Emma Dante: in viaggio con Omero

La scuola di Emma Dante a Palermo

di Francesca Romana Rietti

dal numero di gennaio 2016

Emma DanteNel 2008, Emma Dante scrive Emma Dante incontra Polifemo, raccolto nel volume miscellaneo Corpo a corpo. Interviste impossibili (Einaudi 2008), e a partire dal quale elabora lo spettacolo Io, Nessuno e Polifemo. Intervista impossibile. Dopo il debutto nel 2014 al Teatro Olimpico di Vicenza, durante il 67° Ciclo di Spettacoli Classici la cui direzione artistica era affidata come per l’anno successivo a Emma Dante, lo spettacolo è stato ospite, insieme a Operetta Burlesca, dell’ultima edizione del Roma Europa Festival.
L’Odissea però sta anche al centro del laboratorio permanente condotto dalla Dante e da sei suoi collaboratori per gli allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo, il corso di formazione triennale per attori da lei diretto, fondato nel 2014 e finanziato dallo Stabile palermitano. Vi partecipano ventitré allievi sotto i trent’anni provenienti da tutta l’Italia, scelti tra centinaia di candidati. Secondo le dichiarazioni della regista, la selezione non è avvenuta valutando il talento degli allievi, ma misurando la disposizione a partecipare a un’esperienza formativa lontana dai canoni delle scuole tradizionali di teatro. Il fulcro della scuola non è infatti l’insegnamento delle materie classiche, pure presenti, ma il laboratorio permanente pomeridiano durante il quale la Dante mette al centro del lavoro le motivazioni di ciascuno e non l’uso delle tecniche.

Odissea movimento n. 1

Al termine del primo anno, gli allievi hanno presentato Odissea movimento n. 1, uno studio scritto e diretto dalla stessa Dante che si concentra sui canti della Telemachia. Lo spettacolo giunge sino alla partenza di Odisseo dall’isola di Ogigia, dov’era trattenuto da Calipso, e racconta il processo che porta Telemaco alla maturità e lo spinge a compiere il suo viaggio alla ricerca del padre. Nell’autunno del 2015, la scuola ha ripreso il lavoro sull’Odissea per portare a termine uno spettacolo che debutterà nel 2016. Tra il luglio e l’ottobre del 2015, il primo movimento è stato presentato in tre spazi molto diversi. Dal palcoscenico nudo del giardino della palermitana Villa Pantelleria, gli attori sono approdati – ospiti del 68° Ciclo di Spettacoli Classici – al Teatro Olimpico di Vicenza, con il suo palcoscenico strettissimo, l’illusionismo prospettico delle sue scene lignee e il cielo affrescato sul soffitto. Hanno poi fatto ritorno a Palermo dove il pubblico ha gremito per tre sere consecutive la mai ultimata chiesa cinquecentesca di Santa Maria dello Spasimo. Qui, nel vuoto della navata centrale con la sua volta a cielo aperto, hanno abitato quello che è forse il luogo teatrale più bello e simbolico di Palermo.

Emma Dante - Odissea

Ho visto Odissea movimento n. 1 a Villa Pantelleria e ne ricordo la maestria dell’orchestrazione e il ricorso creativo a tutte le risorse espressive dei giovani allievi, alcuni dei quali alla prima esperienza teatrale. Su un palco privo di scenografia, lavorano senza posa e senza risparmiarsi per sostenere il ritmo visivo, sonoro e linguistico di uno spettacolo composto per contrasti e opposizioni dinamiche. Al lirismo e all’introspezione dei monologhi e dei dialoghi di quei personaggi di cui sono messe a nudo le emozioni più nobili, fa da contraltare il vigore fisico, la risolutezza dei gesti o il pathos delle divinità. Alla fragilità di un figlio in cerca del padre e al candore di chi vive nell’attesa si oppone drammaticamente la volgarità e la rozzezza della ciurma maschile dei proci che usurpa la reggia di Itaca e a cui fa da eco il gruppo femminile delle ancelle, stanche delle rinunce ai piaceri cui l’atmosfera luttuosa le costringe.

In questo primo studio c’è, costante, un sottofondo, un respiro d’insieme: il lavoro all’unisono degli attori che, a turno, escono dai loro ruoli per dare corpo a quelle scene cui corrispondono precisi climax narrativi. Ora sono le mani che fanno scorrere il lungo velo del lutto di Penelope, un burka al suo ingresso in scena poi, strato su strato come nel gesto di una sepoltura, un manto che la ricopre del suo dolore. Oppure le braccia che fanno ondeggiare larghi nastri di stoffa celeste, un’allegoria del mare e un’evocazione del viaggio di Telemaco. Nell’ultima scena, tornano a essere un solo corpo – che è, al contempo, barca, remi e viaggiatori – che voga sincronicamente sur place sulle note di Alfama dei Madredeus. Lo spettacolo finisce laddove Odisseo inizia il suo viaggio di ritorno.

