Politeismo metodologico e volontà liberante
di Davide Dalmas
Mentre i mercati dei beni simbolici, le gradazioni di autonomia dei campi culturali, i tassi di cambio vigenti tra i capitali specifici di questi diversi campi continuano incessantemente a mutare e oscillare, fino ai limiti dell’estinzione o della fusione, una discreta ondata di nuove traduzioni e ristampe di opere di Pierre Bourdieu, e di studi che ne mettono a frutto la lezione, sta offrendo negli ultimi anni molti strumenti per approfondire genesi e sviluppo della sua architettura concettuale, per rivedere all’opera in ambiti diversi il suo incessante interscambio tra teoria della pratica e ricerca empirica, e per misurarne la produttività in terreni e in periodi diversi, anche dopo la sua morte (2002).
Per la prima operazione, uno stimolo notevole è offerto da Il mercato dei beni simbolici e altri scritti sull’arte (a cura di Marco Santoro e Chiara Tartarini, Meltemi, 2023): libro costruito intorno a un lungo saggio del 1971, che permette di risalire a una delle tappe cruciali della sua elaborazione: la genesi e il funzionamento dei campi culturali, l’individuazione del carattere strutturale dell’opposizione tra polo di produzione ristretta e polo della produzione su larga scala; la “autonomizzazione progressiva” che si compie con ritmi diversi a seconda delle società e dei differenti settori della vita artistica e che permette la costituzione di una categoria di produttori di beni simbolici che prepara il terreno alle elaborazioni di teorie pure dell’arte, all’autonomia del creatore che riconosce come vero destinatario della sua arte un alter ego, un altro creatore, contemporaneo o futuro che sia. Come rispondeva perfettamente Giovanni Giudici alla domanda “Per chi scrivi poesie? Per uno come me quando leggo Machado”. Accanto al saggio eponimo sono collocati interventi come Alta moda e alta cultura (1974; meglio ovviamente il titolo originale: Haute couture et haute culture), che studia l’omologia tra produzione di beni di lusso e produzione di beni culturali legittimi (musica, poesia, filosofia); confronto che suona molto meno provocatorio – a proposito di oscillazioni di cambio tra i capitali specifici – cinquant’anni più tardi. In questi saggi, Bourdieu ribadisce che solo superando la contrapposizione tra analisi interna e analisi esterna possiamo comprendere appieno le proprietà più propriamente “interne” delle opere; e cerca anche di superare l’opposizione tra struttura e storia, dato che una delle proprietà più importanti di qualunque campo di produzione è la “permanente presenza del passato del campo, richiamato senza sosta attraverso le stesse rotture che lo rimandano al passato”.
La seconda operazione, ossia vedere all’opera esempi di una teoria della pratica che rivendica il suo “politeismo” metodologico e si presenta in un interscambio continuo con ricerche empiriche su ambiti diversissimi – dalla fotografia agli scambi matrimoniali, dalle arti allo stato, dalla letteratura ai laboratori scientifici – è possibile ora anche con Lo sradicamento. La crisi dell’agricoltura tradizionale in Algeria (1964), scritto con Abdelmalek Sayad (traduzione e cura di Sonia Paone, Ets, 2022). Difficile sopravvalutare quanto sia stato decisivo per Bourdieu il periodo algerino, momento di iniziazione e di conversione dello sguardo, a partire dalla prima grande inchiesta alla fine degli anni cinquanta, dedicata all’impatto del colonialismo sulle strutture sociali e mentali, tramite l’osservazione partecipante, gli scatti fotografici nei bar e le registrazioni nascoste di conversazioni, per studiare i comportamenti, gli usi della lingua in contesti sociali e dentro tipi di relazioni differenti, in cui inizia a forgiare i suoi strumenti di ricerca e di analisi, e a porsi le questioni che torneranno continuamente nei decenni seguenti. Ma è ancora più stimolante vederlo in connessione con il momento opposto, cronologico e simbolico della prassi didattica verificabile in Forme di capitale e campi di lotte. Sociologia generale vol. 3 (a cura di Agostino Petrillo, pp. 364, € 24, Mimesis, Milano 2024), il terzo di quattro volumi dedicati alle lezioni tenute al Collège de France a partire dal 1981 (in Italia la traduzione è iniziata nel 2019). Quasi commuove leggere come il Bourdieu docente consacratissimo cominci dicendo che “Gli inizi sono sempre un momento di ansia e di riflessione” e come, sempre contrario alle “false” divisioni, si sforzasse per tenere insieme, in ogni lezione, un’ora di analisi teorica e un’ora di casi concreti, per cercare di realizzare ogni volta lo scambio tra i “due modi” di insegnare: presentando principi e forme generali oppure applicazioni di queste forme, mostrando il sapere all’opera nelle operazioni di ricerca.
