di Alessandra Racca
Mi piace aprire questa nuova rubrica con alcune parole in cui Rodari esprime, in Scuola di fantasia, concetti che mi paiono tuttora molto importanti quando si guarda alla letteratura per bambini/e e ragazzi/e e che mi guidano nella scelta di testi da proporre e da “giocare” con loro. La poesia – scrive Rodari – “è la più alta forma di conoscenza ed esplorazione del linguaggio: anche a livello di gioco, di mediazione e preparazione, bisogna che essa si presenti con una sua dignità, una sua capacità di emozione e sorpresa, che parli per così dire un po’ più in alto del bambino, lo faccia salire sul piano dove anche le parole più semplici possano rivelare significati nuovi e le immagini offrano un’autentica possibilità di lavoro alla fantasia”.
Fra le proposte editoriali dell’autunno, ci sono alcuni testi che mi paiono capaci di muoversi nella direzione che Rodari qui indica.
Inizio (e non può che essere così, visto il tema) da Canti dell’inizio. Canti della fine, edito da Topipittori, scritto da Silvia Vecchini e Bruno Tognolini e illustrato da Giulia Orecchia. La scommessa del libro mi pare alta su più fronti: mettere insieme due voci poetiche compiute e diverse, costruire un equilibrio fra le due e attraversare il tema – dichiarato e difficile – dell’inizio e della fine. Sfida bella e complessa. E infatti così è il libro. Un gioco a due voci, a due ritmi, che affrontano i tanti inizi e fini che costellano le nostre vite, dalle esperienze apparentemente più semplici – come l’inizio e la fine del gelato, della matita, dell’apparecchio – a quelle più dense, come la fine del pianto, dei confini, di sé: “Io a nord finisco nella punta dei capelli / più su c’è il cielo / e lo conoscono gli uccelli // a sud finisco nelle pianta dei miei piedi / più giù c’è il suolo / e lo conosci quando cadi // a est e a ovest io finisco nelle dita / più in là conosco / tutto il resto della vita”. Chiudono le poesie dedicate a Inizio e Fine dove fa capolino la fine “che nessuno vuole dire”. Vecchini e Tognolini prendono parola su ciascun tema, affrontando, ora l’inizio, ora la fine, giocando il gioco della poesia, del ritmo, del suono e di una obliquità di sguardo che riesce quasi sempre a non farsi appiattire dal contenuto.
Altro libro di recente uscita è Batti cuore, edito da Lapis, con testi di Chiara Carminati e fotografie di Massimiliano Tappari, in cui immagine e poesia dialogano in maniera mai banale, nonostante il gioco si sviluppi a partire da un simbolo a grande rischio di melensaggini. Il cuore è punto di partenza per un percorso di osservazione e scoperta che moltiplica i punti di vista e propone continue ri-significazioni del simbolo. Così le immagini ci mostrano la varietà del mondo e le possibilità dell’immaginazione attraverso cuori-foglia, cuori che emergono dalle linee della roccia, dalle forme di una farfalla… Quattro immagini per ogni pagina costruiscono fra loro analogie e differenze. Allo stesso modo fa la poesia, aggiungendo significati ulteriori alle immagini, di cui svelano i legami e offrono nuove chiavi di lettura. Ogni quartina del libro ha lo stesso incipit – “Batte un cuore” – così come le fotografie ripropongono la stessa forma –, ma di volta in volta, in relazione alle immagini, il cuore diviene “nutriente”, “sconfinato”, “della folla” o “da solo”, portandoci dentro una dimensione possibile. In questo modo, il libro indaga emozioni, stati d’animo, modi di dire (cuore di pietra, cuore da leone…), costruisce relazioni di senso. Così un cuore palloncino, un cuore-gancio sospeso a una gru, un cuore foglia al vento e un cuore ciondolo parlano di un cuore “in sospeso / perché attende una risposta / sta nel vuoto e sente un peso / che lo assilla senza sosta” e cuori composti da due elementi accompagnano il testo di un cuore “che è da solo” ma “quando trova compagnia / il suo canto spicca il volo”.
