a cura di Grazia Paganelli
Il palmarès del 76° festival di Cannes non ha tradito nessuna aspettativa rispetto alle previsioni e se nessun film italiano ha raggiunto la vetta, i premi ufficiali sono andati a tutti i film di cui si è più discusso a partire da L’arbre aux papillons d’or del regista vietnamita Pham Thien An che è stato premiato con la Camera d’or per il miglior esordio. Non una storia “nuova” ma capace di un’umanità di semplice forza. Dopo la morte della cognata in un incidente in moto a Saigon, a Thien viene affidato il compito di riportare il suo corpo al villaggio natale. Porta lì anche suo nipote Dao di 5 anni, miracolosamente sopravvissuto all’incidente. Tra i paesaggi mistici della campagna vietnamita, Thien parte alla ricerca del fratello maggiore, scomparso anni fa, per consegnargli Dao, sfidando profondamente la sua fede.
Sulla quotidianità minuta delle piccole cose quotidiane si concentra Wim Wenders con il suo Perfect Days, per il quale l’attore giapponese Koji Yakusho ha vinto la palma del miglior attore, mentre la giovane Merve Dizdar si è aggiudicata il premio per la migliore attrice per il suo ruolo nel film Kuru Otlar Ustune (Sulle erbe secche) del regista turco Nuri Bilge Ceylan, storia di un’insegnante d’arte che svolge il suo servizio obbligatorio nell’Anatolia orientale.
Rrstiamo in Oriente per il premio alla miglior sceneggiatura che la giuria, presieduta dallo svedese Ruben Östlund ha assegnato a Yuji Sakamoto per il film Monster di Kore’eda Hirokazu, presenza abituale sulla Croisette con i suoi film enigmatici, sensibilissimi e universalmente toccanti. Ancora una volta ci si concentra sui bambini, in questo caso il giovanissimo Minato, richiamato dall’insegnante e difeso dalla madre per il suo comportamento. Tracce nascoste e sottili affiorano in questo racconto, che cerca la verità attraverso lo sguardo di tre personaggi, le loro parole, i gesti, gli equivoci tipici del mondo degli adulti.
Altra presenza a Cannes il regista finlandese Aki Kaurismaki, Premio della Giuria per Fallen Leaves, una storia intrisa di sentimenti (amore, nostalgia, malinconia) in cui due personaggi si incontrano per caso e riconoscono nell’altro la propria solitudine. Hanno il desiderio di conoscersi meglio, ma il numero di telefono che la donna consegna all’uomo su un foglietto, va perduto, lasciando al caso o al destino la possibilità di un loro prossimo incontro.
Il premio alla miglior regia è stato assegnato al regista vietnamita Tran Anh Hung per La passion di Dodin Bouffant, interpretato da Benoît Magimel e Juliette Binoche nei panni rispettivamente di una cuoca e di un famoso gastronomo nella Francia di fine XIX secolo, mentre il Gran Premio della Giuria è andato al film The Zone of Interest dell’inglese Jonathan Glazer, premiando la coerenza e l’impegno di un regiusta che, per raccontare la shoah sceglie l’inedito punto di vista di una famiglia tedesca che vive accanto al campo di concentramento nazista di Auschwitz durante la Seconda Guerra Mondiale.
Palma d’oro, infine, a Anatomie d’une chute della 44enne francese Justine Trier, terza regista nella storia di questo festival a vincere il premio più prestigioso (che ha conquistato il pubblico alla cerimonia finale con il suo discorso a sorpresa, contro il governo francese per la riforma del sistema pensionistico da poco approvata). thriller psicologico che si addentra nei segreti di una famiglia, dopo la morte del padre in circostanze misteriose. Le indagini si concentrano subito sulla moglie Sandra, una scrittrice tedesca, madre di un bambino non vedente.