Per quanto riguarda infine la produttività di questo lavoro oltre la vita di Bourdieu, occorre segnalare che nel 2023 è stato tradotto per la prima volta La Repubblica mondiale delle lettere (Nottetempo, a cura di Cecilia Benaglia, Postfazione di Franco Moretti) di Pascale Casanova, che nel 1999 proponeva la prospettiva dello studio dello “spazio letterario mondiale” come campo di lotte, universo centralizzato, con capitale, province e confini, che mutano nel tempo e che regolano la forma dei testi che si elaborano. Un’altra allieva diretta di Bourdieu, Anna Boschetti, che molto ha fatto per la diffusione attiva in Italia della sua opera, in Teoria dei campi, “Transnational Turn” e storia letteraria (Quodlibet, 2023) mette in tensione la teoria dei campi di Bourdieu con la svolta transnazionale negli studi letterari. Le regole dell’arte (traduzione proprio di Anna Boschetti, con Emanuele Bottaro, ristampato dal Saggiatore nel 2022) è certo un capolavoro imprescindibile e tuttora stimolante ma il suo sottotitolo Genesi e struttura del campo letterario andrebbe completato con francese dell’Ottocento, con tutte le conseguenze del caso. Che sono all’attenzione degli attuali studi italiani, per i quali si può fare riferimento proprio alla collana in cui compare il libro di Boschetti (“Letteratura tradotta in Italia”) e a una nuova “rivista di traduzione: teorie pratiche storie” (n. 1, 2023, disponibile in rete). Nella seconda parte del libro Boschetti propone un esperimento di analisi su tre piani: il campo letterario italiano del secondo dopoguerra nel quadro europeo; la sua struttura; e la traiettoria di un singolo agente (Vittorini). E va ricordato che nella stessa collana una più ampia analisi del campo letterario italiano (dei primi tre decenni del Novecento) è offerta dall’importante libro di Anna Baldini, A regola d’arte (Quodlibet, 2023: cfr. “L’Indice” 2023, n. 7-8).
L’auspicio è che questo insieme di traduzioni e ristampe, di studi nuovi e proposte di lavoro, che promettono di svilupparsi nei prossimi anni, realizzi almeno in parte quanto, con caratteristico gusto dei chiasmi e dei parallelismi concettuali, si leggeva quarant’anni fa nel primo articolo del primo numero del neonato “L’Indice dei Libri del Mese”: “La politica della verità, che costituisce la funzione propria dell’intellettuale, si compie nel lavoro per scoprire e dichiarare la verità della politica. Così il desiderio (perverso) di conoscere la verità del potere diventa irriducibile avversario del desiderio di potere”. Così, nel profilo di Michel Foucault, morto pochi mesi prima, diventava esplicita la volontà liberante che sta alla base delle provocazioni, dell’attivismo e dei richiami a una continua attenzione autosocioanalitica di Pierre Bourdieu.
davide.dalmas@unito.it
D. Dalmas insegna letteratura italiana all’Università di Torino