“Corpo e concetto artista perfetto”
di Francesco Guzzetti
Umberto Eco
Sull’arte
Scritti dal 1955 al 2016
a cura di Vincenzo Trione,
pp. 1136, € 35,
La nave di Teseo, Milano 2022
L’uscita della raccolta di scritti sull’arte di Umberto Eco, curata da Vincenzo Trione, è un’iniziativa importante, che riunisce, in un unico volume, le tracce dell’evoluzione di un pensiero, lasciate in una grande varietà di testi redatti nell’arco di sei decenni cruciali.
L’antologia, di oltre mille pagine, si articola in tre macro-sezioni di testi in sequenza cronologica, raccolti in base alla tipologia. Il primo gruppo, intitolato Teorie, metodi, problemi, comprende saggi di natura teorica e generale. La seconda parte, Critica, interventi, dialoghi, riunisce scritti per lo più d’occasione – ad esempio, presentazioni di amici artisti – o brevi incursioni sulla stampa periodica, stimolate da incontri o viaggi, come i contributi per “Marcatrè” o “Domus”. L’ultima sezione raggruppa, sotto la definizione di Articoli, note, bustine, una selezione di articoli pubblicati su “L’Espresso”, per il quale Eco cominciò a pubblicare già nel 1965 e sul quale tenne, a partire dal marzo 1985, la rubrica La bustina di Minerva. All’inizio e alla fine del volume si trovano un Prologo e un Epilogo, nei quali sono ospitate riflessioni autobiografiche, fra cui una memoria redatta da Eco per il catalogo della mostra The Italian Metamorphosis, 1943-1968, organizzata da Germano Celant al Guggenheim Museum di New York nel 1994.
Complesso e profondamente legato alle dinamiche del proprio tempo, il pensiero di Eco si rivela coerente, ma non lineare nei suoi sviluppi. Per quanto alcuni temi chiave ricorrano con regolare frequenza, non si possono non riscontrare cambiamenti di indirizzo. Si prenda il concetto di “opera aperta”, forse il contributo principale – certo il più discusso e dibattuto ancora oggi – della riflessione estetica e semiotica di Eco. Elaborato tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta, sarebbe stato rivisto a distanza di molto tempo, quando, alla fine degli anni novanta, a fronte del mutato scenario culturale, Eco introdusse il concetto di “pratica a flusso”. Di tale elaborazione serba traccia, nel volume, una “bustina di Minerva” del 1998. In mezzo, si situa il confronto con i temi del postmoderno, parola adoperata da Eco con estrema cautela, ma al cui significato di determinazione di una temperie culturale dedicò molteplici studi. Sotto questo profilo, la scelta di accorpare i testi per tipologia si rivela utile alla leggibilità generale, evitando salti troppo bruschi di tono e impostazione da un contributo all’altro, ma penalizza in parte la possibilità di rintracciare dei fili tra le varie occasioni in cui si è manifestato il pensiero dell’autore. Ad esempio, l’articolo La forma del disordine, una riflessione sulla triangolazione arte-scienza-tecnologia, pubblicato nel dicembre 1961 sull’Almanacco letterario Bompiani, avrebbe assunto un significato più pregnante se fosse stato incluso prima di Opera aperta, invece che in apertura della seconda sezione dell’antologia.
L’impostazione complessiva del volume genera alcuni interrogativi. Gli indici finali, sempre necessari in queste pubblicazioni antologiche, si rivelano particolarmente apprezzabili. Oltre all’indice dei nomi, figurano anche elenchi delle opere d’arte citate nei testi e dei concetti trattati. In questo modo, è possibile leggere il volume attraverso carotaggi specifici, alla ricerca di occorrenze che possano aiutare a ricostruire lo sviluppo della riflessione. Tuttavia, l’assenza di alcuni termini rende opachi alcuni contributi invece significativi. Se vi fossero elencate definizioni come “arte povera” o “arte concettuale”, ad esempio, l’articolo per “L’Espresso” Corpo e concetto artista perfetto (1975) avrebbe un altro peso nella ricostruzione della biografia intellettuale di Eco. Analogamente, la scelta di citare, nell’elenco delle opere, solo le opere d’arte visiva e di architettura non rende giustizia alla pluralità di oggetti indagati da Eco – in particolare in ambito letterario e musicale – e che invece costituiscono parte integrante di una riflessione che si è distinta proprio per il respiro del suo orizzonte di indagine, centrata sulla fluidità di scambi e rapporti fra tutte le forme di espressione artistica e culturale. Simili scelte avrebbero necessitato probabilmente di più accurate precisazioni. Si avverte, in generale, l’assenza di apparati di note o di introduzioni all’antologia che articolino le ragioni delle scelte compiute: a fronte del merito indubbio di riportare in luce testi meno noti di Eco, la selezione sacrifica contributi storici che, per quanto non centrati sull’opera d’arte, integrano la concezione estetica dell’autore. La trama di relazioni tra i vari filoni del pensiero di Eco è talmente fitta, da rendere particolarmente difficile isolare un tema di indagine dagli altri. Le pur ottime introduzioni – la disamina dell’indagine di Eco sull’arte da parte del curatore della raccolta e una Cronologia critica del suo svolgimento – non risarciscono pienamente la mancanza. Se l’obiettivo della raccolta, esplicitato già dal titolo – Sull’arte, invece che Scritti sull’arte – è quello di comporre una sorta di trattato di Eco sull’opera d’arte, tale volontà avrebbe dovuto essere motivata con maggiore approfondimento. Altrimenti, a fronte della vastità di interessi di Eco, del serrato gioco di specchi e rimandi tra tutti i suoi contributi – dai saggi di semiotica a quelli di estetica, ai romanzi – e della varietà di generi e stili di scrittura praticati, la possibilità di immaginare un trattato ideale appare ardua. Il fatto è che molte delle riflessioni di Eco sembrano suscitate da specifici oggetti di analisi, siano essi opere o tendenze. La forbice entro cui si è sviluppato il suo pensiero vede, da un lato, l’ambizione a tracciare un’estetica generale e, dall’altro, la risposta alle vicende dell’arte e della cultura del proprio tempo. Se la concezione dell’opera d’arte da parte di Eco si nutre, come emerge molto bene dal volume, della saldatura tra estetica e semiotica, sfociando nell’intersezione tra i concetti di forma – nel senso della formatività del maestro Luigi Pareyson – e di comunicazione, al contempo il confronto con il presente rivela l’appartenenza di Eco alla generazione di ponte tra quella emersa nell’immediato dopoguerra e quella di chi non aveva ancora trent’anni alla fine degli anni sessanta. L’articolo sull’arte povera e concettuale sopra citato è una testimonianza significativa per comprendere l’orizzonte di interessi di Eco, che, nell’ambito delle arti visive, abbraccia uno spettro che va dall’informale all’arte cinetica e programmata, fino alle sperimentazioni verbo-visuali, ma non accoglie fino in fondo diverse ipotesi emerse a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. In questo senso, il libro offre l’opportunità, altamente suggestiva, di ritrovare i fondamenti che hanno reso Eco un riferimento assoluto nella riflessione critica e teorica sull’arte, ma al contempo di tracciare un bilancio del suo pensiero sull’arte privo delle mitologie che spesso lo circondano.
francesco.guzzetti@unifi.it
F. Guzzetti insegna storia dell’arte all’Università di Firenze