Un modo diverso di giocare con i versi si trova in due libri accomunati da più elementi: la riscrittura di un classico, la narrazione in versi, l’ironia e la musica. La prima riscrittura, edita da Lapis, è quella di Pierino e il lupo, a opera di Gek Tessaro che si avventura nell’opera di Prokofiev con un’accoppiata godibilissima di quartine di senari e illustrazioni. La fedeltà al testo originario si accompagna all’estro dell’autore e all’ironia, che innerva tutto il racconto fino alla fine. Proprio qui, dopo le battute “pacifiste” dell’uccellino, che chiosano la cattura del lupo e il suo salvataggio dai cacciatori (“per voi grandi / la soluzione / o è un fucile / o è un cannone”), Tessaro segue Prokofief ed evoca la voce della papera, ingoiata tutta intera dal lupo, ma con un suo tocco-sberleffo che chiude il racconto: “approvo la predica / giusti i valori” fa dire alla papera, “ma adesso qualcuno / mi può tirar fuori?”. Il libro contiene un QR code che rimanda alla versione musicata della Big Band Ritmo-Sinfonica “Città di Verona” diretta da Marco Passetto con la voce narrante dello stesso Tessaro, elemento che completa il progetto, dando modo ai lettori di godere della musicalità intrinseca nella lingua e nella dinamica proposta dall’albo illustrato, ma anche di fare esperienza dello stesso testo in relazione alla musica originale.
Altra riscrittura intrisa di elegante ironia è quella che Roberto Piumini fa in La ballata di Cappuccetto Rosso, riedizione-strenna natalizia di una delle fiabe che compongono Le Fiabe per occhi e bocca nel catalogo di Edizioni EL dal 1990. Qui il rapporto con la musica viene sviluppato su più piani: c’è la musicalità della parola negli endecasillabi in rima baciata di Piumini, la musica di Giovanni Caviezel, in forma di spartito, alla fine del libro, con il motivo musicale per accompagnare i versi, e infine c’è il lavoro, splendido e minuto, delle illustrazioni di Emanuela Bussolati che costruiscono una partitura in immagini che si sviluppa lungo tutto il testo.
La musica, lo humor e la narrazione attraverso i versi serpeggiano anche fra le pagine di Il genio della musica, Edizioni Clichy. Sergio Olivotti è autore di illustrazioni e testo di una storia divertente in lunghi versi narrativi in rima, che parla di pace attraverso l’avventura del genio della musica che “stanco di esaudire desideri a non finire” di “persone vanitose”, decide di partire. “Genialando musica agli angoli del mondo” il genio porta la felicità del suono, la condivisione del canto e della danza, finché arriva in un villaggio in guerra. Qui scatena la sua magia, trasformando cannoni e scimitarre in tromboni e chitarre, finché “il solo suon che regna è quello della pace”. Il genio della musica è un testo capace di toccare un altro tema a grande rischio cliché – la guerra – portandosi in salvo grazie alla dimensione umoristica (che emerge fortemente anche dallo stile delle illustrazioni) e al gioco della lingua. Leggendolo, ho di nuovo pensato a Rodari e alla sua idea che abbia senso parlare di e produrre “poesia per bambini” solo quando quest’ultima “si pone onestamente come gioco poetico, come giocattolo, prendendo questa parola in tutta la sua nobiltà”, come, un testo, cioè, che possa essere un possibile “ponte di passaggio tra la poesia popolare della prima infanzia e la poesia propriamente detta”.
Chiudo segnalando altre due uscite recenti, che si muovono su un registro affine a livello verbale e molto diverso a livello di immagine. Da un lato le filastrocche di Alessandro Riccioni raccolte in Il mondo va così, edito da Rrose Sélavy, accompagnate dalle illustrazioni a forme nette e colorate di Liuna Virardi; dall’altro ci sono le poesie di Carlo Marconi in Come d’estate il temporale, pubblicato da Lapis, con le illustrazioni evocative di Serena Viola. L’idea che mi pare accomunare i due libri è quella di mettersi all’altezza dei bambini, provando a dire con parole chiare il loro mondo, quello fuori e quello dentro. La descrizione di questo mondo, centrale nel titolo e nella costruzione del libro, viene affidata, in Riccioni, a testi lunghi che si aprono con formule ricorrenti (“Il mondo va così”, “Al ballo del mio mondo”, “Nei giorni del mio mondo”…) esplicitando e tornando sull’idea centrale. Ogni testo del libro restituisce, con esiti un po’ altalenanti rispetto alla capacità di tenere uno sguardo ad altezza bambino, un aspetto di un mondo dove ci sono “mostri neri / e il bello delle rose”. Non dissimile è lo sguardo che propone Marconi, che esplora la mutevolezza delle emozioni, facendole emergere da situazioni quotidiane, con la delicatezza e la curiosità di chi sa che “Il mondo ama giocare a nascondino: si mostra solo a sguardi di bambino”. I due autori ripropongono qui alcuni stilemi adottati nel libro precedente, Poesie del camminare (Lapis, 2022) – acquisendo in riconoscibilità ma forse perdendo un po’ in termini di originalità del progetto – come la costante del bambino con il cappuccio rosso che attraversa le pagine, un po’ guida, un po’ soggetto dei testi,e la struttura delle poesie, tutte composte da due quartine e un distico a rime alternate o baciate.
signoradeicalzini@gmail.com
A. Racca è poeta e formatrice