Stefano Fenoglio
Uomini e fiumi. Storia di un’amicizia finita male
pp. 237, € 18
Rizzoli, Milano 2023
La lettura scorre fluida, seguendo la corrente del fiume, in questo saggio narrativo in cui l’autore non ci fa predicozzi scontati, non si erge ad esperto che ha la soluzione ai mali delle sofferenze che sempre di più il territorio manifesta. Più semplicemente ci trasferisce le cose che ha imparato e che porta con sé dall’infanzia in cui il nonno gli ha insegnato la vita che scorre lungo il fiume, i suoi segreti, le sue ricchezze. L’autore, laureato in Scienze naturali, ordinario all’Università di Torino DBIOS, è cofodatore del Centro per lo Studio dei fiumi alpini con sede a Ostana (CN). In delicato equilibrio tra narrazione e rigore scientifico, il libro vuole indurci, farci partecipi e chiamarci a un impegno per salvaguardare ambienti strategici per il nostro comune futuro.
«Siamo una specie fluviale. È dai fiumi che è nata la nostra civiltà. Poi qualcosa è andato storto» avverte lo strillo in copertina a integrazione del sottotitolo. Il reticolo delle acque fluviali è l’innervatura che sostiene la parte terrestre del pianeta e che ha consentito alla nostra specie di evolversi insieme all’ambiente che la ospita. I fiumi sono il sistema cardiocircolatorio del mondo e distribuiscono nutrimento come fa il sangue per il nostro corpo. Tutto questo nonostante si sia di fronte a una esigua parte dell’acqua presente sul pianeta. Parliamo dello 0,0002% che scorre in torrenti e fiumi. Il resto dell’acqua dolce -il 2%- è stoccata nelle aree polari e nei ghiacciai. La maggior parte, pari al 96% (ma è salata) si concentra nei mari e negli Oceani.
Eppure la storia della civiltà umana scorre lungo il Nilo, il Gange, lo Yangtze, il Tigri e L’Eufrate, il Mississipi, l’Orinoco, il Rio delle Amazzoni… L’autore ci parla di felicità, chiama in causa Leonardo, Galileo, Voltaire, scomoda il Mito, per convincerci che i fiumi sono ottimi amici. Forniscono l’acqua indispensabile a tutti i viventi. Allontanano i rifiuti organici dai centri abitati, consentono vie di comunicazione e di commercio, hanno sostenuto l’igiene personale, permesso l’agricoltura irrigua, alimentato le prime fonti di energia per la civiltà delle macchine e le prime imprese di trasformazione dei prodotti agricoli.
Di quella indispensabile amicizia la superbia umana ha pensato, presuntuosamente, di poter fare a meno. Abbiamo cominciato a trattare i fiumi non più da amici ma da servitori, a nostra completa disposizione. Ne abbiamo inquinate le acque, non abbiamo più avuto rispetto per la loro libertà rettificandone i corsi, arginandoli e consegnandoli al cemento, non considerando che le linee rette appartengono alla presunzione dell’Uomo, mentre quelle curve la ha fatte la Natura. Ci siamo scordati che l’acqua (a differenza del fuoco) non è dominabile, abbiamo fatto finta che fosse una risorsa infinita, non abbiamo avuto cura del complesso sistema idrogeologico.
Infine li abbiamo nascosti e anche se più della metà della popolazione mondiale vive a meno di 3 Km di distanza da un fiume e il 90% è insediata a meno di 10 Km, spesso non li incontriamo nella nostra esperienza quotidiana di vita. Scavalcati dalle infrastrutture, imbrigliati e canalizzati hanno rive per lo più inaccessibili che sottraggono la possibilità dell’incontro tra amici. L’autore non si rassegna alla fine dell’amicizia e indica tre strategie: 1. Tornare a frequentare i fiumi; 2. Lasciar gestire il nostro rapporto con i fiumi da chi li conosce e frequenta; 3. Gestire problemi complessi con soluzioni adatte.
Valter Giuliano