Emma Dante, il Biondo e l’Odissea

Sono uscita da Villa Pantelleria con la sensazione che tutto quello che avevo visto fosse solo una tappa di un percorso che aveva radici più profonde e rami che mi spingevano a indagare in altre direzioni. Tempo dopo, alla radio, ho ascoltato Emma Dante dichiarare: “Dico sempre che non sono un’insegnante, perché è impossibile insegnare il teatro: è come insegnare la vita”. Quest’affermazione, certo paradossale, mi ha permesso di collocare immediatamente la sua scuola nel territorio di una scelta non solo artistica, ma politica ed etica cui, nell’attuale vuoto delle istituzioni teatrali e culturali italiane, volevo dare voce. Così, nel novembre del 2015, ho intervistato telefonicamente Emma Dante.

Perché questa scuola?

Quando nel 2014 il Biondo mi ha proposto di collaborare, mi sono chiesta quale potesse essere il mio contributo teatrale alla città e in che modo fosse possibile rianimare il suo teatro stabile, facendolo tornare a essere un ambiente abitato dai suoi cittadini. Ho pensato a una scuola perché, essenzialmente, è un luogo dove la gente si incontra. In una città del sud tutti i giovani devono partire per frequentare scuole di teatro al nord. Volevo che avessero l’opportunità di restare e, al tempo stesso, avevo l’utopia di far venire a Palermo gli allievi del nord. Così ho deciso di fondare questa scuola dove gli allievi hanno imparato non solo a recitare, ma a cucire, a cantare, a ballare, a capire che mettere e far entrare una musica in uno spettacolo è far sì che racconti un’anima. Hanno imparato un rigore: nell’aver cura degli oggetti che gli davo e, soprattutto, nello stare in gruppo, condividendo un cammino per andare tutti nella stessa direzione e stare lontani da quella cosa orrenda che è l’attore egomaniaco che sta al centro della sua solitudine e pensa solo a sé.

Cosa ha imparato dai suoi allievi?

A tornare alle mie origini. Per un anno siamo stati ospiti in una sede che non era proprio quella ufficiale della scuola e ho dovuto prendere quegli oggetti che avevo già con me alla Vicaria [Ndr: è lo spazio autogestito e autofinanziato di via Polito a Palermo dove dal 2008 risiede la Compagnia Sud Costa Occidentale] e ritrovare, come ai miei inizi, l’essenza degli oggetti buttati via. Ho ritrovato quella necessità di far rivivere le cose, di riusare tutto quello che avevamo senza portare dentro troppe idee (perché le idee a volte sono più ingombranti delle cose e delle persone stesse) ma cercando solo di lavorare con loro, con il loro bagaglio di vita. Ho recuperato l’idea che il teatro viene da quella bellezza e anche da quella bruttezza: ci sono un sacco di cose che le persone si portano addosso e io, come regista, le aiuto a raccontarle.

Perché l’Odissea?

Perché è il grande poema epico popolare, capace di richiamare l’infanzia di ognuno, abitata da mostri e da eroi. Se racconto ai miei allievi di Polifemo, devo riuscire a evocare la paura di quando erano bambini, il mostro serve solo ad aprire le stanze della loro infanzia. Il nostro è un tentativo di rendere poetica la figura dell’eroe, senza renderlo mitico e senza demitizzarlo. Vogliamo quotidianizzare, mettere il mito alla nostra portata e avvicinare a noi la fragilità. Si tratta di entrare, come esseri umani, nelle pieghe di una trama mitologica. Ma soprattutto perché volevo lavorare, nel tempo, su uno stesso tema e non cambiarlo ogni anno. Dalla scuola doveva essere lontana l’idea che l’evento è più importante del progetto. Con i miei allievi volevo fare un viaggio lungo per trasmettergli che il tempo con cui ci si dedica alle cose è importante.

Il legame che unisce Emma Dante all’Odissea appartiene al tempo del ritorno all’infanzia e allo spazio dello studio, della continua creazione intorno a quello che è per lei “il viaggio che ogni essere umano fa nel corso della sua esistenza e il cui motore è il movimento verso la propria origine, passando attraverso l’incontro con figure umane e sovrumane, ninfe e mostri, pretendenti e mendicanti”.

francesca@odinteatret.dk

F R Rietti insegna discipline dello spettacolo all’Università di Roma Tre

(Ragionar teatrando, 9)