76esimo Festival di Cannes, tra conferme e nuovi territori
a cura di Grazia Paganelli
Quello che si è aperto da pochi giorni è un Festival di Cannes all’insegna del glamour, ma anche della sostenibilità, del cinema italiano e dei nuovi territori. Con il chiaro intento di far dimenticare definitivamente le restrizioni dovute al Covid, infatti, andrà in scena un’edizione ricca di grandi ospiti: da Johnny Depp, protagonista del film di apertura Jeanne du Barry di Maiwenn, a Michael Douglas, che riceverà la Palma d’oro alla carriera e sarà protagonista di una masterclass attesissima e sold out, fino a Harrison Ford, protagonista dell’ultima avventura di Indiana Jones, il quadrante del destino. Tra i registi, sono attesi Martin Scorsese con il suo Killers of the Flowers Moon e Wes Anderson con Asteroid City, per fare solo due esempi.
E se molto si è detto sulla presenza italiana, rappresentata da registi che con il festival hanno ormai stabilito una consuetudine (Nanni Moretti con Il sol dell’avvenire, Marco Bellocchio con Rapito, che uscirà nelle sale italiane il 25 maggio e Alice Rohrwacher con La chimera), meno si dice dei numerosi film che rappresentano paesi raramente presenti sugli schermi cannensi, a testimonianza di una vitalità del cinema mondiale di cui in Italia arrivano solo pallide tracce. A partire dalle cinematografie africane, che fanno l’ingresso in concorso con due film: il primo lungometraggio della regista senegalese Ramata-Toulaye Sy, Banel e Adama, storia d’amore tra due giovani che cercano di rompere le rigide regole del villaggio del Senegal in cui vivono, e Les filles d’Olfa, della regista tunisina Kaouther Ben Hania (il suo L’uomo che vendette la sua pelle è stato il primo film tunisino mai candidato agli Oscar come miglior film internazionale), in cui si racconta di una madre che deve affrontare l’improvvisa scomparsa di due figlie.
Nella sezione «Un certain regard» è stato scelto il primo film sudanese mai proiettato a Cannes Goodbye Giulia di Mohamed Kordofani, dove una cantante in pensione si trova ad accogliere in casa la vedova di un uomo ucciso anni prima proveniente dal Sud Sudan. Nella stessa sezione si trovano anche Les meutes, opera prima del marocchino Kamal Lazraq ambientato nei bassifondi di Casablanca e La mère de tous les mensognes della giovane Asmae El Moudir che torna indietro alle «rivolte del pane» del 1981, cercando di portare a galla verità ancora taciute. Infine, nella sezione parallela «Quinzaine des cinéastes» si potranno vedere Mambar Pierrette della regista camerunese Rosine Mbakam, e Déserts del marocchino Faouzi Bensaidi.
Dall’oriente si segnalano, oltre all’abitué Koreeda Hirokazu con il film Monster in concorso, il cinese Wang Bing presente al festival con ben due film: Jeunesse, raro documentario inserito nel concorso ufficiale (sulla vita di ragazze e ragazzi cinesi che arrivano da tutto il paese per lavorare in un grosso distretto tessile a 150 chilometri da Shangai) e Man in Black nella sezione Special Screenings, girato al Théâtre des Bouffes du Nord, dove il compositore cinese Wang Xilin, esiliato in Germania, racconta alcune parti della sua vita.