Un omaggio teatrale ad Alda Merini

Il dramma del manicomio e la poesia come ancora di salvezza

 di Costanza Carla Iannacone

dal numero di dicembre 2016

Alda Merini, una delle più grandi poetesse del Novecento, viene omaggiata a teatro con La pazza della porta accanto di Claudio Fava, un testo che si compone di un solo atto unico in cui a dar voce e volto alla poetessa dei navigli e ai suoi emozionanti versi è una splendida Anna Foglietta diretta da Alessandro Gassmann. Il testo prende il titolo dall’omonima opera in prosa dell’autrice milanese, pubblicata da Bompiani nel 1995, ma nel contesto teatrale e nell’intenzione di Fava assume i connotati di una denuncia civile contro i trattamenti subiti da chi, proprio come Alda Merini, ha sperimentato sulla propria pelle l’inferno nei manicomi prima della riforma Basaglia del 1978.

Una storia personale quella di Alda, fatta di gesti semplici e bisogni umani. Nulla di troppo sconvolgente, se non fosse che il tutto si svolge all’interno del contesto alienante di un istituto psichiatrico dove a far da scena è una cupa struttura circondata da mura impervie e da gabbie simili a prigioni con cancelli di ferro. Alda (Anna Foglietta) viene accolta dal direttore dell’istituto (Angelo Tosto) e viene fatta accomodare nel suo studio perché siano prese le sue generalità. Scoprirà ben presto che se si trova lì è per volere del marito e che ci resterà per parecchio tempo, non per qualche giorno, come aveva creduto. I giorni passano ma, dentro al manicomio, sono tutti uguali (“Il domani qui dentro è già passato”, dirà in seguito Alda/Anna Foglietta). Alda verrà sottoposta a sedute di elettroshock, alla somministrazione forzata di farmaci, ad umiliazioni e divieti (come quello di fumare) e alle offese gratuite delle sue compagne di “cella”.

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Un testo commovente e intensissimo quello di Claudio Fava, che racconta della permanenza della Merini nel nosocomio lasciando trasparire tutto il dolore intimo e lacerante della poetessa, un mondo popolato di versi e deliri, dolore e amore, luci e ombre, sogni ed incubi, illusioni e delusioni, reso tanto più vivo e intenso grazie agli effetti sonori e visivi di Marco Palmieri (che cura disegno e luci) e Marco Schiavoni (che cura le videografie). In tale contesto, l’unica luce in grado di squarciare le tenebre per Alda è la poesia, delicata come l’immagine della neve che scende mentre il dottore ne recita alcuni versi. E sarà proprio il dottore dell’istituto, incantato e ammirato dai versi di quella straordinaria paziente, che aiuterà Alda ad uscire dal tunnel della follia regalandole una macchina da scrivere e ad indirizzarla alla psicanalisi dopo le dimissioni dall’ospedale, rendendole l’esistenza un po’ più sopportabile.

Un calvario, quello della Merini, che commuove il pubblico grazie anche alla sentita interpretazione di Anna Foglietta (resa ancora più empatica dal supporto degli altri attori in palcoscenico tra cui Alessandra Costanzo, Sabrina Knaflitz, Olga Rossi, Cecilia Di Giuli, Stefania Ugomari Di Blas, Giorgia Boscarino, Gaia Lo Vecchio, Liborio Natali) che bene esprime la disperazione, l’esultanza, la fede, la necessità di libertà fisica e mentale – nonché il grande bisogno di amore – di una creatura dalla sensibilità acuta, per essere compresa e per uniformarsi al mondo.

La drammaturgia di Claudio Fava scorre per un’ora e venti minuti senza interruzioni, scandaglia gli abissi della mente di Alda Merini, il suo rapporto con gli altri degenti, la nostalgia per la famiglia e per le figlie, il suo bisogno di amore e di maternità, la sua fede religiosa e la capacità di resistere alla cattività del manicomio, supportata da una grandissima fiducia nell’amore. E sarà proprio l’amore a salvarla, quella forza così potente ed accecante che ha fatto della sua figura una grande artista e un esempio per tutte le donne.