigionieri, nel campo nasce una storia d’amore clandestina tra un ufficiale nazista, Angelus ‘Golo’ Thorsen, nipote del gerarca nazista Martin Bormann, e la procace moglie del comandante del campo. Girato ad Auschwitz in lingua tedesca e polacca. Una storia scomoda e crudele, basti pensare al fatto che il romanzo fu inizialmente rifiutato da diversi editori, per il modo irriguardoso con cui si parlava di olocausto per via della pungente ironia che nasce dalle vicende narrate.

“Penso che la paura sia sempre presente, – ha dichiarato il regista. – E questo spinge le persone a un comportamento irrazionale. La folla incoraggia l’abdicazione della responsabilità personale. È il caso dell’ascesa del nazionalsocialismo in Germania che è stata come una febbre che ha preso le persone, una cosa che potrebbe accadere di nuovo”.